Non è che la bellezza del Napoli si sia dissolta; o, peggio, fosse stata un’allucinazione di noi scribi. Certe partite nascono brutte, sporche e cattive: bisogna adeguarsi. La Roma di Mourinho era una barricata ambulante. Aspra. Grigia. Feroce. Non ha mai tirato in porta. Il Napoli sì. Ecco la prima differenza. La seconda è il gran gol che Osimhen ha strappato allo zero a zero di una lunga e noiosa sparatoria. Lancio di Politano, appena entrato (ah, i cambi), Osimhen ha addosso Smalling, fin lì mister trincea, lo semina ed esplode un diagonale di destro che nemmeno l’ultimo dell’anno a Posillipo. Bum. Zero a uno. Gioco (poco), partita, incontro.
Spalletti, con Politano, aveva sguinzagliato anche Gaetano, un ragazzo di talento, sbocciato a Cremona. Gaetano, non Raspadori. Sono i misteri del calcio che ci inseguiranno sempre, e sempre ci ecciteranno. A San Siro, con il Milan, era stato il turno di Zerbin. Forze fresche. Segni di coraggio. Era l’81’, quando il sasso di Osimhen ha infranto la vetrina di un Rui Patricio forse rassegnato. E così il Napoli vola anche quando corre e sgomita, gli raddoppiano e limitano Kvara o c’è un Pellegrini che pedina Lobotka. La guerriglia, molto fisica, non poteva che essere decisa da due gladiatori, nel bene e nel male: il duello fra Osimhen e Smalling.
La Roma senza Dybala era una pagina che aveva bisogno, al massimo, di attenzione, non di una traduzione. Abraham poco, Zaniolo (l’unico) qualche sgroppata, le fasce protette e, per questo, poco elastiche. Ripeto, zero parate di Meret: a meno che non mi sia distratto. Mentre, sull’altro fronte, gli sprechi di Juan Jesus e Osimhen. Lazio, Milan, Roma: sono le tre grandi che il Napoli, soffrendo il giusto, ha battuto in trasferta. Un pugno allo stomaco del campionato.
Per concludere, due parole sul rigore concesso da Irrati e cancellato dopo il pit-stop al Var. Simile a quello di Valeri a Firenze, fischiato, ribadito e trasformato. Al Franchi Terracciano «gratta» la palla e, sullo slancio, disarciona Lautaro. All’Olimpico, Rui Patricio la devia in maniera più netta, soffiandola così, all’impatto di e con Ndombelé, poi travolto. Gli arbitri fanno quadrato attorno al concetto di «più netta». Ecco perché è stato confermato il primo e cancellato il secondo.
FORZA…..FORZA…..FORZAAAAAAAAAAAA JUVEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!
Alex e Amedeo, vedo con piacere che vi va di celiare…che noi stasera vinciamo “ a Benfica” lo considero tanto probabile quanto che io nel giro di 15 giorni abbia una relazione ad alto tasso erotico con Belen Rodriguez…
Si dai Agnelli out! La Juve a Suning!
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Scritto da Causio il 25 ottobre 2022 alle ore 19:50
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L’abbiamo capito: le battute non sono il tuo forte
Lo dico prima: se oggi vinciamo (speriamo di sì non potrà non essere anche merito di Allegri.
Chi sostiene il contrario è in malafede sapendo di esserlo
Vedrai causio stasera i ragazzi giocano liberi di testa senza fare il solito catenaccio voluto dal cialtrone.
Dio lo volesse
Benfica-juve 1-3.
Ah ah ah ah ah ah!
Fai pietà tu,idiota!!
Andrea,dall’alto del tuo sapere:esiste un femminile di treno??
Scritto da lovre51 il 25 ottobre 2022 alle ore 19:22
Lou,
ti rispondo solo perché fai pietà per la tua deficienza.
La questione riguarda il fatto che sempre più donne oggi rivendicano giustamente la loro identità di genere, anche linguisticamente, in ambiti che riguardano la sfera sociale, dominata per due millenni quasi esclusivamente dagli uomini.
Per esempio: si può dire sia cuoco che cuoca, maestro o maestra, ma fa scandalo che una donna rivendichi di esser chiamata ministra o presidentessa. Ma fa scandalo solo ai maschilisti che concepiscono la donna per lo più come un essere inferiore o un oggetto, per i quali farebbe meglio a occuparsi della prole o della casa.
Se oggi Meloni può sedersi in parlamento come premier, lo deve in primo luogo alle battaglie combattute dalle donne e dagli uomini che le hanno sostenute, e dai movimenti femministi di SINISTRA.
Anche dire ‘la’ Meloni sarebbe un modo per sminuire il valore professionale che ricopre, come a indicare con quell’articolo determinativo che “beh.è una donna”: però si dice tranquillamente Draghi, senza sentire il bisogno di dire ‘il’ Draghi.
Per ora la lezione è finita, che non ho altro tempo da perdere.