«C’era Guevara», piacere

Roberto Beccantini23 ottobre 2022Pubblicato in Per sport

Per un’ora (e il resto, mancia), la Lazio di Sarri non si limita a dominare o governare l’Atalanta. Fa di più, molto di più: cancella dal campo l’idea stessa che avevamo del Gasp e della sua dottrina. Mancava Immobile, infortunato. Il centravanti titolare. Il cannoniere nazionale. Bene. Felipe Anderson falso nueve, Pedro a destra e Zaccagni a sinistra, ma occhio: a destra o a sinistra come in politica, o come cantava Gaber, si fa per dire. Morale: gol-lampo di Zaccagni, dal cuore dell’area, su cross teso di Pedro; in avvio di ripresa, lancio a Marusic, palla a Felipe, controllo e gol: 0-2. Sarriball allo stato puro e, per fortuna, impuro: da libidine bukowskiana. Pressing, triangoli, dai e vai. Con Vecino centravanti, Milinkovic-Savic ovunque, Lazzari ala e solo il portiere legato a un ruolo, a una riga. Per chi non vive di moviole, uno spettacolo.

La Dea non ci ha capito, letteralmente, un tubo. Marcando a uomo (in avanti, ma a uomo), non sapeva chi prendere: tanto che Koopmeiners, nell’azione del raddoppio, era finito stopper su Felipe. Sulle palizzate, giganteggiavano Romagnoli e Casale. Non ricordo una parata di Provedel che si possa chiamare tale. Allo scoccar del 60’, i cento all’ora sono diventati sessanta, quanto bastava per contenere l’ingresso, disperato, di Zapata, visto che Lookman e Muriel (espulso, addirittura) erano finiti da tempo agli arresti domiciliari.

Miglior difesa, Sarri. E un fatturato offensivo quasi a livello Napoli. Il meglio di sé, «C’era Guevara», lo dà spesso, se non sempre, al secondo anno. Lo sapevano tutti. Tutti, tranne uno.

24 Commenti

Lascia un commento