Sono già cinque anni. Davide Astori morì, di cuore, la notte del 4 marzo 2018 in una camera d’albergo a Udine. Ne aveva 31. Era il capitano della Fiorentina. Era un pezzo di pane che il ruolo di difensore costringeva a essere di ferro. Quando scocca il minuto 13, il numero di maglia che portava, il Franchi si ferma. Caschi il mondo. Applausi e tutti in piedi.
La ricorrenza ha coinciso con la sfilata del Milan. Da lassù, l’avrà seguita e ne avrà sorriso, fiero: 2-1 per i suoi Golia. Nella ripresa, i gol: Nico Gonzalez su rigore (netto, di Tomori su Ikoné); Jovic, di crapa, al culmine di un gran contropiede e un gran cross di Dodò, tra i migliori con Amrabat, Cabral, Igor, Nico e Terracciano; quindi Theo Hernandez, di forza, agli sgoccioli degli sgoccioli.
Partita tosta, bella vittoria: con Italiano in cattedra a disegnare calcio normale, cioè moderno, e Pioli a rincorrere il Diavolo che le aveva date alla Dea. Mancava Krunic; mancava, soprattutto, Leao. Quando c’è, lo manderesti spesso a quel paese; ma quando non c’è, uhm. Sono dettagli, come gli impegni in agenda (Sivasspor, Tottenham): ognuno ne faccia l’uso che crede.
Sino al 49’, Fiorentina al dente: padrona del ring. E Milan tristemente a rimorchio, salvato dai tuffi di Maignan e dalla spaccata di Tomori (su Bonaventura). Poi, un quarto d’ora vintage dei campioni. E qui bravo Terracciano su Giroud e Theo. Dalla panchina sono usciti Jovic e un bouquet di pesi massimi: Ibra, Origi, Bakayoko. La scossa l’ha data il «medio» serbo. Di De Ketelaere mi sovvengono tocchi vaghi: eppure giocava nel suo ruolo, da trequartista. Di Tonali e Junior Messias, ancora meno.
Era reduce da tre successi, il Milan. E dal rotondo 3-0 di Verona, la Viola. Sull’1-0, per la cronaca, il Var ha salvato Di Bello dal linciaggio. Aveva colto un mani-comio di Cabral e decretato un penalty pro Milan. Era testa, invece. Evviva il doppio arbitro.
Logan guarda che li stiamo aspettando ancora.
Verso l’85’ scateniamo l’inferno.
Siamo nettamente superiori, ma li abbiamo aspettati per sessanta minuti. Maledetto pagliaccio rubastipendio.
Ma per carità.
Sembra che dormano, o che non gliene freghi una mazza.
La ascolto via etere, maaa il gol non lo avremo mica preso in contropiede vero?
Bisogna fare molto di più per vincerla e la Roma adesso è in fiducia
Eh la passività prima o poi paga.
Il polacco, tanto per cambiare, poteva far meglio.
https://youtu.be/ON-Z48bJ9ow
A Maifredi remarono contro, a quanto pare.
poi ce la prendiamo con vlahovic, povero cristo…
No, l’attacco questa volta non viene dai nemici ma si tratta di un fatto ancor più grave e cioè è fuoco “amico”, italiano. Infatti, dietro all’Economist c’è la finanziaria di casa Elkann, la Exor.
Gli stessi Elkann che tramite Gedi controllano Repubblica e La Stampa. Indubbiamente si tratta di un delitto ben congeniato. Si spara nel mucchio sul modello del settimanale tedesco Stern specializzato in P38, spaghetti & mandolini per colpire qualcuno, dargli un avvertimento neppure tanto occulto.
Elkann ha dimostrato tutto il suo ingrato disamore per l’Italia, tanto che ora, per dirne una, la Fiat Chrysler Automobiles è una società italo – statunitense di diritto olandese che fa capo a Stellantis. Elkann.
Naturalmente si è puntato il dito contro la Procura di Torino e la FIGC, cosa del resto a cui siamo purtroppo abituati, ma nessuno si è soffermato sul fatto che questa volta, come per calciopoli, anzin oltre, direttamente un italiano, seppur dal cognome strano infarcito di k e nato a New York, come da tradizione radical–chic. Il messaggio aveva come destinatario l’ultra noto Andrea Agnelli.
La Juve ha dimostrato che con i cambi riesce a dare la svolta alla partita o almeno così dicono. Si vede che anche merdigno ci crede e si tiene abraham in panchina. La partita vera comincerà al 70 esimo.