Svuotato come una vescica dal 7-0 del Liverpool al Manchester United – e senza più Cristiani Ronaldi a garantire alibi (e non più albi) d’oro alle lavagne di ten Hag – mi sono accostato a Roma-Juventus con i rutti vulcanici di un Gargantua. «Il calcio, scriveva Gianni Brera, è logico, sì: ma solo a posteriori».
Traslocare da una cascata di adrenalina a damigiane d’oppio aiuta la pennica. L’Olimpico pieno e la partita vuota, ritmi da struscio, tra Dybala ondeggiante e Di Maria bordeggiante. Eppure la locandina recitava Mourinho, sospeso dalla sospensione, contro Allegri: i pontefici massimi della chiesa «gestatoria».
Volatine di Spinazzola, spuntini di Kostic. Mou aveva rinunciato ad Abraham, con Wijnaldum incursore (molto in teoria). Il centrocampo era una selva oscura. Un tiro dell’Omarino deviato da Szczesny, gli inserimenti dei mediani dall’altra parte. Saltuari e velleitari, tranne uno: testa di Rabiot, su cross di Danilo, piede di Rui Patricio e palo. Dal taccuino: un tempo di noia moraviana, come se avessero ingessato le squadre.
Alla ripresa, non poteva non succedere qualcosa. Difatti. Mentre Madama giochicchiava, un destro di Mancini (ossimoro) squarciava il nulla: 1-0. Non meritava di perdere, la Vecchia, né la Lupa di vincere, se consideriamo anche il palo (esterno) di Cuadrado, su punizione, e l’auto-legno del Mancio. Tre in tutto. Come i difensori: troppi. Mou alzava un muro spesso, salvo togliersi lo sfizio di chiudere con Abraham e Belotti. Volava Rui Patricio su Di Maria (ops), Szczesny su Smalling. Entrava Chiesa, il cui ruolo di «giovane Altafini» mi sembra francamente un lusso. Vlahovic era prigioniero di tutti e di tutto, a cominciare da sé stesso. Pogba era la carta dell’azzardo estremo. Il rosso di Kean, un atto di isteria allo stato puro.
Calcio lento e antico, con Mou vittorioso per corto muso e lunghe chiappe, la specialità del rivale. C’era una volta.
La morte (e non solo la vita) è la misura di chi siamo. La morte e come viene celebrata. Quando cadono i filtri e le ipocrisie. E resta quello che conta. Due mesi fa Gianluca Vialli ci lasciava. In una data, il 6 gennaio, che per gli altri era un giorno di festa. Aveva combattuto a viso aperto. Era cresciuto con questi valori. Li conservava dentro di sé, senza bisogno di ostentarli che altrimenti si scolorano. Avrebbe lottato qualunque fosse stato l’esito finale. Nella battaglie, come nello sport, vincere non è la cosa più importante. E neanche l’unica che conta. Un fuoriclasse lo riconosci da come perde. Tutti abbiamo le mani pronte ad alzare le coppe, pochi sanno tenerle in basso per applaudire chi è stato più bravo di noi.
C’è chi se la prende con il destino. E chi sbraita. Vialli non amava gli eccessi. Per questo era esuberante e innamorato della vita. Il suo addio al mondo è stato un elogio alla sobrietà. Il commiato in una sera londinese piena di dignità e gratitudine. Moglie, figlie, genitori e amici. Niente telecamere, niente foto, neanche rubate. Una scelta condivisa con i suoi cari. Il timbro nobile di un uomo e della sua famiglia. Un lascito che resterà più dei suoi tanti gol e delle coppe conquistate. Qualche giorno prima l’addio nella sua Cremona. Con una città che ha rispettato il suo passo lieve nell’uscire dal campo. Non è stato un sottrarsi, magari snob, all’abbraccio di chi l’ha osannato e l’ha seguito negli stadi del mondo. Ma un invito a riflettere. A dare voce al silenzio. Lui che non è mai stato un personaggio schivo. Che amava le compagnie e gli scherzi. Solo così aveva imparato a distinguere le stanze di un’esistenza degna di essere vissuta. Per ricordarlo davvero non ci sarà bisogno di cercare qualche video su Internet. Basterà chiudere gli occhi e sentire la brezza di una sera inglese. Il profumo dei fiori e il sussurro di una preghiera. «In questo frastuono è rimasta un’idea, un’eco nel vento».
——————–
Carlo Baroni, Corriere della Sera
Scritto da Riccardo Ric il 7 marzo 2023 alle ore 12:52
Che se rigiocassero oggi magari lo United vince sul Liverpool è possibilissimo: è il 7-0 che è del tutto anomalo, e che, purtroppo per lo United, rimarrà “storico”
Concordo alla lettera con Ric.
Soprattutto quest’anno era prevedibile che sarebbe stato tutto un po’ anomalo ed infatti….
Con #Allegri: 43 partite e 28 gol ⚽
▪️Con #Sarri: 46 partite 37 gol ⚽
▪️Con #Pirlo: 44 partite 36 gol ⚽
Scritto da mike70 il 7 marzo 2023 alle ore 12:17
SONO i numeri di CR7
Con #Allegri: 43 partite e 28 gol ⚽
▪️Con #Sarri: 46 partite 37 gol ⚽
▪️Con #Pirlo: 44 partite 36 gol ⚽
Scritto da mike70 il 7 marzo 2023 alle ore 12:17
SONO i numeri di CR7
al calcio non si applica la proprietà transitiva. E’ una delle peculiarità. Se Liverpool e MU rigiocassero oggi, magari vincerebbe la seconda, vai a sapere.
Scritto da Riccardo Ric il 7 marzo 2023 alle ore 12:52
tra l’altro il primo tempo è stato molto combattuto con, volendo, una leggera preferenza per lo Uniited…
A occhio parrebbero i numeri di CR7
Scritto da Andrea il 7 marzo 2023 alle ore 12:26
E’ che quando c’é Allegri pensano tutti troppo alla gnocca, a partire dall’allenatore.
Scritto da ezio maccalli il 7 marzo 2023 alle ore 11:52
al calcio non si applica la proprietà transitiva. E’ una delle peculiarità. Se Liverpool e MU rigiocassero oggi, magari vincerebbe la seconda, vai a sapere.