Neppure Federer, ai suoi bei dì, vinceva sempre 6-0, 6-0, 6-0. E’ bello anche così, soffrendo. Perché questa volta Mou non si è barricato nel pullman. Al contrario: se l’è giocata, di fisico e di testa, e l’ha persa di misura. Napoli gran riserva. Se è vero che anche El Shaarawy, l’autore del pari, veniva dalla panchina, Simeone aveva sostituito Osimhen, il capocannoniere e, con Lobotka, il migliore in campo. Vi raccomando il suo gol: filtrante di Mario Rui per Kvara, cross, petto, coscia, collo (destro): una folgore a ciel distratto.
Il Cholito, Raspadori ed Elmas erano stati la risposta di Spalletti alle difficoltà che gli avversari creavano: Matic, in particolare, e gli esterni. Non però Pellegrini, schermo greve di Lobotka, e nemmeno Dybala, un passerotto al quale il turbinio del vento impediva di trovare la grondaia giusta. Il 2-1 lo siglava proprio Simeone, già decisivo a San Siro con il Milan, e allo Zini con la Cremonese, dopo essersi bevuto uno Smalling fin lì marziale.
E così i punti di vantaggio diventano tredici. Un tesoro di proporzioni inaudite (ma strameritate). Partita croccante, falciata da ribaltoni affilati come lame. E che Meret non sia stato meno impegnato di Rui Patricio, beh, questo è un dettaglio che rende giustizia a un portiere che in estate pochi volevano e a una squadra che non molla mai l’osso, nemmeno quando sono lì lì per portarglielo via. In campionato, ci è riuscita soltanto l’Inter, a San Siro.
Orsato fischiava con la godereccia parsimonia del sadico. Kvara non è ancora lui, mentre Osimhen è sempre lui: un centravanti che unisce le epoche, esaltandone gli stili e le mode. C’è poi il resto della torta, e la mano del pasticciere. Mou ha cercato di vincere sino all’1-1; il Napoli dei Kim e dei Lozano, anche dopo. La morale, se ce n’è una, penso che sia questa.
Veramente, ultimamente sono gli scarti del campionato turco e della MLS (vedi Ibra) a finire la carriera in Italia.
Intanto il Golden boy de noantri, dopo aver rifiutato sdegnosamente di andare a crescere in Premier League, sembrerebbe indirizzato nientemeno che a Istanbul sponda Galatarasay, dove già svernano vecchie glorie come Icardi e Mertens. Poco più della MLS, insomma. Non c’è che dire, un deciso e programmato avanzamento di carriera.
https://www.sportmediaset.mediaset.it/mercato/guardiola-punge-il-chelsea-mercato-impazzito_60714791-202302k.shtml
———
Ahahahah…..il pupazzo impazzisce quando non vince…. quando drogava il mercato lui con gli acquisti di grealish, stones, e Ruben Dias andava bene….
In Premier ieri l’Arsenal aveva perso, da un lato sorprendentemente dall’altro “fisiologicamente ( finora aveva tenuto un ritmo pazzesco, prima o poi la “buccia di banana” doveva arrivare ) a Goodison Park sul campo dell’Everton , terz’ultimo in classifica…oggi il City , che era a 5 punti dai gunners ma con una partita in più, aveva l’occasione di accorciare sul campo del Tottenham, ultimamente alquanto “disastrato” e senza Conte in panchina, in convalescenza per il noto intervento chirurgico…niente da fare un City spento e deludente ha a sua volta meritatamente perso contro gli Spurs , oggi davvero tosti e determinatissimi a risalire la china, Kane non solo goleador ma trascinatore e leader in campo, Bentancur ottimo, Lloris finalmente esente dalle clamorose fotte combinate in sequenza nelle ultime partite…dunque i punti di distacco rimangono 5 e l’Arsenal, come detto, ha pure una partita in meno…i “segnali” di un’annata decisamente “giusta” per i gunners si rinnovano ancor più nitidi
Riassuntino…? :-)))))
Terza parte
Fino alla fine…del ricorso
_______________________________________________
• l’art. 6 c. 3 prevede in termini precisi e tassativi le sanzioni applicabili per il caso di responsabilità
diretta della Società per illecito sportivo, ma poi introduce un nuovo elemento di indeterminatezza e
di inammissibile discrezionalità, ove consente l’applicazione della “maggiore sanzione in caso di
pratica inefficacia di tale pena”, senza chiarire né quale sia la maggiore sanzione, né quando quelle
edittali debbano ritenersi praticamente inefficaci;
• l’art. 6 c. 6 prevede l’aggravamento delle sanzioni in caso di pluralità di illeciti o di alterazione del
risultato o di conseguimento del vantaggio in classifica: anche in questo caso l’aumento della pena è
del tutto indeterminato e lasciato ad un inammissibile e incontrollabile spazio di discrezionalità
delle Corti.
Questi rilievi sono di particolare gravità e potrebbero condurre all’annullamento delle norme del
Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.. Pur tuttavia, si ritiene che sia possibile una
interpretazione delle norme sopra richiamate, e che sono state applicate alla Juventus nel caso di
specie, in termini che ne salvaguardino almeno in parte la legittimità e la conformità ai principi
generali applicabili a tutte le procedure sanzionatorie in ambito amministrativo, secondo le
indicazioni fondamentali tra l’altro dettate dalla L. 689/1981.
A questo scopo, di una ricostruzione del sistema sanzionatorio calcistico che rispetti almeno i
requisiti minimi di una procedura sanzionatoria legittima e giusta, occorre rifarsi in primo luogo ad
alcune indicazioni fornite dalla stessa giurisprudenza delle Corti della F.I.G.C., che hanno tra l’altro
stabilito che:
a) l’elenco delle sanzioni contenuto nell’art. 13 C.G.S. è “incrementale”, nel senso che elenca le
sanzioni in ordine di gravità crescente (Comunicato Ufficiale n. 10 del 2005, relativo alla decisione
della Commissione disciplinare sul “caso Genoa”)
b) il “campionato di competenza” cui deve farsi riferimento, ai sensi dell’art. 13 lett g), è quello di
appartenenza della Società al momento di realizzazione dell’illecito.
Queste indicazioni interpretative, particolarmente interessanti poiché provenienti dalla stessa
F.I.G.C., e le considerazioni cui si è fatto cenno in precedenza, possono condurre ad una più corretta
e plausibile definizione dell’ambito di operatività del potere sanzionatorio sportivo. Nella specie:
a) il preteso illecito si è realizzato nella stagione 2004/2005;
b) le sanzioni di cui all’art. 13 lettere g) ed h) non erano più applicabili nel “campionato di
competenza”
c) la sanzione edittale poteva essere ritenuta “inefficace” e legittimare il passaggio alla maggiore
sanzione di cui alla lettera i), cioè la revoca dello scudetto 2004-2005 (sanzione gravissima,
costituendo la perdita del principale successo sportivo, applicata una volta soltanto nella storia del
calcio italiano)
d) la stagione 2005 – 2006 non era in alcun modo toccata dall’inchiesta, e ciò escludeva la
possibilità di applicare per essa alcuna sanzione (in specie la non assegnazione dello Scudetto,
regolarmente vinto sul campo)
e) non vi era alcuna possibilità di aggravare le sanzioni ai sensi dell’art. 6 c. 6, non sussistendo
alcuno dei presupposti per tale aggravamento
f) l’art. 6 c. 3 non contempla un cumulo di sanzioni, ma la sola “maggiore sanzione” in caso di
inefficacia di quelle stabilite
g) nessuna norma prevede e consente che le sanzioni si estendano a più anni, con una sorte di
“moltiplicatore” sanzionatorio del tutto inedito e non ammissibile: nel caso di specie, la condanna
della Corte Federale ammette e prevede espressamente che vi siano sanzioni che riguardino tre anni
sportivi successivi, senza contare che la retrocessione in Serie B estende i suoi effetti negativi anche
sugli anni ulteriormente successivi
11) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: artt. 1, 2, 6 e 13.-
Violazione dell’art. 30 dello Statuto della F.I.G.C..- Violazione ed erronea applicazione dell’art. 133
cod. pen..- Violazione dell’art. 3 L.241/1990 e succ. mod..- Errore di presupposti e della
motivazione. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Alla applicazione di una “combinazione” senza precedenti di sanzioni, la Corte Federale e la C.A.F.
sono giunte per il tramite di una motivazione specifica del tutto insussistente e che non consente
all’interprete (e crediamo, neppure al Giudice) di ripercorrere l’iter logico in base al quale le
sanzioni stesse sono state decise ed adottate.
Nello specifico, la Corte Federale richiama i criteri di applicazione dell’art. 13 C.G.S. e dell’art. 133
cod. pen., ma si tratta di un richiamo meramente formale, e che non può tradursi nella sottrazione
dall’obbligo di qualsivoglia motivazione.
In altri termini, secondo l’insegnamento di Codesta Magistratura Amministrativa, siamo in presenza
di atti amministrativi che devono in primo luogo rispettare i principi generali che presiedono
all’azione amministrativa ed ai suoi atti, e dunque l’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 L.
241/1990; obbligo che risulta particolarmente presente e stringente nel caso di provvedimenti di
contenuto afflittivo (e, ci sia consentito di dirlo, così gravemente afflittivo).
Orbene, l’esame della decisione delle Corte Federale dimostra come la stessa abbia adottato le
proprie sanzioni, sul presupposto delle proprie valutazioni sui comportamenti, senza peraltro
motivare:
a) quali sanzioni corrispondessero alla violazione dell’art. 1 C.G.S. (tenuto tra l’altro conto che per
la violazione di questa norma non è previsto l’aggravamento nel caso di pluralità di violazioni,
prevista invece per l’art. 6 C.G.S.);
b) quali sanzioni corrispondessero alla asserita, unica violazione dell’art. 6 C.G.S.;
c) quale/i eventuali “maggiori” sanzioni fossero da ascrivere alla ritenuta “pratica inefficacia” delle
pene edittali dell’art. 13 c. 3°;
d) quale/i aggravamenti delle sanzioni fossero da ascrivere all’asserito conseguimento del
“vantaggio in classifica” di cui all’art. 13 c. 6°.
In altri termini, si è proceduto ad un “mix sanzionatorio” del tutto immotivato e incompatibile con i
parametri minimi insoppromibili di un atto amministrativo, e nello specifico di un atto conclusivo di
un procedimento disciplinare.
* *
12) Illegittimità degli atti impugnati e degli articoli 1, 2, 6 e 13 del Codice di Giustizia Sportiva
della F.I.G.C., per contrasto con gli articoli 39, 49, 81 e 82 del Trattato CE. Nella generale
situazione del diritto sportivo nazionale e internazionale è intervenuta di recente una importante
modificazione, determinata dalla sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea 18
luglio 2006, Meca-Mejcen (che si produce, e reperibile sul sito internet “curia.europa.eu” ). Questa
sentenza ha affermato alcuni principi fondamentali, che qui ci permettiamo di richiamare in sintesi e
per punti:
a) la sottoposizione delle federazioni sportive al diritto comunitario, anche nel caso in cui adottino e
applichino regole di natura sportiva, nel momento in cui tali regole abbiano conseguenze
economiche transnazionali;
b) questa sottoposizione riguarda anche le regole disciplinari;
c) tali regole disciplinari, poiché possono determinare effetti negativi sull’attività del soggetto ad
esse assoggettato e sulle regole della concorrenza, devono “limitarsi a quanto è necessario per
assicurare il corretto svolgimento dell’attività sportiva” (punto 47 della sentenza);
d) in altri termini, le regole disciplinari, anche se proteggono un valore sportivo importante, devono
essere inerenti e proporzionate a tale tutela, poiché in caso contrario vi potrebbe essere un eccesso
sanzionatorio non giustificabile e contrario alle disposizioni comunitarie.
Non può esservi dubbio sul fatto che i principi espressi dalla Corte di Giustizia sono
immediatamente e direttamente riferibili al caso della Juventus:
h) le sanzioni irrogate determinano per almeno due anni l’impossibilità della squadra di partecipare
alla UEFA Champions League (alla quale la squadra avrebbe avuto diritto sulla base del risultato
sportivo della stagione 2005-2006, annullato sebbene non oggetto di alcuna contestazione);
i) viene dunque meno la possibilità per la Società di rendere le prestazioni di servizi transnazionali
cui fa riferimento la sentenza della Corte di Giustizia;
j) le sanzioni, e in specie la retrocessione in Serie B, determinano una grave perdita di valore della
Società e dei suoi flussi economici, determinandone una riduzione grave e un pregiudizio
gravissimo sulle sue attività economiche transnazionali (contratti con gli sponsors, contratti di diritti
televisivi, vendita a soggetti esteri di biglietti, ecc.);
k) le sanzioni hanno determinato la fine di numerosi rapporti di lavoro con giocatori di Paesi
comunitari, che non hanno accettato di giocare con la squadra retrocessa o comunque esclusa dalle
competizioni europee e hanno chiesto di essere ceduti; inoltre le sanzioni hanno determinato la
grave riduzione di capacità della Società a concludere nuovi contratti con giocatori sul mercato
internazionale.
E’ dunque evidente ed indiscutibile che le regole della F.I.G.C. e la loro applicazione concreta alla
Juventus hanno determinato conseguenze rilevanti per il diritto comunitario; sulla scorta delle
sentenza Meca-Mejcen si impone pertanto la questione della inerenza e proporzionalità di tali
sanzioni.
Sul punto, la Società ha acquisito e produce un parere di un importante studio legale internazionale
che si occupa con continuità di diritto comunitario della concorrenza e di diritto sportivo (Dupont –
Dallafior – Hissel di Zurigo).
Questo parere fornisce importanti indicazioni in proposito, alle quali ci si permette di rinviare,
deducendone qui gli elementi essenziali ai fini della formulazione del motivo di ricorso. Occorre a
questo scopo anticipare qui alcuni elementi cui si darà spazio in seguito, e cioè la dimensione
assolutamente eccezionale e drammatica dei danni che le decisioni federali arrecano alla Juventus.
La sola mancata partecipazione per due anni alle competizioni europee determina una mancato
introito, e dunque un danno, che può essere valutato in circa 45 milioni di euro! Sulla base di questa
prima ipotesi valutativa, si può ritenere che il danno economico complessivo che grava sulla
Juventus per effetto delle sanzioni federali assommerebbe a circa 70 milioni di euro, (circa il 30 per
cento del volume d’affari della Società) se la squadra fosse mantenuta in Serie A, mentre si
incrementerebbe almeno a 130 milioni di euro (superiore al 60 per cento del volume d’affari) nel
caso in cui la decisione della Corte Federale fosse integralmente applicata e la squadra fosse
costretta a giocare in Serie B.
Si tratta di restrizioni economiche senza precedenti, alle quali si aggiungono sanzioni più
strettamente sportive di gravità altrettanto inedita, come la perdita di due titoli di Campione d’Italia
(scudetto 2004-2005 e 2005-2006), caso mai verificatosi in tutta la storia centenaria del calcio
italiano, in cui si ricorda una sola revoca di uno scudetto.
Si può dunque affermare senza tema di smentita che le restrizioni alle libertà economiche della
Juventus – che, non va dimenticato, è tra l’altro una società per azioni quotata in Borsa – sono
assolutamente eccessive rispetto alla tutela dell’interesse sportivo perseguito alla regolarità delle
competizioni, che poteva essere comunque assicurato e garantito con sanzioni sicuramente meno
eccessive e sproporzionate.
La sproporzione è di immediata evidenza, anche per le considerazioni svolte nel precedente motivo
sulla inedita e censurabile assenza di limiti sanzionatori e di criteri nella individuazione delle
sanzioni nel C.G.S..
A queste notazioni “interne”, il parere internazionalistico acquisito suggerisce altri interessanti
corollari; ad esempio il significativo raffronto con le disposizioni sanzionatorie comunitarie in
materia di concorrenza.
Questa parte del parere viene qui testualmente richiamata per la sua particolare efficacia: “Per
convincersi della incredibile sproporzione delle sanzioni inflitte alla Juventus, è sufficiente riferirsi
ai limiti legali imposti alla Commissione europea in materia di ammende per infrazioni agli articoli
81 e 82 del Trattato CE: al massimo il 10 % del volume d’affari annuale di un solo esercizio. La
soglia del 10% è sufficiente per garantire che le imprese agiscano rispettando le regole del diritto
della concorrenza (OECD, Fighting Hard Core Cartels, Harrn, Effective Sanctions and Leniency
Programmes, 2002). Nel caso di specie, ciò significa che una sanzione del 10% del volume d’affari
di un esercizio è sufficiente per garantire la finalità tutelata, e cioè “il regolare svolgimento della
competizione sportiva per il tramite della tutela dell’indipendenza del corpo arbitrale”. Nella sua
saggezza, il Consiglio europeo ha considerato che una ammenda che superasse questa soglia non
potrebbe che danneggiare la struttura dell’impresa interessata, o anche di ipotecarne l’esistenza. A
nostro avviso, sanzioni sportive il cui valore economico negativo ecceda tale soglia del 10 % si
pongono in violazione aperta dei principi di inerenza e proporzionalità imposti dalla sentenza Meca-
Mejcen. Si ricorderà che, nel caso di specie, questo valore – stimato a titolo di esempio sui prossimi
5 anni – è senza dubbio superiore al 100 % del volume d’affari annuale della Juventus.”Riteniamo
dunque che emerga con tutta chiarezza ed evidenza come vi sia stato un “eccesso sanzionatorio”,
tale da danneggiare gravemente ed ingiustificatamente i diritti economici e di concorrenza della
Juventus, ben al di là di quanto sarebbe stato necessario al fine di assicurare tutela efficace
all’interesse tutelato dalla Federazione; e che tale “eccesso” si sia già in parte rilevante determinato,
con l’esclusione dalle competizioni europee, ma possa in parte essere evitato, con riguardo alla
sanzione più penalizzante che è rappresentata dalla retrocessione in Serie B.
La evidente contrarietà alle disposizioni del Trattato Ce, così come autorevolmente e
significativamente interpretate e applicate all’ordinamento sportivo dalla sentenza della Corte di
Giustizia 18 luglio 2006 Meca-Mejcen, può essere pronunciata direttamente da Codesto Ecc.mo
Tribunale. Questa pronuncia, che potrebbe essere preceduta da una adeguata tutela cautelare,
garantirebbe non solo la Juventus, ma la stessa Federazione, che potrebbe in futuro essere chiamata
a rispondere dei danni determinati dal suo “eccesso sanzionatorio”.
Ove lo ritenesse opportuno, il Tribunale potrebbe richiedere alla Corte di Giustizia della Comunità
Europea una pronuncia in via pregiudiziale circa la inerenza e proporzionalità delle regole del
C.G.S. e delle sanzioni applicate alla Juventus, in rapporto alle norme e ai principi del Trattato CE.
A questo fine, ci permettiamo di avanzare una specifica istanza, il cui testo viene ancora una volta
ripreso testualmente dal parere sopra richiamato:
Sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia relativa alla regolamentazione delle
federazioni sportive, nazionali e internazionali, e più in particolare della sua sentenza Meca e
Mejcen contro Commissione europea (causa C-519/04 P, sentenza del 18 luglio 2006) si deve
considerare che le restrizioni, alle libertà che la Juventus deriva dagli articoli 39, 49, 81 e 82 del
Trattato CE, risultanti dagli articoli 1, 2, 6 e 13 del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. e la
loro applicazione da parte delle corti giurisdizionali sportive, vanno al di là di ciò che è “necessario
al regolare svolgimento della competizione sportiva”, e violano dunque i citati articoli del Trattato
CE, più particolarmente in quanto:
- Tale regolamentazione rende un club oggettivamente responsabile per i comportamenti di persone
appartenenti a tale club allorquando esse abbiano una “rappresentanza sportiva”, trattandosi di un
concetto unilateralmente definito dalla F.I.G.C. e non corrispondentealla “responsabilità legale” così
come definita e concessa dagli statuti dei clubs;
- La responsabilità così determinata è di natura disciplinare;
- Le sanzioni che ne risultano vanno al di là della revoca dei vantaggi sportivi acquisiti durante il
periodo intaccato dalle violazioni disciplinari dei “rappresentanti sportivi” in questione e, inoltre (1)
privano il club dei titoli sportivi ottenuti al termine di competizioni sportive non interessate dalle
violazioni disciplinari sanzionate, (2) impediscono al club di partecipare alla UEFA Champions
League per la stagione 2006-2007, quando il club si era qualificato per tale competizione al termine
del campionato nazionale (Serie A) 2005-2006, non interessato dalle violazioni disciplinari
sanzionate, (3) retrocedono il club in Serie B con penalizzazione di punti, ciò che equivale
chiaramente alla impossibilità di qualificarsi per la UEFA Champions League per la stagione 2007-
2008.
- Tali sanzioni equivalgono ad ammende rappresentanti, in una stima prudente, tra il 60 e il 100 %
del volume di affari annuale del club;
- La retrocessione in Serie B potrebbe eventualmente essere invocata per determinare la rottura del
contratto di lavori di giocatori, provenienti da altri Stati membri.
- La retrocessione in Serie B pregiudica gravemente la struttura e l’organizzazione stessa del club.
- La regolamentazione non prevede una analoga responsabilità a carico della F.I.G.C.
Sulla base della giurisprudenza Courage, il diritto soggettivo e diretto al risarcimento che la
Juventus deriva dal diritto comunitario è solo relativo alle violazioni agli articoli 81 e 82 o, secondo
una interpretazione sistemica del Trattato CE, concerne anche le violazioni agli articoli 39 e 49
dello stesso Trattato?”.
13) Identificazione dei danni patiti e patiendi di cui si chiede il risarcimento La Società confida che
l’immediato intervento cautelare del giudice amministrativo, garantendo quanto meno la
permanenza in Serie A, possa limitare l’ammontare dei danni, già ingentissimi, che la Società si
trova ad affrontare a causa di una procedura sanzionatoria sportiva del tutto inaccettabile e
inaffidabile e di sanzioni assolutamente sproporzionate e senza precedenti.
I capitoli di danno già presenti e che la Società si riserva di quantificare in corso di causa sono i
seguenti:
- un mancato guadagno in corrispettivi per la cessione di diritti di trasmissione delle partite (in
criptato e non) della Juventus;
- un mancato guadagno in corrispettivi per sponsorizzazioni;
- un mancato guadagno in proventi da partite e da competizioni internazionali;
- l’instaurazione di una serie di azioni civili di risarcimento danni contro la società esponente
(intentate da terzi e piccoli azionisti);
- i riflessi gravissimi sul corso azionario del titolo quotato in Borsa.
A questi si aggiungono i danni riflessi (e pur sempre conseguenza dell’indebito agire della
controparte): il danno all’immagine, proprio e del Gruppo di appartenenza, quello dell’abbandono
della Juventus da parte di alcuni dei migliori giocatori e il danno agli investitori del Gruppo di
appartenenza (primario gruppo finanziario-industriale italiano quotato nonché gruppo di primaria
rilevanza internazionale).
Si produce una prima ipotesi sull’entità del pregiudizio economico derivante dalle decisioni della
giustizia sportiva. Questa prima ipotesi (che non può allo stato assumere la veste di vera e propria
stima e previsione in senso tecnico) fornisce comunque ordini di grandezza significativi ed
evidenzia la particolare gravità del pregiudizio in caso di collocamento in serie B.
Si tratta dunque di danni di particolare gravità e intensità (e non esattamente preventivabili, ma
comunque di gran lunga superiori al limite del 10% indicato come riferimento nel motivo
precedente) proprio a causa della irragionevolezza delle sanzioni comminate dall’ordinamento
federale in violazione dei diritti primari sopra indicati. Per tutti questi motivi,
SI CHIEDE
che l’Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio voglia:
previo accoglimento della incidentale istanza di provvedimenti cautelari;
ed ove occorra previa rimessione alla Corte di Costituzione della Comunità Europea delle gestioni
di conformità al diritto comunitario di cui al motivo n. 12, che qui si hanno pur integralmente
richiamate e riprodotte;
accogliere il presente ricorso e per l’effetto:
annullare i provvedimenti impugnati
dichiarare il diritto della Juventus F.C. S.p.A. a partecipare al Campionato Nazionale di calcio di
Serie A, per l’anno 2006-2007
dichiarare il diritto della Juventus F.C. S.p.A. al risarcimento dei danni patiti e patiendi a seguito ed
in conseguenza dei provvedimenti impugnati, che ci si riserva di quantificare in dettaglio nel corso
del giudizio.
Con il favore di spese e onorari di giudizio.
Ai sensi dell’art. 21 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, si procede al versamento del contributo di Euro
500,00 per il ricorso e 250,00 per la proposizione della istanza cautelare.
Torino–Roma, 23 agosto 2006
(Avv. Riccardo Montanaro)
(Avv. Paolo Vaiano)
(Prof. Avv. Stefano Vinti)
ISTANZA DI PROVVEDIMENTI CAUTELARI
Si ritiene di avere dimostrato la grave illegittimità delle decisioni di giustizia sportiva assunte nei
riguardi della Società ricorrente, sia per l’insussistenza di ipotesi di illecito sportivo, sia per la
inammissibile moltiplicazione delle sanzioni applicate. Queste decisioni, come si è detto, producono
alla Società danni gravissimi ed irreparabili, che diverrebbero definitivi con l’inizio dei Campionati
di calcio di Serie A e B, essendo la Juventus obbligata a partecipare al secondo, pur avendo tutti i
titoli sportivi, guadagnati sul campo nella stagione 2005- 2006, per disputare la massima categoria.
La produzione di questi effetti irreparabili è ormai imminente, tenuto conto che l’avvio dei
Campionati è previsto per il 9-10 del mese di settembre 2006.
Si chiede pertanto che il Giudice salvaguardi il diritto oggetto del presente contenzioso, assumendo
un provvedimento di sospensione degli atti impugnati e di ammissione con riserva della Juventus
F.C. al Campionato Nazionale di Calcio di Serie A.
Tale provvedimento non pregiudicherebbe l’irrogazione delle sanzioni eventualmente applicabili,
che potrebbe avvenire anche in un momento successivo; la mancata concessione della tutela
cautelare pregiudicherebbe invece in modo definitivo la posizione della ricorrente, che non potrebbe
neppure essere completamente ristorata da un’eventuale risarcimento del danno, posto che si tratta
di posizioni soggettive sportive, per molti aspetti non risarcibili.
Tenuto conto che la Juventus ha sempre ritenuto e affermato la propria convinzione di dovere essere
sanzionata, al più, come le altre squadre coinvolte nel procedimento disciplinare, la tutela cautelare
necessaria potrebbe essere conseguita anche con una sospensione parziale dei provvedimenti
impugnati, e nella specie della parte delle decisioni delle Corti della F.I.G.C. che hanno disposto la
sanzione della retrocessione all’ultimo posto nel Campionato 2005-2006, con conseguente
retrocessione in Serie B.
In altri termini, ed in conseguenza di questa limitazione dell’intervento cautelare, potrebbe
eventualmente, ed in via subordinata, essere mantenuta la penalizzazione di 17 punti – trattandosi di
sanzione diversa e autonoma – che la Società potrebbe scontare nel Campionato di Serie A; in
questo modo la Juventus sarebbe comunque assoggettata ad una sanzione analoga a quella irrogata
alle altre squadre più penalizzate; e la sua partecipazione al prossimo Campionato avverrebbe in una
quadro di “equità” che è quello cui la Società ritiene di avere diritto, sulla base delle risultanze delle
procedure sportive.
Si confida pertanto nell’accoglimento della presente istanza cautelare.
Torino–Roma, 23 agosto 2006
(Avv. Riccardo Montanaro)
(Avv. Paolo Vaiano)
(Prof. Avv. Stefano Vinti)
RELAZIONE DI NOTIFICA
L’anno 2006, il del mese di agosto, su istanza degli Avv.ti Riccardo Montanaro, Paolo Vaiano e
Prof. Stefano Vinti, io sottoscritto, Assistente U.N.E.P. presso la Corte d’Appello di Roma, ho
notificato il suesteso ricorso con istanza di provvedimenti cautelari dinanzi al T.A.R. per il Lazio:
alla F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, lasciandone copia conforme all’originale alla sua sede, in Roma, Via G.
Allegri n. 14 ed ivi a mani di al C.ON.I. – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in
persona del legale rappresentante pro tempore lasciandone copia conforme all’originale alla sua
sede in Roma, Largo Lauro De Bosis n. 15 ed ivi a mani di al MINISTERO PER I GIOVANI E LO
SPORT, in persona del Ministro pro tempore, lasciandone copia conforme all’originale al suo
domicilio ex lege presso l’Avvocatura Generale dello Stato, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, ed
ivi a mani di
RELAZIONE DI NOTIFICA
L’anno 2006, il del mese di agosto, su istanza degli Avv.ti Riccardo Montanaro, Paolo Vaiano e
Prof. Stefano Vinti, io sottoscritto, Assistente U.N.E.P. presso il Tribunale di Messina, ho notificato il suesteso ricorso con istanza di provvedimenti cautelari dinanzi al T.A.R. per il Lazio: al
FOOTBALL CLUB MESSINA PELORO S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
lasciandone copia conforme all’originale alla sua sede, in Messina, Via Acireale (Z.I.R.), c/o
Palazzo “Gruppo Franza” ed ivi a mani di
RELAZIONE DI NOTIFICA
L’anno 2006, il del mese di agosto, su istanza degli Avv.ti Riccardo Montanaro, Paolo Vaiano e
Prof. Stefano Vinti, io sottoscritto, Assistente U.N.E.P. presso la Corte d’Appello di Milano, ho
notificato il suesteso ricorso con istanza di provvedimenti cautelari dinanzi al T.A.R. per il Lazio:
alla LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI DI SERIE A e B, in persona del legale
rappresentante pro tempore, lasciandone copia conforme all’originale alla sua sede in Milano, Via
Rosellini n. 4 ed ivi a mani di al FOOTBALL CLUB INTERNAZIONALE S.p.A:, in persona del
legale rappresentante pro tempore, lasciandone copia conforme all’originale alla sua sede in Milano,
Via Durini n. 24 ed ivi a mani
Parte 2
Da pag. 8 a pag. 14
_________________________________________
c) si è dunque operato un giudizio sulla base di una “scelta” unilaterale e parziale dei mezzi di
prova, proponendo alle corti della F.I.G.C. una “verità” già preconfezionata sulla base di un preciso
indirizzo; in base al quale sono state scelte le prove conformi, ed escluse quelle non conformi alla
tesi accusatoria.
In questo senso, risulta comprensibile la preoccupazione della Corte Federale di “sminuire” la
portata e il valore della Corte Federale di “sminuire” la portata e il valore delle intercettazioni ai fini
della decisione (a pag. 56, le stesse vengono definite “mera circostanza storica”, che non
acquisirebbe “rilievo quali prove in sé degli addebiti rivolti ai deferiti…’).
La motivazione è palesemente contraddittoria, poiché di fatto le intercettazioni hanno rappresentato
l’unico elemento probatorio assunto e la stessa sentenza d’appello afferma di avere inteso valutare
“nel merito” i contenuti delle intercettazioni, assumendole appieno come elemento probatorio
essenziale.
B) Motivi di ricorso afferenti alla valutazione delle responsabilità della Società e la commisurazione
delle sanzioni.
5) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: artt. l e 6 – Errore di
presupposti e della motivazione – Illogicità e ingiustizia manifesta.
Le motivazioni della decisione d’appello della Corte Federale hanno determinato la sostanziale
conferma delle sanzioni più gravi applicate dalla C.A.F., senza che siano intervenute sostanziali
differenze nella valutazione e qualificazione giuridica dei fatti.
Alla Juventus è stato dunque imputato un unico “illecito sportivo”, di cui all’art. 6 C.G.S., ma non
riferito, come richiederebbe la norma federale, ad uno specifico episodio di “compimento… di atti
diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare… un vantaggio in
classifica…”; si tratta, invece, di una costruzione astratta per la quale “la pluralità di condotte poste
in essere da Moggi e Girando,- anche se singolarmente costituenti soltanto violazione dei principi di
cui all’art. 1 c. 1 CGS, abbiano determinato quella situazione di condizionamento del settore
arbitrale che costituisce l’atto diretto al conseguimento di un vantaggio in classifica” (così la
Procura Federale).
Questa posizione non può assolutamente essere condivisa, sul piano della logica, prima ancora che
della logica giuridica. Al contrario si deve affermare, in termini del tutto ovvi ma decisivi nel caso
di specie, che non è il numero delle condotte che cambia la sostanza e la qualificazione giuridica
delle condotte stesse: e, se ogni singola condotta non realizza l’illecito sportivo, questo non può
ritenersi realizzato anche se quelle stesse condotte vengono .unitariamente considerate.
La Juventus non poteva essere condannata per illecito sportivo, per la semplice e definitiva ragione
che, per stessa ammissione delle Corti della F.I.G.C., tale illecito non ha commesso. Da ciò
consegue il venir meno necessario delle sanzioni più gravi (perdita degli scudetti e retrocessione in
Serie B).
Questa conclusione trova la sua dimostrazione più evidente e clamorosa nella stessa decisione della
Corte Federale, che a distanza di poche pagine fa due affermazioni in totale e palese contrasto tra di
loro.
A pag. 67 la Corte afferma infatti che “merita adesione… la convinzione della compiuta
verificazione dell’esito dell’illecito sportivo, e cioè dell’alterazione della classifica, a vantaggio della
Juventus, del Campionato 2004/2005, per effetto del condizionamento del settore arbitrale”.
Nelle successive pagine si tenta di dare dimostrazione di questo assunto, senza peraltro indicare
neppure una gara il cui risultato sarebbe stato falsato dal presunto condizionamento del settore
arbitrale: e non vi è chi non veda come non vi possa essere condizionamento del risultato, se non
per il tramite, accertato e dimostrato, della intervenuta influenza sul risultato di una o più,
specifiche, partite.
Se questo rilievo sarebbe di per sé sufficiente a sovvertire la valutazione data dalle Corti della
F.I.G.C. – per totale mancanza di prova dell’illecito e del suo “esito” , e cioè l’alterazione della
classifica -la clamorosa contraddizione nella decisione della Corte Federale emerge subito dopo; e
nella specie, a pag. 70-71 della motivazione della Corte, in cui si legge che per tutti gli incolpati
appartenenti alla F.I.G.C. e gli arbitri e designatori non è stata raggiunta la prova della integrazione
dell’illecito sportivo; afferma espressamente la Corte che la presenza di condotte sleali “…non basta
a far presumere che vi fosse il fine palese o occulto di determinare l’alterazione del campionato a
favore della Juventus, soprattutto in assenza di adeguato movente” (pag. 71).
Ma, a questo punto, non comprendiamo più: come può la Juventus avere integrato un illecito
sportivo tale da alterare i risultati sportivi, se i soggetti arbitrali e federali che avrebbero
necessariamente dovuto porre in atto le condotte per falsare il risultato sportivo vengono su questo
punto espressamente prosciolti? Per dire che l’illecito vi era stato e aveva prodotto l’esito
dell’alterazione del risultato, occorrevano non solo dimostrazioni specifiche su singole partite, ma
anche il necessario e preponderante concorso degli esponenti arbitrali e federali: concorso che è
stato del tutto escluso!
L’illecito sportivo ex art. 6 C.G.S. a carico della Juventus è dunque del tutto inconsistente e
contraddetto in modo clamoroso dalla stessa decisione della Corte Federale.
Per l’integrazione dell’illecito, sportivo occorre infatti, a mente dell’art. 6 C.G.S., che gli atti posti in
essere siano idonei ed adeguati a perseguire lo scopo di turbare la regolarità della competizione
sportiva. La C.A.F. e la Corte Federale – che ha tra l’altro escluso
l’integrazione di illeciti sportivi da parte di altri clubs soggetti a procedimento, invece condannati
per illecito dalla C.A.F. – hanno viceversa ritenuto che nessuno dei comportamenti riscontrati, ad
esempio in capo agli arbitri, cioè ai soggetti tramite i quali si sarebbe dovuto conseguire il risultato
illecito, integrasse l’illecito sportivo; anzi, la gran parte degli arbitri ritenuti responsabili dalla
Procura Federale sono stati prosciolti, con ciò minando alla radice l’impianto accusatorio.
Risulta dunque evidente l’errore di valutazione e di motivazione in cui sono incorse le Corti della
F.I.G.C., ritenendo integrato un illecito sportivo che non aveva alcuna idoneità ed adeguatezza,
posto che non aveva effettivamente coinvolto i rappresentanti della classe arbitrale: si trattava
dunque, ancora una volta, di comportamenti censurabili ai sensi del solo art. 1 C.G.S..
Pertanto, anche nella interpretazione dell’art. 6 C.G.S., avanzata dalle Corti, secondo cui sarebbe
possibile un illecito, sportivo per atti idonei e diretti ad “assicurare a chiunque un vantaggio in
classifica”, anche se non vi fosse condizionamento sul risultato di singole gare – e si tratta con tutta
evidenza di una ipotesi difficilmente configurabile o quanto meno marginale – si dovrebbe
riscontrare l’assoluta illegittimità delle decisioni assunte ed impugnate.
Infatti, in questa ipotesi così particolare occorrerebbe una prova particolarmente stringente circa la
direzione e la idoneità degli atti a conseguire un vantaggio in classifica, che non può che passare per
il necessario coinvolgimento dei soggetti che hanno la potestà di determinare tale vantaggio; in altri
termini costruire una fattispecie di “generico vantaggio in classifica” non può tradursi, come invece
è stato nel caso in specie, nel modo per sottrarsi dalla necessità di dare prova della univoca
direzione ed idoneità degli atti ad alterare il risultato sportivo; o nel pretendere di invocare una
motivazione fondata su presunzioni o convincimenti (di per sé labili, transeunti e giuridicamente
irrilevanti) della “opinione pubblica’.
6) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: art. l e 6. -Errore di
presupposti e della motivazione. – Illogicità e ingiustizia manifesta.
La motivazione della sanzione irrogata, contenuta nella decisione della Corte Federale, si presta ad
altre censure.
Viene, anzitutto, richiamato il “carattere stabile e duraturo, nel corso della stagione sportiva
2004/2005, della condotta illecita ed antidoverosa dei due dirigenti”: la definizione di condotta
“illecita” è la conseguenza dell’affermata esistenza di un condizionamento del settore arbitrale, del
conseguimento di un vantaggio in classifica, dell’ottenimento della vittoria in campionato. Il
richiamo alla stagione sportiva 2004/2005, quando si era ormai concluso il campionato successivo,
mostra come la definizione di “stabile e duratura condotta antidoverosa” vada ridimensionata e
rivista alla luce del fatto che, per il campionato successivo, non vi sono state condotte antidoverose.
La definizione di condotta “illecita” non è giustificata dalle risultanze e non è, pertanto, corretta.
Essa si appoggia
- sulla esistenza di un “condizionamento del settore arbitrale”, quando neppure un arbitro è stato
chiamato a rispondere di fatti commessi con i dirigenti;
- su un vantaggio in classifica, che non si comprende come possa esservi, se non vi sono state gare
alterate;
- su una vittoria in campionato che avrebbe motivo di essere contestata soltanto se vi fosse là
dimostrazione di punti sottratti agli avversari con gare alterate.
Dopo aver richiamato le sanzioni inflitte ai sensi delle lettere i) e g) dell’art. 13 C.G.S., la Corte
Federale, infliggendo la ulteriore sanzione di cui alla lettera i), ne tenta una giustificazione
definendola “ragionevolmente affittiva” e sostanzialmente utile per dare “adeguata efficacia anche
deterrente al trattamento (sanzionatorio) complessivo”; ed aggiunge, con un “obiter” per lo meno
inopportuno e stravagante, che i 17 punti di penalizzazione sarebbero “molto prossimi alla
dichiarazione di congruità della pena, resa esplicita in primo grado dal difensore della società, su
espressa sollecitazione del presidente del collegio”.
Evidentemente la Corte Federale non solo non conosce la inesistenza dell’istituto del
patteggiamento nel giudizio sportivo e ancor meno le cautele che una dichiarazione di pena
concordata richiede (non potendo essere proposta se non dall’interessato o da un suo procuratore
speciale); ma non considera il momento processuale nel quale intervenne quel dialogo – del tutto
informale – tra il presidente del collegio ed il difensore.
Preme ricordare che, alla prima richiesta di quale poteva essere un pena congrua, il difensore
rispose che la determinazione della sanzione non era compito suo, ma della C.A.F.; ad una
sollecitazione ulteriore, la risposta fu quella che la pena avrebbe dovuto rispettare un identico
trattamento a quello riservato alle altre squadre deferite, per le quali era stata richiesta dal
Procuratore federale la retrocessione in serie B, con 15 punti di penalizzazione per Lazio e
Fiorentina e di 3 punti per Milan.
E’ la richiesta che è sempre stata formulata, atteso che gli illeciti addebitati alle altre squadre erano
– nel capo di incolpazione formulato dalla Procura federale – più numerosi di quelli addebitati alla
Juventus.
Ora la situazione non è cambiata: a parte Lazio e Milan, per le quali sono state escluse ipotesi di
illeciti, la decisione della Corte Federale chiama la Fiorentina a rispondere di un ben preciso illecito
commesso dal suo presidente onorario, ma infligge una sanzione di molto inferiore a quella inflitta
alla Juventus (per la quale l’illecito sportivo è soltanto una creazione della decisione), perché la
società risponde a titolo di responsabilità oggettiva e non diretta. E ciò perché Diego Della Valle,
presidente onorario della Fiorentina, maggiore azionista e, a quanto risulta dagli atti, personaggio
più rappresentativo della società, non ha la rappresentanza legale della società. Una decisione, della
quale ci rallegriamo, ma che è fondata sulla forma; ci domandiamo se – per chi conosce la tematica
dell’amministratore di fatto – non sia questa una situazione assai peggiore e diversa da quella
ritenuta per il Moggi.
7) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: artt. 1, 2 c. 4 e 6.- Errore di
presupposti e della motivazione.- Illogicità e ingiustizia manifesta.
La difesa della Società ha contestato che i comportamenti del sig. Moggi potessero essere ascritti
alla Juventus a titolo di responsabilità diretta, che l’art. 2 c. 4 del C.G.S. prevede solo per “chi
rappresenta” le Società, mentre per il comportamento dei dirigenti le Società rispondono solo a
titolo di responsabilità oggettiva (e dunque con rilevante riduzione delle sanzioni applicabili).
Il sig. Moggi non era amministratore della Società e non aveva poteri di rappresentanza della stessa,
secondo le previsioni statutarie e le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione. Le Corti della
F.I.G.C. hanno immotivatamente disatteso questi rilievi, decidendo come se la Juventus dovesse
rispondere a titolo di responsabilità diretta, senza farsi carico del problema. La disparità di
trattamento riservata a Juventus appare ancora più evidente, considerando la mancata risposta alla
domanda a quale titolo la società deve rispondere per quanto commesso dal Moggi.
A conclusione della motivazione circa la sussistenza dell’illecito sportivo, la Corte scrive che
“corretta e consequenziale è l’affermazione della responsabilità diretta della società rispetto ai fatti
per in quali è stato ritenuto responsabile il suo rappresentante legale dott.Giraudo” Nulla si dice
circa il titolo per il quale la società dovrebbe rispondere per i fatti ascritti al Moggi, ben diversi da
quelli dei quali deve rispondere il dott. Giarudo.
Il Moggi, autorizzato a rappresentare la società presso le autorità sportive dal “censimento” annuale
(si tratta di un formulario che le società devono restituire alla federazione, indicando le persone
autorizzate a trattare in ambito sportivo), non aveva ricevuto dal consiglio di amministrazione alcun
mandato a rappresentare la società.
Sono stati prodotti i verbali del Consiglio: e si è posto il tema se la responsabilità diretta – proprio
per le sue caratteristiche di palese illegittimità – possa estendersi anche a persona alla quale il
consiglio di amministrazione della società non ha dato alcun mandato di rappresentanza.
Non ci sembrava, francamente, una domanda fuori luogo: una corretta applicazione dei precedenti
giurisprudenziali delle Corti interne alla F.I.G.C. avrebbe dovuto far rispondere di no.
In più occasioni, infatti, la Commissione d’Appello Federale ha precisato che rappresentanza legale
e rappresentanza sportiva, ai fini della individuazione della responsabilità oggettiva delle Società,
sono concetti coincidenti. La statuizione tornava certo utile al momento di punire coloro i quali,
secondo l’id quod plerumque accidit, erano “Presidenti non censiti” e compivano violazioni del
Codice. Ma tale principio, in realtà, è in linea con l’interpretazione costantemente resa dalla Corte di
Cassazione per cui laddove ci si trovi ad applicare norme di propagazione della responsabilità, e
quindi nei delicati temi della responsabilità indiretta e/o oggettiva, occorre preferire interpretazioni
restrittive che non consentano a tale forma di responsabilità di divenire l’aberrazione della pura e
semplice “responsabilità per fatto altrui”.
Perché proprio di questa responsabilità si tratta, come appare chiaramente dalla norma dell’art. 2
CGS, che le pone accanto, come forma minore, la responsabilità obbiettiva.
E se quest’ultima potrebbe apparire giustificata da esigenze repressive, il riferire la responsabilità di
un fatto illecito a chi vi è estraneo costituisce una vistosa, palese ed inammissibile violazione dei
più elementari principi di civiltà, prima ancora che di un chiaro principio costituzionale (art. 27).
Di questo principio ha così scritto la Corte Costituzionale nella sua sentenza 1085/1988: “Perché
l’art. 27 Cost. sia pienamente rispettato e la responsabilità penale sia autenticamente personale, è
indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della
fattispecie siano soggettivamente collegati all’agente stesso (siano cioè investiti dal dolo o dalla
colpa) ed è altresì indispensabile che tutti e ciascuno dei predetti elementi siano allo stesso agente
rimproverabili e cioè anche soggettivamente disapprovati”.
Il principio mette in crisi persino la legittimità della responsabilità obbiettiva, che si ha quando –
come precisa l’art. 42, terzo comma, cod. pen. – vi sia rapporto causale, ma non dolo o colpa; e
conferma che, quando manca anche il rapporto causale, non può esservi responsabilità.
Si rammenta che questi principi trovano piena applicazione anche nei riguardi dell’illecito
amministrativo, in virtù delle disposizioni iniziali e “di sistema” della L. 689/1981.
Moggi, pacificamente, non aveva la legale rappresentanza della Juventus. Spesso agiva come
commerciante in proprio, direttamente o indirettamente tramite la GEA. Non si vede per quale
ragione di diritto la Società esponente debba essere chiamata a rispondere, a titolo di responsabilità
diretta dei fatti di costui.
8 ) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: artt. 1 e 6.- Errore di
presupposti e della motivazione.- Illogicità e ingiustizia manifesta.
Una parte particolarmente grave e criticabile della decisione della Corte Federale è quella in cui si
sostiene che i medesimi fatti potrebbero essere ritenuti rilevanti ed integrare sia la fattispecie
dell’art. 1 C.G.S. (violazione ai doveri di lealtà sportiva) sia dell’art. 6 C.G.S. (illecito sportivo); e
che anzi la difesa della Juventus non avrebbe contestato tale possibilità. La difesa della ricorrente
ritiene questa posizione del tutto errata ed illegittima sia sul piano formale che sostanziale.
Nel tentativo di dimostrare che vi possa essere una doppia rilevanza disciplinare di una medesima
condotta, la Corte Federale scrive che una condotta antidoverosa può essere “considerata una prima
volta atomisticamente in sé, nella prospettiva che essa esprima il valore deontologico di cui all’art. 1
e riguardata cumulativamente ad altre condotte, nell’ottica finalistica che abbia realizzato l’attività
rivolta all’alterazione delle gare, disciplinata come illecito sportivo dall’art. 6″. Chiarisce questa
affermazione scrivendo che l’art. 1 prevede una violazione disciplinare a condotta libera; e
soggiunge che queste condotte possono costituire mezzi idonei per la realizzazione di altre
violazioni, in particolare dell’art. 6, che “potrebbe essere realizzato con una qualsiasi condotta”.
Conclude scrivendo che “nessun diaframma è ragionevole interporre ad una doppia valutazione di
rilevanza di una medesima condotta, sussumendola nei binari di un generale disvalore deontologico
e, in ottica diversa, concependola come ineliminabile tassello nella realizzazione dell’illecito ex art.
6, senza che ciò si traduca, a differenza di quanto sostenuto dalle difese nel corso della discussione
orale, in una (inammissibile) somma algebrica di singole condotte qualificate come antidoverose ex
art. 1 e senza che l’operazione valutativa, di cui si dice, determini l’assorbimento di tali condotte nel
paradigma dell’illecito sportivo con (insussistente) perdita della loro originaria natura e rilevanza
(ed in questo senso va rettificata la motivazione di primo grado, senza effetti quoad poenam, in
difetto di appello)”.
La motivazione della decisione è inutile e sbagliata: inutile, perché non muove dalla necessaria
preventiva dimostrazione della sussistenza, nel caso di specie, delle situazioni tipiche che
costituiscono l’illecito sportivo. Occorreva dimostrare che erano state poste in essere condotte
idonee a determinare alterazioni dello svolgimento o del risultato delle gare o a conseguire un
vantaggio in classifica: ma, dopo aver preso atto che queste condotte non vi erano state, non era
certo sufficiente affermare che vi era stato vantaggio in classifica, senza preventivamente
rispondere alla domanda: quale vantaggio in classifica era stato conseguito in concreto dalla
Juventus e come era stato possibile, nel caso di specie, conseguire tale vantaggio.
Sbagliata, perché se un comportamento antidoveroso contribuisce a realizzare un comportamento di
maggiore gravità esso perde inevitabilmente la sua rilevanza, essendo parte di quest’ultimo. Si pensi
al caso di lesioni ed omicidio: nessuno penserebbe mai di contestare all’omicida il reato di lesioni.
Non esiste un principio della doppia rilevanza disciplinare di una medesima condotta; esiste, invece,
il principio che, se una condotta – già di per sé rilevante – realizza una violazione disciplinare
maggiore, è solo quest’ultima che può essere ritenuta sussistente. In questa situazione si realizza un
passaggio necessario da un minus ad un majus, in quanto risulta offeso, con maggiore gravità, un
medesimo bene. La dimostrazione dell’errore sta proprio nell’affermazione che le violazioni dell’art.
1 costituiscono “un ineliminabile tassello strumentale nella realizzazione dell’illecito ex art. 6″: il
che è assolutamente esatto, in quanto, nel caso di specie, sono stati accertati comportamenti
antidoverosi dei dirigenti, sussumibili nella fattispecie dell’art. 1. Ma, se si vuole dimostrare la
sussistenza di un illecito sportivo solo ed esclusivamente richiamando le violazioni dell’art. 1, si fa
soltanto una somma di condotte antidoverose che non diventano mai un illecito, perché non si
realizzano le situazioni tipiche richieste dall’art. 6. Le quali richiedono, come scrive la stessa
sentenza, la esistenza di condotte idonee e causalmente adeguate a realizzare l’alterazione dello
svolgimento o del risultato delle gare o a ottenere un vantaggio in classifica. Ed allora delle due
l’una: o si ritiene e si dimostra che le condotte dei dirigenti avevano concretamente queste
caratteristiche di idoneità (una dimostrazione che è del tutto mancata), ovvero quelle condotte
restano mere violazioni dell’art. 1.
9) Violazione dei principi generali della giustizia sportiva: art. 30 Statuto F.I.G.C.; “Principi di
giustizia sportiva” del C.O.N.I., approvati con Deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1250 del 22
ottobre 2003 e succ. mod..Eccesso di potere per vizio del procedimento, perplessità, violazione del
principio di terzietà e imparzialità.- Illogicità e ingiustizia manifesta.
La assunzione da parte della Corte Federale di decisioni di secondo grado con modalità e in un
clima non rispondente ai principi che presiedono alla giustizia sportiva è emersa in termini
clamorosi a seguito di dichiarazioni rilasciate da membri della Corte (tra l’altro con tempistica assai
criticabile sul piano, quanto meno, della opportunità, posto che si è ancora in attesa della
pubblicazione delle motivazioni della decisione).
Si è letto infatti di subordinazione delle decisioni della Corte Federale alle pressioni mediatiche e
della piazza, se vere sono le dichiarazioni che un componente della Corte Federale (prof. Serio) ha
rilasciato a Repubblica (si produce estratto del giornale del 27 luglio); comunque esistenza di un
“clima strano”, se vera è la definizione data dal prof. Sandulli dell’ambiente in cui la Corte Federale
ha operato (si produce comunicato Ansa).
Di questa situazione, evidentemente esistente, se ammessa dagli stessi componenti della Corte, può
dolersi la sola Juventus, che è stata l’unica Società a vedersi mantenute le condanne gravissime per
illecito sportivo, invece fortemente ridotte per le altre squadre.
10) Violazione di norme del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.: artt. 1, 2 c. 4, 6, 13.- Errore
di presupposti e della motivazione.- Illogicità e ingiustizia manifesta.
Il dispositivo adottato in sede di appello dalla Corte Federale della F.I.G.C. ha applicato alla
Juventus un cumulo di sanzioni senza precedenti e senza alcuna possibile giustificazione nei
principi e nelle disposizioni che regolano la giustizia sportiva. La Società è stata infatti condannata
a:
…………
…………
Questo elenco, che riproduce la decisione delle Corti, non tiene conto dell’ulteriore e gravissima
sanzione costituita dalla esclusione dalle competizioni UEFA, conseguenti alla perdita dello
scudetto e alla retrocessione.
La necessaria caducazione dell’illecito sportivo, per le ragioni illustrate nei precedenti motivi,
comporta necessariamente una completa revisione e riduzione sostanziale di queste sanzioni. In
questo senso non possono che essere richiamate le sanzioni irrogate alle altre squadre, per le quali
sono state ritenute sussistenti plurime violazioni dell’art. 1 C.G.S. (Lazio, Fiorentina e, in una
successiva decisione della C.A.F., Reggina), alle quali è stata applicata una penalizzazione di punti
in classifica nel campionato 2005-2006 (non tale da determinare la retrocessione in Serie B) e una
ulteriore penalizzazione tra 11 e 19 punti per il prossimo campionato di Serie A.
Il riconoscimento della fondatezza delle censure sin qui dedotte produrrebbe dunque come
necessaria conseguenza l’esclusione della retrocessione in Serie B e la possibilità di partecipare al
nuovo campionato di Serie A, con una penalizzazione (si consideri che tra le sanzioni applicate alla
Juventus vi è già una penalizzazione per il prossimo Campionato di 17 punti).
Questi profili hanno a nostro avviso una importanza decisiva anche ai fini della istanza cautelare
che verrà di seguito proposta:
a) dimostrano l’incongruenza, sproporzione e non equità della sanzione applicata;
b) tracciano una strada che a questa difesa appare del tutto congrua, logica e “giusta” anche per un
auspicato interventi cautelare di Codesto Ecc.mo Tribunale.
* *
Ma anche solo incentrando l’attenzione sul profilo della individuazione e commisurazione delle
sanzioni, la decisione della Corte Federale – e prima ancora quella della C.A.F. – appaiono
assolutamente illegittime ed insostenibili.
I profili di critica e di evidente illegittimità sono molteplici, ma ad essi devono premettersi alcune
considerazioni di ordine generale sul sistema sanzionatorio contenuto nel C.G.S..
Tale sistema suscita gravi perplessità, al punto da fare sospettare della sua stessa legittimità, sotto
diversi aspetti; a titolo esemplificativo si consideri che:
• le sanzioni non sono stabilite tra un minimo ed un massimo; nella specie, per molte sanzioni,
anche gravi, non è previsto un massimo, lasciando alle Corti una inammissibile discrezionalità nella
determinazione della sanzione, priva di un limite edittale; (questo è il caso, ad esempio, dell’art. 13
lett. f, cioè della penalizzazione in classifica)
• l’art. 13 c. 1° è del tutto indeterminato nel prevedere la possibilità di applicare “una o più delle
seguenti sanzioni”, lasciando dunque del tutto illegittimamente all’autorità decidente il compito di
graduare le sanzioni senza alcuna predeterminazione di criteri e di limiti;
PARTE 1…
Prime 7 pagine
———————————————————
IL TESTO DEL RICORSO DELLA JUVE AL TAR
Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Roma
RICORSO
Della JUVENTUS FOOTBALL CLUB , società per azioni corrente in Torino, Corso Galileo
Ferrarsi n. 32, cod. fisc. 00470470014, in persona del suo presidente e legale rappresentante dott.
Giovanni Cobolli Gigli, rappresentata e difesa, tanto congiuntamente quanto disgiuntamente, per
delega a margine del presente atto, dall’ALA. Riccardo Montanaro del Foro di Torino e dagli Avv.ti
Paolo Vaiano e Prof. Stefano Vinti del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo Studio di
quest’ultimo in Roma,
Contro
- la F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, con sede in Roma, in persona del
legale rappresentante pro tempore
- la LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI A e B, con sede in Milano, in persona del legale
rappresentante pro tempore
e nei confronti
- del C.O.N.I. – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO – CON SEDE IN Roma, in
persona del legale rappresentante pro tempore;
- del FOOTBALL CLUB MESSINA PELORO S.r.l., con sede in Messina, in persona del legale
rappresentante pro tempore;
- del FOOTBALL CLUB INTERNAZIONALE S.p.A. con sede in Milano, in persona del legale
rappresentante pro tempore;
Per l’annullamento previ provvedimenti cautelari
- della decisione della Corte Federale della F.I.G.C. di cui al dispositivo in data 25 luglio 2006 e al
Comunicato Ufficiale n. 2/ Cf in data 4 agosto 2006, che ha inflitto sanzioni disciplinari alla
Juventus F.C., sostanzialmente disattendendo le richieste della Società rispetto alla decisione di
primo grado della C.A.F.;
- della precedente decisione della Commissione di Appello Federale – C.A.F. – in data 14 luglio
2006, che ha inflitto sanzioni disciplinari alla Juventus F.C.;
di tutti gli atti presupposti e conseguenti, tra cui in specie;
- il Comunicato Ufficiale del Commissario Straordinario della F.I.G.C. in data 15 giugno 2006, con
cui sono stati abbreviati i termini delle procedure per illecito sportivo, disciplinare e amministrativo,
ed è stata determinata la competenza a decidere il procedimento disciplinare della C.A.F., in primo
grado e della, Corte Federale, in grado d’appello;
- Il Comunicato Ufficiale del Commissariato- Straordinario della F.I.G.C. N.14 in data 16 giugno
2006 con cui è stato nominato il prof. Cesare Ruperto come Primo Presidente della Commissione
d’Appello Federale;
- il Comunicato Ufficiale del Commissario Straordinario della F.I.G.C. n.15 in data 16 giugno 2006,
con cui sono stati nominati sei nuovi membri della Commissione di Appello Federale
- di tutti i provvedimenti connessi e conseguenti della F.I.G.C., ed eventualmente della Lega
Nazionale Professionisti, di data ed estremi non noti, relativi tra l’altro a: assegnazione del titolo di
Campione d’Italia per l’anno 2005-2006; – formazione dell’elenco delle squadre italiane partecipanti
alle competizioni europee UEFA per l’anno 2006-2007; formazione dell’elenco delle squadre
partecipanti al Campionato nazionale di calcio di Serie A 2006-2007;
nonché, ove dovesse occorrere, degli art. 1,2,6 e 18 del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C.
nelle parti che verranno individuate nel testo del ricorso. e per la declaratoria
Del diritto della Juventus F.C. alla iscrizione e alla partecipazione al Campionato nazionale di Serie
A per l’anno 2006-2007;
- del diritto della Juventus F.C. al risarcimento dei danni patiti e patiendi a seguito ed in
conseguenza dei provvedimenti impugnati.
FATTO
La Juventus Football Club è una delle più importanti Società del calcio professionistico nazionale
ed internazionale.
E’ stata fondata nel 1897 e da quel momento non ha mai mancato la partecipazione al massimo
Campionato nazionale del calcio (la serie A).
Nel corso di questi oltre cento annidi attività sportiva, la Juventus ha raccolto il maggior numero di
successi nel Campionato nazionale, conquistando 29 “Scudetti”, oltre a 9 “Coppe Italia”; in
entrambe le competizioni si tratta di un risultato non conseguito da alcuna altra squadra.
In campo internazionale, la Juventus ha ottenuto importanti e prestigiose vittorie, divenendo la
prima squadra di calcio europea a conquistare la vittoria in tutte e tre le competizioni ufficiali
UEFA (“Coppa dei Campioni” – ora denominata “Champions League” – “Coppa delle Coppe”,
“Coppa UEFA”).
Le vittorie principali ottenute in ambito internazionale sono:
- 2 “Coppe Intercontinentali” FIFA (che rappresentano il campionato mondiale per squadre in
clubs).
- 2 “Coppe dei Campioni”
- 3 “Coppe UEFA”
- 1 “Coppa delle Coppe”
- 2 “Supercoppe Europee”
La Juventus ha svolto e svolge una importante attività di formazione di giovani calciatori, nelle
proprie squadre che partecipano a tutte le competizioni nazionali di categoria; nell’annata 2005-
2006, le squadre giovanili della Juventus hanno vinto le principali competizioni nazionali di
categoria (“Primavera” e “Allievi nazionali”); nel totale, il numero di giocatori che la Juventus
forma sul piano sportivo nelle proprie varie squadre assomma a circa 450 elementi.
Nell’anno 2005-2006, la Juventus ha vinto con largo margine il campionato nazionale di serie A,
conquistando il 29° scudetto.
La Juventus ha sempre dato un importante contributo -alla attività delle squadre nazionali di calcio;
si consideri che nella recente vittoriosa finale del Campionato Mondiale di Calcio 2006 in Germania
la Juventus era presente con ben cinque calciatori, nella Nazionale Italiana Campione del Mondo e
tre giocatori nella Nazionale francese seconda classificata; rappresentando senza dubbio la squadra
maggiormente rappresentata al più alto livello nella massima competizione calcistica nazionale.
Da alcuni anni, la Società è stata quotata alla Borsa Italiana, ed ammessa al segmento della Borsa
denominato “Star”, che raggruppa le Società di minori dimensioni, ma di particolare affidabilità,
sulla base di una serie di indici e criteri. Nello scorso mese di maggio 2006, la Juventus si è trovata
coinvolta in una indagine sportiva per presunti comportamenti contrari alle regole dell’ordinamento
calcistico, da parte di un rilevante numero di soggetti, tra cui il proprio Amministratore delegato,
Dott. Antonio Giraudo, e il Direttore generale, Luciano Moggi.
La Società ha ritenuto di rimarcare immediatamente la propria estraneità a qualunque ipotesi di
illecito sportivo, rinnovando rapidamente i propri vertici e dotandosi di un “Codice etico” e di
nuove regole per il controllo interno, conformi al Codice di autoregolamentazione delle Società
quotate.
1- La vicenda disciplinare cui si è fatto cenno è quella che è stata oggetto delle pronunce della
Commissione di appello federale in data 14 luglio 2006 e della Corte Federale in data 25 luglio
2005.
Come è noto, la Corte Federale ha pronunciato una decisione con la quale ha determinato la
“sanzione a carico della società Juventus, con riferimento alla stagione sportiva 2006/2007 nella
penalizzazione di 17 punti in classifica, nella squalifica in 3 giornate di campionato del campo di
gara, nell’ammenda di 120.000 euro, ferme restando le altre sanzioni già irrogate nella decisione
impugnata (quella della C.A.F. in data 14 luglio 2006) per le stagioni sportive 2004/2005 e
2005/2006″.
La C.A.F. aveva così precisato le sanzioni a carico della soc. Juventus: “retrocessione all’ultimo
posto in classifica del campionato 2005/2006; penalizzazione di 30 punti in classifica nella stagione
2006/2007, revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia 2004/2005; non assegnazione
del titolo di campione d’Italia 2005/2006, ammenda di euro 80.000″
In sostanza la Corte Federale si è limitata a ridurre a 17 la penalità di punti in classifica da scontare
nel prossimo campionato ed ha, invece, aggravato pesantemente la sanzione complessiva,
aumentando della metà la sanzione dell’ammenda ed aggiungendo la squalifica del campo per tre
giornate.
Si tratta di sanzioni multiple, gravissime e non giustificate dalla situazione di fatto come infra
precisata, che hanno provocato e provocheranno danni ingenti alla Società ricorrente e che
impongono l’immediata attivazione del presente ricorso avanti alla giustizia amministrativa, al fine
di cercare di evitare almeno i più gravi danni, e nella specie la retrocessione in Serie B. Tale effetto
è conseguibile solo per il tramite di un provvedimento cautelare da parte della giustizia
amministrativa da assumersi con la massima urgenza, essendo ormai imminente l’avvio dei
Campionati nazionali di Serie A e B e la pubblicazione dei relativi calendari.
- I fatti, così pesantemente sanzionati dalle decisioni sopra citate, sono, in sintesi, i seguenti:
A conclusione di una indagine sorta in seguito alla intercettazione di utenze telefoniche del Moggi e
di altre persone, la Procura della Repubblica di Torino richiese ed ottenne dal Gip un decreto di
archiviazione, non . ravvisando ipotesi di reato; ma ritenne opportuno trasmettere copia degli atti al
Presidente della F.I.G.C. Ne derivò una attivazione dell’Ufficio indagini che ritenne, in,
conclusione, di segnalare alla Procura federale i fatti, ravvisando la violazione dell’art. 1006 (si
allega sub 1 e 2 la motivata richiesta della Procura della Repubblica di Torino ed il decreto di
archiviazione del Gip presso il Tribunale di Torino).
Dal 2004 la Procura della repubblica di Napoli conduce una indagine che, partita da ipotesi di
scommesse illegali nel mondo del calcio, si è estesa a dismisura raccogliendo ed utilizzando
intercettazioni telefoniche disposte su tutte le utenze nella disponibilità dei signori Moggi Luciano,
all’epoca direttore generale della soc. Juventus, e Giraudo Antonio, all’epoca amministratore
delegato della stessa società.
Un primo rapporto dei CC di Roma, con la data del 19 aprile 2005, integralmente pubblicato sui
giornali, riferì su migliaia di telefonate – peraltro di contenuto non diverso da quello delle telefonate
raccolte a Torino – intercettate sulle utenze in uso al Moggi, e ciò indusse i CC di Roma a scrivere
che le risultanze investigative avevano consentito di individuare “il sodalizio criminale facente capo
a Moggi Luciano e dedito alla perpetrazione di una molteplicità di reati tutti finalizzati al
raggiungimento di una posizione di assoluto dominio e controllo dell’intero sistema dello sport
calcistico professionistico, inteso sia in termini di struttura istituzionale della F.I.G.C. che di
struttura gestionale, finanziaria e soprattutto sportiva”.
L’attività della Procura di Napoli proseguì (altri due furono i rapporti dei CC di Roma e altre
migliaia le telefonate intercettate e trascritte); cosicché, a conclusione delle indagini, intervennero le
contestazioni che sono allegate sub. 3.
Gli atti raccolti dalla Procura di Napoli furono trasferiti all’Ufficio indagini della F.I.G.C., che,
all’esito di una brevissima attività diretta essenzialmente alla conferma degli atti raccolti dalla
Autorità giudiziaria, ne seguì pedissequamente la impostazione, rilevando la esistenza di
responsabilità di dirigenti di molte altre società Milan, Fiorentina, Lazio), di alcuni organi della
Federazione (presidente e vice presidente) e di alcuni arbitri e designatori; per quanto riguarda
Moggi e Giraudo la relazione conclusiva scrisse che “Giraudo e soprattutto Moggi sono apparsi
come elementi fondanti di quell’associazione che tanto ha influito sul regolare andamento del
campionato di calcio di serie A 2004/2005″.
La Procura federale ha condiviso questo impianto accusatorio ed ha – con riferimento a Moggi e
Giraudo – costruito (al capo 1) un illecito sportivo (art 6 CGS) che sarebbe realizzato dalla somma
di comportamenti contrari alla deontologia sportiva (art. 1 CGS). A questa contestazione facevano
seguito alcune contestazioni specifiche, relative allo svolgimento di quattro partite, due delle quali
avrebbero presentato irregolarità tali da integrare un illecito sportivo (all. 4).
Già nella decisione della C.A.F. queste ipotesi specifiche di illecito sportivo sono venute meno:
infatti, la C.A.F. ha ritenuto di ravvisare, in quegli episodi, soltanto la esistenza di comportamenti
contrari a lealtà e correttezza.
Non solo: ma la decisione della C.A.F. ha anche escluso la esistenza di una qualsiasi associazione,
mettendo in risalto la esistenza di plurimi centri di potere tra loro antagonisti, smentendo la ipotesi
formulata dall’Ufficio indagini.
Non dimeno ha ritenuto condividendo l’impianto accusatorio formulato al capo 1 della Procura
federale, che la pluralità di condotte poste in essere da Moggi e Giraudo, anche se singolarmente
costituenti soltanto violazione dei principi di cui all’art. 1 c. 1 CGS, abbiano determinato quella
situazione di condizionamento del settore arbitrale che costituisce l’atto diretto al conseguimento di
un vantaggio in classifica”.
La critica a questa affermazione, peraltro del tutto ovvia, consiste nell’osservare che non è il numero
delle condotte che ne cambia la sostanza: e, se ogni singola condotta non realizza l’illecito sportivo,
questo non può ritenersi realizzato anche se quelle stesse condotte vengono unitariamente
considerate.
Ma vi è un secondo argomento che nega valore alla sopra riferita affermazione della decisione della
C.A.F.
Essa, infatti, ha dovuto riconoscere che, per la realizzazione di un illecito sportivo, non è sufficiente
una mera condotta finalizzata alla turbativa della gara, ma occorre una condotta idonea e
causalmente adeguata; diversamente non si potrebbe più distinguere il comportamento contrario ai
principi di lealtà, correttezza e probità dall’illecito sportivo e si sanzionerebbe un’intenzione.
Il giudizio sull’idoneità ed adeguatezza causale delle condotte di Moggi e Girando è condizionato
dalla partecipazione di rappresentanti della classe arbitrale, ai quali viene attribuito lo stesso illecito:
infatti non può essere ritenuta idonea una condotta del Moggi che cade nel vuoto e non viene
raccolta da chi potrebbe condividere prima e realizzare poi il risultato voluto.
Nel caso di specie i concorrenti appartenenti alla classe arbitrale non sono stati ritenuti responsabili
di un illecito sportivo, ma di una generica infrazione all’art.1 CGS.
Va, infine, osservato che il vantaggio in classifica non si può distinguere dallo svolgimento o dal
risultato delle gare (la posizione in classifica è frutto di numeri ed i numeri discendono dai risultati
delle gare) che, come si è visto, non hanno mai rivelato presenza di illeciti.
Pertanto, anche per il capo 1 si tratta di mere violazioni dell’art. 1 CGS, così come per le restanti
imputazioni.
3-A fronte di questo ridimensionamento del quadro accusatorio e di una circostanza della quale la
prima decisione ha dato atto, scrivendo che “la Juventus ha tenuto un comportamento processuale
apprezzabile, perché improntato a lealtà e correttezza, ha dimostrato inoltre, con l’opera di
rinnovamento societario già attuata, di riconoscere gli errori commessi nel passato per il tramite dei
suoi dirigenti e di avere iniziato un processo di rigenerazione”, sono state inflitte, direttamente o
indirettamente, tutte le sanzioni previste dall’art. 13 CGS, in un quadro che, come abbiamo visto, la
Corte federale ha ulteriormente ampliato; queste gravissime sanzioni hanno determinato un
rilevante danno economico per il solo fatto di essere state disposte. Ci riferiamo all’esodo di molti
dei calciatori migliori, che non erano disponibili a trascorrere due anni in serie B: infatti la
penalizzazione inflitta può portare alla pratica impossibilità di conseguire nel primo anno un
punteggio sufficiente alla promozione.
Di questi danni la soc. Juventus intende chiedere ed ottenere il risarcimento, attese anche le
disposizioni del secondo comma dell’art. 1 della L 280/2003 che non consentono all’ordinamento
sportivo di pregiudicare diritti soggettivi tutelati dall’ordinamento dello Stato.
Ma prima ancora, la Juventus intende richiedere al Giudice amministrativo il proprio intervento
d’urgenza, al fine di poter comunque partecipare, quanto meno, al campionato nazionale di Serie A,
evitando l’integrazione del danno più grave, in attesa di poter dimostrare, per il tramite del giudizio
avanti alla giustizia amministrativa, l’erroneità ed illegittimità delle sanzioni irrogate e la necessità
di un completo ridimensionamento del quadro sanzionatorio nei riguardi della Società.
La Società ha tentato di utilizzare gli strumenti della giustizia sportiva per verificare la possibilità di
raggiungere una conciliazione con la Federazione, ed ha all’uopo presentato l’istanza di
conciliazione avanti alla camera di Conciliazione e Arbitrato per lo sport del CONI.
Questa iniziativa ha condotto all’incontro presso la Camera di Conciliazione del 18 agosto scorso,
nella quale la Società ha dovuto registrare la indisponibilità della Federazione all’esame di ogni
proposta di conciliazione (si produce il Verbale dell’incontro).
In questi situazione occorre ribadire come i diritti e gli interessi della Società siano gravemente
pregiudicati dalle decisioni assunte dalla giustizia interna della F.I.G.C. e siano in procinto di essere
definitivamente ed irreparabilmente pregiudicati, ove non si intervenga nei termini più immediati,
quanto meno in via cautelare. Si consideri infatti che l’avvio del Campionato nazionale di calcio di
Serie A è fissato per il 9-10 settembre e dunque, prima di quella data, la ricorrente ha necessità di
ottenere un provvedimento giurisdizionale cautelare che le garantisca la possibilità di partecipare al
massimo campionato, pena, la stessa sostanziale inutilità della successiva tutela giurisdizionale,
trattandosi, con ogni evidenza di un danno gravissimo e non riparabile.
Ci si rifà pertanto ai principi fondamentali del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., per riaffermare
la legittima possibilità per ogni soggetto, che stia per subire un danno che ritiene ingiusto, di poter
adire immediatamente l’autorità giudiziaria, al fine di richiedere ed eventualmente ottenere un
provvedimento cautelare, che tuteli il diritto controverso fino alla decisione giudiziaria definitiva.
Nel caso di specie, la giurisdizione su questa domanda spetta invia di giurisdizione esclusiva al
giudice amministrativo, ai sensi del combinato disposto degli artt.1 e3 della L.280/2003; e deve
essere attivata nelle forme previste dalle norme che regolano la giustizia amministrativa, e dunque
con un ricorso ai sensi dell’art. 21 L. 1034/1971 e succ. mod. nell’ambito del quale venga pure
proposta la domanda cautelare.
I motivi su cui si fonda il presente ricorso sono i seguenti:
DIRITTO
A)Motivi di ricorso afferenti la costituzione e la procedura delle Corti- di giustizia sportiva della
F.I.G.C.
1)Violazione degli arti. 24,97 e 111 della Costituzione; violazione del principio generale del giudice
naturale precostituito per legge
- Eccesso di potere per errore e difetto di istruttoria, dei presupposti della motivazione. Illogicità e
ingiustizia manifesta
- Violazione – dell’art. 3 L. 241/1990.
Tutta la procedura svolta avanti alla giustizia sportiva della F.I.G.C. è gravemente illegittima, in
quanto viziata nei seguenti atti afferenti la costituzione della Commissione di Appello Federale:
- il Comunicato Ufficiale del Commissario Straordinario della F.I.G.C. n. 14 in data 16 giugno 200,
con cui è stato nominato il prof. Cesare Ruperto come Primo Presidente della Commissione
d’Appello federale;
- il Comunicato Ufficiale del Commissario Straordinario della F.I.G.C. n.15 in data 16 giugno 2006,
con cui sono stati nominati sei nuovi membri della Commissione di Appello Federale.
Entrambi questi atti sono gravemente illegittimi, per violazione dei principi fondamentali richiamati
in epigrafe, in quanto adottati dopo la procedura di indagini a carico dei soggetti poi sottoposti a
procedimento disciplinare era stata da tempo avviata ed era ormai prossima alla conclusione.
Si consideri, a questo proposito, che le nomine precedono di soli tre giorni la Relazione finale
dell’Ufficio indagini (19 giugno 2006) e di pochi giorni in più il deferimento da parte del
Procuratore Federale (22 giugno 2006).
Si può dunque dire che gli atti di nomina impugnati hanno inteso costituire un giudice “speciale”,
appositamente nominato per il processo sportivo di cui è causa, in aperta violazione dei principi
generali richiamati.
A ciò si aggiunga la considerazione che, per gli elementi a disposizione di questa difesa, la stessa
motivazione utilizzata negli atti di nomina è inidonea a sostenere la legittimità; gli atti del
Commissario sono infatti motivati esclusivamente con riferimento alla decisione del Consiglio
Superiore della Magistratura di inibire gli incarichi nella giustizia sportiva ai Magistrati in servizio.
Tuttavia, questa motivazione è del tutto insufficiente ed inidonea, in quanto la C.A.F. manteneva un
numero di membri ben superiore a quello minimo previsto per la sua operatività e poteva dunque
affrontare i processi sportivi in questione senza dover essere necessariamente integrata (e anzi, di
fatto, sostituita).
Manca altresì completamente la motivazione in ordine alla scelta dei soggetti, ai criteri all’uopo
utilizzati e al possesso di requisiti di competenza specifica nella materia.
Sul punto, la questione è stata posta alla Corte Federale, che ha dato una risposta che non può
assolutamente essere condivisa.
Afferma la Corte (pag. 53 della decisione) che il Commissario avrebbe bene operato, nel non
adottare alcun criterio di scelta dei nuovi membri, in quanto non a ciò tenuto dalle norme federali
(che la stessa Corte Federale ritiene sul punto abbisognevoli di riforma…).
Al di là della mancanza nella nonna federale di una espressa previsione, l’obbligo di fissare e
rispettare criteri e di introdurre una idonea motivazione deriva da principi generalissimi (art. 97
Cost.; art. 3 L 24111990) che la F.I.G.C. non può ignorare e al cui rispetto è sicuramente tenuta.
2) Violazione degli artt. 30 c, 5, 31 c. 1 e 32 dello Statuto della F.I.G.C., degli artt. 25 c. 6 e 37 c.
del Codice di Giustizia Sportiva, nonché del principio di immodificabilità del “giudice naturale
precostituito”.
Tutta la procedura sanzionatoria svolta avanti agli organi di giustizia sportiva della F.I.G.C. è
illegittima per essere stata sottratta alla competenza di primo grado spettante, ai sensi delle norme
epigrafate, alla Commissione Disciplinare in materia di illeciti disciplinari asseritamente commessi
da soggetti non qualificabili come Dirigenti federali e dell’esclusiva competenza funzionale della
suddetta Commissione a conoscere delle sanzioni irrogate a seguito dell’accertamento di eventuali
illeciti sportivi (art. 6 C, G, S.).
La C.A.F. e la Corte Federale hanno ritenuto di assumere la competenza per la presenza, tra gli
incolpati, di dirigenti federali, sulla scorta di quanto disposto, in via preventiva, dal Comunicato
della F.I.G.C. n. 12del 15 giugno 2006.
Questo modo dii procedere e la relativa motivazione sono errati almeno per due ragioni:
a) nessuna disposizione del C.G.S. prevede l’attrazione alla competenza di primo grado della C.A.F.
in caso di procedura relativa a clubs e tesserati, ove vi siano anche dirigenti federali tra gli incolpati;
b) in ogni caso, al momento di apertura del procedimento, non vi erano più dirigenti federali tra gli
incolpati, essendosi tutti dimessi, per cui veniva comunque meno la ragione di competenza della
C.A.F. nei loro confronti.
Anche su questo punto, le motivazioni assunte dalla Corte Federale (pag. 55 – 56 della decisione
d’appello) non possono essere condivise. Viene infatti, del tutto a sproposito, citata la normativa
relativa alla “vis actractiva esercitata dall’organo di giustizia sportiva di grado superiore rispetto alle
astrattamente ipotizzabili competenze di giudici appartenenti a Leghe di grado inferiore, fissato
dagli artt. 37, comma 1, e 28, comma 7 C.G.S….”.
Si tratta, con tutta evidenza, di un principio che non ha nulla a che vedere con il caso in esame: qui
non vi era questione di giudici di “Leghe di grado inferiore”, ma della ordinaria competenza della
Commissione Disciplinare per i giudizi relativi alla disciplina dei clubs e dei tesserati; competenza
di natura funzionale, ‘che nessuna norma consente e prevede di derogare.
Il C.G.S. prevede solo la competenza della C.A.F. in primo grado nei confronti dei procedimenti
disciplinari riguardanti i dirigenti federali, ma nessuna disposizione prevede e consente la modifica
delle competenze statuite per clubs e tesserati; è indubbio che una siffatta modifica avrebbe dovuto
essere stabilita a livello normativo generale.
Va da sé che tale modifica non può essere legittimamente stata determinata dal Comunicato n. 12
del Commissario della F.I.G.C., che non aveva questa volontà e non ne possedeva i requisiti formali
e procedurali.
3) Violazione del principio del contraddittorio. Violazione dell’art. 30 c. 1 e c. 2 dello Statuto della
F.I.G.C. , dell’art. 7 dello Statuto del C.O.N.I. – Eccesso di potere per errore e difetto dei
presupposti, dell’istruttoria, della motivazione – Illogicità e ingiustizia manifesta.
- Con il provvedimento di cui al Comunicato Ufficiale del Commissario Straordinario della F.I.G.C.
n. 12 in data 15 giugno 2006, sono stati abbreviati i termini delle procedure per illecito sportivo,
disciplinare e amministrativo; nella specie tali termini sono stati praticamente e irragionevolmente
dimezzati, con provvedimento reso quando era già avviato l’iter della procedura di indagine e volta
all’applicazione delle sanzioni; e ciò nonostante la natura della controversia, la sua complessità, il
numero di parti coinvolte, gli interessi in gioco, etc. richiedessero maggiore approfondimento e
tempo rispetto ai termini ordinari (che si sarebbero dovuti quindi allungare e non abbreviare).
La riduzione dei termini è stata approvata dal Commissario Straordinario richiamando l’ars. 29 c. 11
del C.G.S.; questa disposizione – che di per sé risulta sospettabile di illegittimità alla luce delle
norme dello Statuto della F.I.G.C. sulla giustizia sportiva, che caratterizzano il C.G.S. come una
norma federale, di spettanza dell’organo assembleare – è stata per di più, illegittimamente applicata
nel caso di specie:
- non è stata previamente comunicata né agli Organi di giustizia né alle parti, come imposto dalla
norma stessa;
- non è stata motivata con riguardo alle ragioni astrattamente indicate dalla norma;
- ha fatto riferimento a procedimenti per illecito “da celebrarsi”, quando ancora si era nella fase
delle indagini da parte dell’Ufficio Indagini, con ciò indebitamente anticipando e condizionando
l’esito delle indagini stesse e dell’attività del Procuratore Federale.
4) Violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 15 Cost. – Violazione dell’art. 30 dello
Statuto F.I.G.C. – Eccesso di potere per errore e difetto di istruttoria, dei presupposti, della
motivazione, travisamento – Illogicità e ingiustizia manifesta.
Si deve censurare l’indebita utilizzazione nel procedimento disciplinare sportivo di intercettazioni
telefoniche acquisite in (e relative a) altro procedimento.
Questa modalità costituisce una grave violazione delle garanzie costituzionali di cui alle norme
epigrafate, in quanto la limitazione alla segretezza delle comunicazioni personali, prevista dalla
Costituzione (art. 15 c. 2) solo a seguito di una previsione di legge, nell’ambito esclusivo dei
procedimenti penali e sulla base di ipotesi e guarentigie specifiche, viene qui utilizzata al di fuori
delle ipotesi previste dalla legge e senza alcuna copertura legislativa.
In questo senso, risulta assolutamente incongrua la parte della decisione della Corte Federale (pag.
56) in cui si afferma che le intercettazioni sarebbero legittimamente acquisibili ed utilizzabili in
quanto “atti dei procedimenti penali ai sensi dell’art.2 c. 3 della L 401/ 1989.
La circostanza che le intercettazioni, in quanto facenti parte del fascicolo penale, siano acquisibili
non dimostra infatti che siano utilizzabili, al di fuori delle garanzie stabilite dal processo penale.
Tant’è vero che l’utilizzo delle – intercettazioni telefoniche è prevista solo per specifici reati, non
potendo essere applicato al di fuori di questa previsione:
In ordine alla inutilizzabilità delle intercettazioni in ambito di procedimento disciplinare, cfr. Cass.
SS.UU., 12 giugno 1998 n. 5895.
A ciò si devono aggiungere al-, tre considerazioni altrettanto importanti, nel senso della parzialità
ed inattendibilità dell’attività di indagine e giudizio da parte degli organi della F.I.G.C.:
a) le intercettazioni ritenute rilevanti sono state solo una minima parte di quelle disponibili;
b) di fatto, è stata impedita qualsiasi possibilità di valutare i comportamenti dei soggetti indagati nel
loro complesso, posto che non ‘è stato dato ingresso alle altre intercettazioni, né ad altri mezzi di
prova;
Ovviamente il link non funziona…
La propongo pure io una lettura straordinariamente attuale che racconta come teoricamente ci si possa difendere dalle ingiustizie che possono capitare a tutti ma che finiscono per capitare, chissà mai perchè, sempre allo stesso soggetto.
Un formidabile libretto del 2006 i cui dettami andrebbero però portati coraggiosamente un “tantino” più a compimento. Altrimenti si finisce come quei credenti che hanno un Vangelo, un Corano, una Bibbia ma lo tengono rigorosamente dentro ad un cassetto per consuetudine.
http://download.ju29ro.com/ricorsi_tar/Ricorso_Juventus_al_Tar_(ritirato).pdf