Da Diego a Leo. E’ una staffetta, non un esproprio. Regale e poi sofferta, all’improvviso, quando sembrava che il traguardo fosse lì, a un dribbling, e l’avversario fuori da tutto, non solo dalla partita. L’Argentina è campione del mondo per la terza volta, e se ha battuto la Francia «solo» ai rigori lo deve al quarto d’ora di popolarità caro ad Andy Warhol che ha invaso Kylian Mbappé.
Non sempre il calcio regala epiloghi così spasmodici, verdetti così meravigliosamente ambigui, trame che premiano i geni (Messi) e i fuoriclasse (Mbappé) ma non dimenticano gli altri, meno famosi ma non meno preziosi. Penso a Montiel, che un rigore procura e uno, quello decisivo, realizza; penso a Kolo Muani, che potrebbe violentare il destino proprio al 138’ o giù di lì e invece sbatte sulla trave di un portiere, Emiliano Martinez, un altro che sa uscire dall’ombra quando serve; e alla lotteria dei penalty servirà ancora.
Il bello è che per 80 minuti non c’era stata partita. La stava dominando l’Argentina. Con la Pulce che pennellava, con Di Maria recuperato ai suoi livelli, con De Paul che seminava Rabiot, con Romero e Otamendi che frustavano i pigri bracconieri di Deschamps. Una sciocchezza di Dembélé su Di Maria offriva a Messi un rigorino comodo, il quinto in sette partite (poteri forti, direbbero in Italia). Il 2-0 scaturiva da un contropiede folgorante, con il capitano a orientarne il senso sino all’assist di Mac Allister e al tocco di Di Maria, l’hombre delle finali.
Ecco. La Francia pascolava orrida e sterile. Ci si interrogava straniti: l’influenza? la banalità dei pronostici? i ricordi della Grandeur? Segni di vita, zero. Tanto che, già al 41’, Didier ricorreva al bisturi: fuori Giroud e Dembélé, dentro Kolo Muani e Thuram. Cominciava, la ripresa, come se nulla fosse successo. Se gli argentini bivaccavano sazi attorno al loro capo, i blu vagavano in balia di incubi che sembrava impossibile trasformare in sogni. Sembrava. A un certo punto, Scaloni richiamava Di Maria – esausto, immagino – e invece d’inserire un suo «simile» (Dybala, perché no), sdoganava Acuna. Un terzino. Era il 64’. A sbirciare il taccuino, i peggiori della Francia erano stati, fin lì, Griezmann e Mbappé. Deschamps toglieva il radar e lasciava il laser.
I topi d’archivio riesumavano chili di dispacci relativi ad Argentina-Germania Ovest 3-2 del 1986, l’ordalia che incornò il Pibe. Si sbadigliava, tra i palchi e tra i falchi. In un minuto, dall’80’ all’81’, il destino dava fuori di matto. Otamendi si perdeva Kolo Muani, convinto che ci avrebbe pensato qualcun altro, o qualcuno da lassù. Invece no. Rigore. Mbappé: e uno. Allons-enfants, si devono essere detti i francesi. Coman, l’impunito, borseggiava Messi, addirittura: ne nasceva un’azione che, attraverso Thuram, portava Kylian a una splendida voléé: e due.
Come Argentina-Olanda: tutto da rifare. Con questa, non marginale, differenza: nei quarti, i supplementari si ridussero a uggioso ping-pong; stavolta, hanno prodotto un gran trambusto. La staffetta Alvarez-Lautaro si rivelava, ancora una volta, un’idea. Tanto è vero che proprio Lau-Toro se ne mangiava un paio, ma sull’ennesima freccia sventata da Lloris spalancava la porta al 3-2 di Messi. Di destro, se mi credete. Titoli di coda? Nemmeno per idea. Ultimissimi fuochi, sventola di Mbappé, braccio di Montiel. Rigore, ancora. Kylian: e tre. The end? Un attimo, please: Kolo Muani solo, Emiliano getta la stampella alla Enrico Toti e ci arriva. Cambronne sarebbe esploso.
La cronaca è storia, in questo caso: e per questo mi dilungo. I rigori sono paradiso e inferno, senza purgatori che possano rinviare la sentenza. Mbappé si, Messi sì, Coman parato, Dybala (toh) segnato, Tchouaméni fuori, Paredes gol, Kolo Muani idem, Montiel, qello del mani-comio, rete-partita-coppa.
Anche se ebbri di poesia e di calcio, di gesti e non di gestori, di magie e non di lavagne – e, porca miseria, anche di errori, di strafalcioni – a scrivere che l’Argentina ha meritato non si sbaglia. E’ stata più squadra. La Francia, campione uscente, è vissuta di nervi, di giocate e quasi mai di gioco. Mbappé potrà sempre raccontare che tre gol in finale (e otto in totale) non gli sono bastati per (ri)vincere un Mondiale. A 35 anni, Leo alza il trofeo della vita, non solo della carriera. L’unico che gli mancava. Tranquilli: Diego non è geloso.
Di quelli che ho visto personalmente, considerate le epoche diverse, i difensori che una volta ti marcavano pure in bagno, la completezza del bagaglio tecnico, e la porzione di campo su cui incideva, dico sempre Platini. Fermo restando che per caratura stanno tutti li i grandi, chi più chi meno.
Martinez per il gesto che ha fatto verso i francesi meriterebbe d’essere lasciato fuori squadra a vita!Parlo di nazionale.
Dispiace per Didi.
Uno di noi
Si Pogba, Paredes , e il fideo restassero li… sarebbe meraviglioso
Li raggiungesse quello scienziato di Cherubini e il cartomante.
Per il resto ho iniziato a vedere dal 70′ , tanta roba.
Bello vedere giocare Messi con questa serenità e maturità .
Un pezzo di storia del gioco.
che fosse protagonista in un Mondiale, che fosse un capitano leader, prima ancora che l’Argentina lo vincesse o meno. Ci è riuscito a 35 anni e va bene cosi. Il valore del giocatore meritava ed ha meritato tale riconoscimento.
Cambiasso
Enrico festeggia un piazza con Zanetti e Cambiado.Ole’
Gentile Intevengo.
Vedi che la pensi come me? Se il Napoli di Maradona non ha mai vinto la Coppa Campioni evidentemente come squadra nel suo complesso non era forte quanto il Barcellona di Guardiola e Luis Enrique. Un conto è avere un centrocampo con fuoriclasse tipo Xavi e Iniesta, altro discorso è schierare buoni centrocampisti come Crippa e Romano. Questo solo per fare un esempio. Io rimango dell’idea che si vince e si perde insieme, in gruppo. Ecco anche spiegato il motivo per cui provo fastidio quando una partita importante, una finale, non ci viene presentata come una sfida tra due squadre, ma come un match all’ultimo sangue tra i due giocatori più rappresentativi.
Premesso che il più grande di tempi i tempi è una cosa difficile da affermare, specie in uno sport di squadra come il calcio, per me Maradona meglio di Messi specie se consideriamo che i difensori contro cui ha giocato Maradona avevano altre licenze di marcare rispetto a oggi. Pelé non l’ho visto giocare ma dalle immagini e dalle testimonianze credo si possa affermare sia stato superiore a tutti. Destro, sinistro, colpo di testa, punizioni, dribbling, velocità , assist. Giocatore più completo rispetto agli argentini. Se qualcuno si è avvicinato a Pelé, caso mai è stato Cr7.
Ciascuno di noi ha le sue preferenze, anche Pelè e Maradona sono stati dei campioni inimitabili. Ci sta che qualcuno reputi loro i migliori di tutti i tempi. Quello che mi dava fastidio è che, a proposito di Messi, fino alle ore 16 (ora italiana) di oggi qualche buontempone, bontà sua convinto che il calcio sia uno sport individuale, dicesse: “Eh, ma non ha mai vinto il mondiale”. Accontentati i fessacchiotti, ora hanno perso il loro argomento preferito. Poi questa, da incorniciare per la stupidità : “Con la nazionale argentina non riesce ad essere decisivo, non è il vero Messi”. Ho appena consultato Wikipedia: 172 presenze e 98 gol. Più, presumo, un’infinità di assist. Cosa pretendevano di più?