Non capita sovente di celebrare due capitani nella stessa funzione. Ernesto Castano, Gianluca Vialli. Gli applausi, i cori, le luci soffuse, il discorso di Pessotto: è il destino che detta i tempi, ineluttabile, inesorabile. Poi si torna sulla terra, ognuno come può (o vuole, o sa) e si gioca. Juventus-Udinese 1-0. Otto vittorie consecutive, tutte senza reti al passivo.
Sempre, o quasi, con la solita ricetta: posate e tovaglie non proprio raffinate, menu un po’ così (Locatelli scotto, non al dente) e il dolce alla fine, come in ogni ristorante che si rispetti, non importa se da venti o cento euro. A Cremona, mercoledì, era il 91’ quando ha risolto Milik. Allo Stadium, l’86’ quando ha deciso Danilo. Dicono che sia il sesto gol dopo l’85’. Segno che, pian piano, Madama cresce e gli dei, benigni, ne gratificano la scossa, le mosse. Al punto che uno si chiede se, e sottolineo se, sarà mai possibile vedere all’inizio la Juventus della fine. Lo domando sommessamente a chi di piacere, alla musa del corto muso.
La squadra di Allegri è così «femmina» che avrà spinto al brindisi persino Gioannbrerafucarlo, lassù, non appena abbracciato Stradivialli. Si ritrae – a volte vezzosa, a volte pigra – e si ciba di contropiede. L’Udinese di Sottil, non più martellante come in estate, pochissimo ha creato, a onor del vero, ma anche poco rischiato. Un’incornata di Rugani, una rasoiata di Kean (murate, entrambe, da Silvestri) e nella ripresa, con gli avversari un tantino più audaci, qualche mischia, qualche petardo vagante ma niente di che.
Di Maria? O esce per entrare o entra per uscire. D’accordo, l’usura galoppante (34 anni) e Messi così lontano. Ma insomma. Per la cronaca, e per la storia, sono stati i cambi (e dai) a fissare i confini. Lancio di Paredes, stop di petto e cross di Chiesa per Danilo, uno dei rari titolarissimi. Dopodiché, o capitani! miei capitani! (lo era anche Ernestino).
** Monza-Inter 2-2. Come scriveva Mario Sconcerti, un conto è fare l’amore alle Maldive e un conto trovare gli stimoli per farlo tra la nebbia delle proprie lenzuola. Fuor di metafora: con il Napoli, prima della classe, la libido viene da sé; con il Monza, va e viene. E proprio alla fine, è andata. E’ il caso dell’Inter. Beccata al 93’ da una capocciata della ditta Caldirola-Dumfries (tra parentesi, due supplenti).
Dall’1-0 alla Juventus, tappa cruciale, Palladino ha rigenerato il Monza. All’altezza anche stavolta. Con i suoi pregi (lo spirito di corpo) e con le sue «befane» (la dormita di Carlos Augusto sul gol di Darmian; il harakiri di Pablo Marì sul pressing di Lau-Toro). L’uno pari dell’eclettico Ciurria, in un’area presidiata da custodi distratti, era un segnale. La staffetta tra Dzeko e Lukaku, le uscite forzate di Calhanoglu e Barella hanno scombussolato la trama. Il palo di Martinez – fra i migliori, con Bastoni – avrebbe potuto chiudere la faccenda. Così come avrebbe potuto liquidarla il 3-1 di Acerbi se Sacchi non avesse fischiato, in anticipo, un fallo-fantasma di Gagliardini. O così come avrebbe potuto indirizzarla diversamente, nel primo tempo, un contatto sospetto tra Acerbi e Ciurria: sempre che fosse stato decretato il rigore e qualcuno l’avesse trasformato.
I «soccorsi» del Monza sono stati più incisivi. E il risultato, al netto degli episodi, mi pare meritato. Non aveva mai pareggiato, l’Inter. Nulla di drammatico (anche se i cali di tensione, appena sembrano soffocati, si liberano). Ne faccia tesoro.
Caro il mio Socrate de noatri sei lo psicopatico della razza più viscida, quella che ammanta gli insulti con i paroloni da filosofo da tastiera. Sei stato inquadrato, egregiamente, fin da subito da Dindondan, che voglio citare: Cosa cazzo vuoi?
P.S. Non mi trascinerai mai al tuo livello.
Quello che Sarri doveva fare quando era la Juve, ovvero vincere lo scudetto (e dispensare estintori), lo ha fatto e tanto mi basta.
La sua stagione laziale è, al momento, abbastanza deludente ma la rosa è da quinto/sesto posto. Convengo che si può sempre perforare sopra i propri limiti e la sua Lazio non lo sta assolutamente facendo ma poi, a chi per 4 o 5 anni lo ha fatto come il Gasp, l’ignoranza calcistica non glielo riconosce e lo si accusa di non aver vinto lo scudetto.
Quello appena descritto è un percorso solitamente intrapreso da chi viene da destra, con le sue paurose lacune.
Bene, bene .. più sei sul quinto posto.
Remuntada continua con Gianluca nel cuore ed al nostro fianco.
E se quei due,tre desaparecidos si mettono in testa di rientrare e giocare, fino a giugno ci divertiamo.
Povero Guitto!
Poniamo per vero quello che voi coglioni sostenete: il fine del calcio è il risultato. D’altro canto, l’esito fa parte del gioco, per cui è necessario che ci sia un vincitore perché il gioco si concluda.
Dunque, chi va in campo, ci va con l’obiettivo di vincere, giustamente. E questo è un aspetto basilare del gioco, sia chiaro.
Ma come stanno invece le cose per chi guarda, per gli spettatori? Qual è il fine di chi va a vedere una partita di calcio?
La risposta l’ho già data in precedenza e ristabilisce le gerarchie anche per quel che riguarda il fine autentico del gioco Calcio: si gioca e si va a vedere chi gioca per divertirsi.
Il resto è roba da sfigati che hanno bisogno di annettere le vittorie altrui ai millimetri del proprio membro.
oppure la saggezza…..
Opsss anche a Roma…
Bravo, accontentati, come la tua mediocrità ti ha sempre imposto.
Esilarante il Socrate de noatri che giustifica le porcherie vomitate da certe tastiere. Chissà cosa ne pensavano gli antichi Greci a tal proposito.
Capperi, non ho avuto fede, ho chiuso tutto sul 2 a 0. Con quanto è risultato che fa felici De Pasquale e 3…soprattutto….
Guerriglia urbana tra ultras del Napoli e della Roma au A1. Autostrada chiusa, automobilisti bloccati. (un pensiero a loro, e tanta tanta solidarietà ). Non c’è fine al peggio….