A noi ragazzi infatuati di Sivori, Pelé esplose negli occhi nel 1958, l’anno in cui Omar vinse il primo scudetto con la Juventus. I Mondiali in Svezia, i primi – sul campo – senza l’Italia, eliminata dall’Irlanda del Nord. Ne aveva 17. Partì riserva, finì re. O rei. Per tutti, non solo per il suo Paese. Ci ha lasciato a 82 anni, vegliato e «marcato» dai familiari, a San Paolo: nell’unico ospedale che poteva reggerne la corona e lo strascico, intitolato com’è ad Albert Einstein.
Destro, sinistro, testa: e persino portiere. La perla nera. E quel numero, il numero dieci, che, da fregio, sarebbe diventato teatro. Era nato il 23 ottobre del 1940 a Tres Coraçaoes, nello Stato del Minas Gerais, di umili radici. Il calcio subito, il calcio sempre. Santos, Brasile e la coda a New York, nei Cosmos, perché anche i valori hanno un prezzo che esigono o s’impongono. Fu vicino all’Inter, venne inseguito da Juventus e Milan: erano tempi, quelli, in cui il Sud America guardava l’Europa dall’alto. Ha scritto la storia di un’epoca, quando la televisione era ancora brusio e non fracasso. Ci aiutò a immaginare la bellezza e l’eleganza, i gesti e le gesta. E’ stato il solo giocatore ad aggiudicarsi tre Mondiali, il primo e il terzo da protagonista assoluto; il secondo, in Cile, da «gregario», subito infortunato e troppo presto fuori dai giochi.
Di Messico ‘70 rimangono indelebili tre momenti: la «parata del secolo» alla quale costrinse Banks; la finta spaziale con cui stecchì il portiere dell’Uruguay, Mazurkiewicz, salvo fallire il gol di pochi centimetri; e lo stacco verticale che lo sospinse, nell’epilogo con gli azzurri, a sbriciolare una roccia, addirittura: Burgnich. Certo, non si possono dimenticare i duelli col Trap, uno fin troppo romanzato in Nazionale, dal momento che, acciaccato, Pelé uscì in fretta; e l’altro, verissimo, nell’Intercontinentale del 1963, sempre a San Siro: segnarono entrambi, uno il Trap (!) due Sua Maestà.
Giocava trattando la palla come se fosse un’appendice del suo Brasile, facendone risaltare le virtù e nascondendone le volgarità. Gli avversari lo aspettavano al varco e, nel Mondiale del ‘66, in Inghilterra, i bulgari andarono oltre, molto oltre. E’ stato giocatore del secolo, ministro, ambasciatore. Non un ribelle come Maradona, ma aperto ai poveri, lui così ricco, così universale. Rispetto a Diego, ha potuto contare su sodali di eccellenza, da Garrincha a Rivelino, ma senza Pelé chissà che libro avremmo sfogliato.
Riassumerlo in un pezzo, è impossibile. E, per una volta, il problema non è l’apologia di «beato»: il problema siamo noi (di sicuro, il sottoscritto), troppo piccoli, troppo tapini. La rovesciata in «Fuga per la vittoria» narrano che gli riuscì al primo colpo. Non mi meraviglio. Trasmetteva gioia. D’accordo, era un altro calcio, ma i geni non hanno bisogno di paragoni, siamo noi ad aver bisogno di loro. E Pelé molto ci ha aiutato ad abbattere le barriere del tifo, i confini del rancore, né santo né eroe, impareggiabile nei suoi dipinti, nelle sue sculture.
Lo ha vinto un tumore al colon. Il giorno dell’ottantesimo compleanno disse: «Spero che Dio mi riceva come fanno qui in terra». Gli sarebbe piaciuto applaudire O Ney (Neymar) campione in Qatar. Le preghiere non sempre vengono esaudite. Soprattutto se, a realizzarle, ci pensava proprio colui che le recita.
O Rei. La perla nera. Edson Arantes do Nascimento – Edson in onore di Thomas Edison, l’inventore della lampadina – semplicemente Pelé. Due sillabe. Se, per Philip Roth, «tutto quello che avevo per difendermi è l’alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile», nel caso di Pelé è stato un pallone. Per fortuna.
Scritto da mike70 il 2 gennaio 2023 alle ore 23:40
Amen.
https://threadreaderapp.com/thread/1609961003059396610.html
In realtà ripeto cose che qualsiasi juventino ripete da 16 anni, a meno che non sia uno juventino per passa tempo.
Guitto, la vera tragedia è che passi il tempo qui a ripetere le stesse identiche cose da settimane. Oltre tutto, da vile demagogo quale sei, mi attribuisci concetti che non ho mai espresso.
Hai cominciato l’anno decisamente in vecchio stile.
Prendetevela coi vostri, perché e’ tutta roba vostra .Certo, quello che traspare ,che poi si intuiva,e’ che 5,6 squadre di fascia medio bassa erano legate alla compagine olandese da una serie di vicende di mercato, favori a rendere , rapporti . Per dire nel caso bremer, pare che cairo abbia ottenuto sotto traccia un immobile per il suo giornale,cioe’ come fai a competere normalmente? Anche il campionato e’ stato di fatto un po’ falsato, se poi paratici “faceva” ,organizzava,predisponeva, il mercato interno di quelle societa’,come da lui stesso affermato,anzi declamato al telefono .certo , poi su 38 partite diciamo che una 15 na forse non erano così difficili, ma questo non e’ dimostrabile.ma anche nel 2000 si diceva così poi li hanno beccati in pieno. Insomma ,sono recidivi,non la vogliono capire,tifosi compresi . Il fatto di avere tutte quelle possibilità economiche gli fa credere di poter fare quello che vogliono in barba ai regolamenti .
Scritto da Guido il 2 gennaio 2023 alle ore 18:14
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Penso che sulla vicenda, si potrebbe/dovrebbe chiedere un parere all’illustre/superpartes primario Beccantini.
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Milano-causadiffamazione Moggi assoltoassolto: le motivazioni della sentenza
di Redazione 08/09/2015
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Luciano Moggi assolto a Milano: il giudice Oscar Magi spiega la sentenza nelle motivazioni. L’ex direttore generale della Juventus era stato portato in tribunale da Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto, ex presidente dell’Inter. Il figlio dell’ex dirigente nerazzurro, aveva deciso di sporgere querela in seguito ad alcune dichiarazioni di Moggi, che parlò delle telefonate di Facchetti durante una trasmissione televisiva.
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Ebbene, il processo scaturito da quella querela si è concluso lo scorso 15 luglio con l’assoluzione di Luciano Moggi con formula piena, nonostante il pm Elio Ramondini avesse chiesto 10mila euro di ammenda. Secondo quanto si legge oggi nelle motivazioni, di cui Tuttosport pubblica uno stralcio, l’ex dg della Juve ha pronunciato in TV frasi che “contenevano con certezza una buona veridicità, o comunque sono state pronunciate nella ragionevole opinione che contenessero una dose di verità, seppur anche putativa”.
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Le intercettazioni di cui ha parlato Moggi, infatti, prodotte dalla sua difesa (l’avvocato Prioreschi) e “recuperate dal processo di Napoli” confermerebbero il “rapporto ‘preferenziale’ che il Facchetti manteneva con i designatori arbitrali dell’epoca, rapporto che è stato oggetto della richiesta di archiviazione del procuratore federale”.
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L’Inter, infatti, si salvò dal processo sportivo solo con la prescrizione: nessuno mai saprà come sarebbe andata a finire, ma di sicuro lo scudetto del 2006 non sarebbe stato di certo assegnato ai nerazzurri.
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In merito alla relazione di Palazzi, infatti, il giudice di Milano continua nelle motivazioni affermando che portava con sé “evenienze probatorie” che “non sono sfociate in un provvedimento disciplinare per il solo fatto del decorso del termine prescrizionale”.
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In definitiva, si legge ancora nelle motivazioni dell’assoluzione, che “quello che è importante è che Moggi, nel citare le vicende della giustizia sportiva ed i comportamenti dell’allora Presidente Facchetti, ha riferito cose vere o comunque verosimili per il momento in cui sono state dette e per il modo in cui sono state pronunciate”.
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gianfelice facchetti-moggi assolto
https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/07/15/news/milano_diffamazione_a_facchetti_il_giudice_assolve_luciano_moggi-119121127/
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articolo su moratti-moggi
https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Inter/02-02-2015/moratti-stringe-mano-moggi-le-telefonate-bergamo-prese-giro-100730832660.shtml
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Cos’altro dire? sterco di iene.
Alla fine della fiera, da farsopoli, la Juventus ne uscì con la serie B, e con l’azzeramento tecnico-economico-societario di una squadra fantastica. Il Milan con la penalizzazione giusta per giocare la Champions, che poi vinse. L’Inter con scudetti vari, tra cartone, segreteria e senza avversari (cit.). La tragedia è che per certi juventini, compreso un filosofo che circola da queste parti: “Chissenefrega del comportamento degli altri”.
Scritto da intervengo102 il 2 gennaio 2023 alle ore 19:16
Dopo lo schieramento di truppe impiegato dai prodi Narducci e Auricchio, roba che nemmeno l’FBI, per un indagine di antiterrorismo, non poteva finire tutto in un niente di fatto. Qualcuno avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni. Doveva finire tutto già in primo grado, ma pare che una delle tre giudici non fosse simpatica alle altre due. Un bel reato a consumazione anticipata e salvata la faccia. E pazienza per chi ci ha rimesso reputazione e lavoro. Il povero Scardina ci rimise la vita.
Scritto da Guido il 2 gennaio 2023 alle ore 19:06
la motivazione se lo sono letteralmente INVENTATA , la Procura di Napoli avrebbe fatto una figura di merda gigantesca , dopo che quella di Torino aveva archiviato tutto , la stessa Procura del processo Doping ed ora Prisma , percio’ nemmeno una Procura amichevole .
La verita’ di Farsopoli e’ tutta qui , la classica farsa italiana
Scritto da Giuseppe il 2 gennaio 2023 alle ore 17:43
Non essendoci uno straccio di prova di partite “taroccate”, in ambito sportivo, si sono dovuti inventare un illecito inesistente, in ambito penale sono dovuti ricorrere al reato a consumazione anticipata, dove vale tutto, anche frodare una partita tutta da solo, in smart working, diciamo. Già scritto.