In alto i calici, come scriveva Gianni Brera, per il Napoli campione d’Italia con largo anticipo sulla cronaca (cinque giornate, addirittura) e bizzarro ritardo sulla storia (33 anni e cinque giorni). E’ il terzo scudetto, il primo della modernità ; il primo, soprattutto, dopo Diego Armando Maradona. Inutile cercare di liberarsi da quei lacci, da quelle catene: a parte il fatto che nessuno vuole, Diego che incombe non sarà mai un peso, una barriera. Al contrario: un confine, un ponte. Una bilancia: per pesare chi eravamo «con» e cosa siamo diventati «senza».
Dedico, al titolo del Napoli, il pronostico che scrissi il 12 agosto 2022, su «Eurosport», a mercato ancora aperto: quinto, dietro Inter, Milan, Roma e Juventus. Con questa motivazione: «Via Koulibaly, Fabian Ruiz, Insigne e Mertens. Dentro Kim, Olivera e Kvaratskhelia. Aspettando Simeone e Raspadori. Rimane competitiva, la rosa, anche se, sulla carta, un po’ meno. Spalletti è abituato a sopire e forgiare. De Laurentiis non è un mecenate alla Moratti, ma Napoli e Bari (da pattugliare) non sono pesi piuma».
Vedi Napoli e poi. E poi tante cose, troppe cose. Non so se ci abiterei (o ci avrei abitato, ormai), ma ogni volta che ci capitavo mi sentivo felice e spensierato prigioniero di un presepe così incasinato di marmitte e Capodimonti. Tanto, me ne sarei andato. Tanto, sarei tornato.
Napoli. Il taxi di Armandino, i libri di Franco Esposito (ormai vicini al numero degli scudetti della Vecchia), la Costiera amalfitana che Romoletto Acampora mi «offrì» in cambio dei servizi mondiali che, nel 1986, gli avevo inviato dal Messico. Le sgommate di Antonio Corbo. Le notti alla «Sacrestia» conversando con le sigarette di Bruno Pesaola, dalle cui cicche spuntavano ciglia boscose e battute taglienti. Carletto Iuliano, l’addetto stampa che ci marcava stretto, e talvolta ci soffiava pure una notizia. Le processioni al San Paolo con Rosario Pastore, Francesco Rasulo e Mimmo Malfitano, riti laici di una religione che ci divideva senza che le moviole rigassero la stima (la mia, almeno).
E, a livello più nobile, più colto, le baruffe che, nel Novecento, coinvolsero e opposero, sul piano tattico, la scuola napoletana di Antonio Ghirelli e Gino Palumbo alla scuola italianista (e padana) di Brera. Calcio d’attacco contro calcio di attesa e di difesa. Altro che i vaffa di Antonio Cassano alla «Bobo tv», o i tribunali sommari dei social: volavano schiaffi veri, a quei tempi, e ci si scannava in punta di concetti, di elzeviri.
Ottavio Bianchi e Alberto Bigon appartenevano all’italianismo caro al Grande lombardo. Le loro avventure – tribolate perché gloriose, gloriose perché tribolate – sono state scolpite dal genio di Diego, senza il quale sarebbe stato impossibile arrampicarsi in cima ai sogni. Aurelio De Laurentiis è il presidente che ha portato il cinema nel calcio e il calcio nel cinema. E’ un mercenario, non un mecenate. Possiede il Napoli, che raccolse nel 2004 dalle macerie del fallimento, e, dal 2018, vi ha aggiunto il Bari. L’ala oltranzista lo chiamava «o’ pappone»: il podio non bastava, i mercati si fermavano sempre a un pelo dalla libido. Dalla serie C al paradiso: e adesso?
Allo scudetto, Napoli e il Napoli sono arrivati per gradi, grazie a un disegno «intellettuale», direi, come è facilmente riscontrabile dalla staffetta degli allenatori: Walter Mazzarri, con i primi ottavi di Champions, poi Rafa Benitez, Maurizio Sarri e il sarrismo da Treccani, Carletto Ancelotti, Rino Gattuso e, last but not least, Luciano Spalletti. L’abate di Certaldo («una carriera in autostop» parole sue), metà flusso metà russo. Quello che crollava sempre nei gironi di ritorno. Quello che all’Inter arrivava al massimo quarto. Quello che aveva amputato di brutto la carriera di Francesco Totti.
Veniva da un biennio sabbatico (anche qualcun altro, ma evidentemente…), e da un terzo posto che era sembrato, lì per lì, più una baionetta mozza che una spada sguainata in segno di sfida. Sarà stato pure un campionato opaco, condizionato dai balletti della giustizia sportiva, con la Juventus al muro e le plusvalenze nel mirino (persino Victor Osimhen); la concorrenza sarà stata fragile, o comunque non straripante (cinque semifinaliste in Europa, però). Tutto quello che vi pare. Ma vi raccomando: miglior attacco, miglior difesa, capocannoniere (Osimhen, e chi se no? 22 in totale, compreso il suggello in Friuli). Il Napoli di Spalletti ha divorato il calendario; ha inflitto distacchi bulgari, come se fosse una tornata elettorale e non un rodeo; ha bucato solo in Coppa Italia, con la Cremonese, e in Champions, per il «fuoco amico» del Milan.
Tre, dunque: 1987, 1990, 2023. L’ultimo esterno al triangolo Juventus-Milano-Roma risaliva al 1991, alla Sampdoria di Gianluca Vialli e Roberto Mancini. Nel quadro pittato da Edy Reja Spalletti, da agosto a maggio, da Verona a Udine, spicca la bellezza del gioco. L’ho già scritto e lo ripeto: mi piacerebbe che la squadra del mio cuore danzasse al ritmo di Stanislav «Robotka» e sulla cresta dell’onda del Totem africano, con i dribbling di Kvara-chi? a unire l’epopea della scapigliatura al doppiopetto serioso e seriale delle lavagne.
Scelto per scegliere, Cristiano Giuntoli non poteva scegliere meglio. Formazione facilmente riconoscibile – Meret; Di Lorenzo, Rrahmani, Kim, Mario Rui; Anguissa, Lobotka, Zielinski; Lozano (Politano), Osimhen, Kvaratskhelia. E dalla panchina, miniera preziosa, i gol del Cholito Simeone, del macedone Elif Elmas e di Giacomino Raspadori, bolognese di Bentivoglio, autore della rete che sancì la presa della Bastiglia sabauda. Come modulo, un 4-3-3 aggressivo, armonico e ormonico. Stile Liverpool etichetta 2019. Mi chiedessero uno slogan riassuntivo, direi: la partita la faccio io. Che è poi l’esperanto del calcio trans-nazionale, come ha dimostrato lo stesso Napoli, dal Liverpool all’Eintracht, sino alle folate di Rafael Leao.
I sociologi ci racconteranno il significato antropologico dell’impresa. Gli scrittori ci spiegheranno cosa significa per la pancia di Napoli un’anima capace di volare ad altezze così ardite. Gli economisti ci rammenteranno che non è con i successi sportivi che si risana la malsanità o si batte la Camorra. Vi giro, in merito, il celeberrimo duetto fra il pastore sardo e l’inviato della Rai nell’aprile del 1970. Domanda: «Mi scusi, cosa le viene in tasca se il Cagliari vince lo scudetto?». Risposta: «Mi scusi, cosa mi verrebbe se non lo vincesse?». I tifosi si conteranno e si tireranno dietro il solito arsenale di petardi curvaioli, fra pizze, mandolini e Funiculì-funiculà , terroni e polentoni, scudetti a casa Cupiello e Giuliette zoccole.
Anche se sono di parte, non sempre giusta come tutte le parti, chapeau.
ADL domani siederà sul trono e sarà incoronato dal Vescovo di Napoli. Questo per protestare contro Re Carlo III d’Inghilterra che ha osato oscurare la “festa del popolo” …
Non farò un solo complimento a ste merde.
No Fabrizio, la permanenza di Cherubini si spiega con lar ricompensa data ad un infame da parte di JE
Scritto da Giovanni il 6 maggio 2023 alle ore 12:39
Può essere Giovanni, purtroppo. Che sia per questo o per semplice sciatteria / disinteresse, lo scenario é brutto.
Scusate ma questo tweet mi ha divertito troppo
https://twitter.com/RubertiSimone/status/1654767868867747843
Touchè un caxxo, Causio. Loro, per rinfacciare questa cosa, si attaccano, come sempre, a regolamenti stravolti (intervallo di ore a Perugia, mai successo prima e dopo e non lecito, diciamo così), Noi gioiamo per un fatto di campo, nel quale loro si son dimostrati, come quasi sempre, inferiori. Non confondiamo la merda con la cicoccolata.
Scritto da De pasquale il 6 maggio 2023 alle ore 12:08
Touche’ Depasquale,
In effetti il Calori lo avvertii, così come il 5 maggio lei avverti,’ complice il ponentino, un po’ … Gresko alle spalle…
Si si scrivi scrivi…
Lazio Inter 4 a 2, solo voi potevate perdere con uno stadio a favore e con una squadra senza motivazione
Mah secondo me sta roba di digibits era tarocca dall’inizio. L’hanno usata per iscriversi e lo sponsor (finto) si è prestato.
Io non rimasi stupito dal 5 maggio e anche alcuni miei amici.avevamo intuito che qualcosa era contro di noi. L’inter perse il campionato il 7 aprile in casa con l’Atalanta.purtroppo Vieri in primavera era ridotto ai minimi termini.a gennaio in Venezia inter 1 1 con rodomonti si senti’ un po di puzza di bruciato. Maniero si butto’ in area di rigore.il giorno dopo in tv a striscia lo disse allegramente.per la juve sul 1 2 un rigore su magallanes passato in cavalleria.poi il pareggio al 90 di seedorf il 9 marzo in Inter juve ci tenne a galla, viceversa il 3 1 con la Roma del 24 marzo riapri i giochi ;in realtà la grande sconfitta fu la Roma di capello che era la più forte.poi il 21 aprile a Chievo la certezza.sullo 0 0 desantis non diede un rigore evidente a ronaldo ma gli fischio’ fallo contro ( d’altronde non poteva fare diversamente).Li capii che il sistema era in azione.la colpa dell’inter fu quella di non aver accumulato un vantaggio sufficiente per smorzare gli effetti delle ritorsioni. A 5 minuti dalla fine gol di nedved a Piacenza e pareggio di cossato, da 5 punti di vantaggio a 1. Era finita.il fatto poi che l’Udinese fosse stata salvata al 90 a Lecce on un rigore alla penultima e che pineda dèll’udinese abbia recentemente esternato che lui si tiro’ fuori da udinese Juventus perche’ fu biscottata ,cambia poco.l’inter era stanca, una fatica per battere il Piacenza alla penultima, ma la Lazio sicuramente sarebbe stata motivata opportunamente.; d’altronde avevano un obiettivo.il posto uefa anche se .molti lo negavano non si capiva perche’ ; probabilmente poborsky ed altri furono “sollecitati” ,secondo un modus operandi che avremmo visto nel 2010 in siena inter quandoo mezzaroma platealmente offriva ricompense ai giocatori del Siena per inpegnarsi al massimo come se non fosse il loro dovere.ma si sa ,le partite terminali del campionato sono un mondo a parte .tra Udinese juve del 5 maggio 02 e perugia juve del 14 maggio 00 ,c’e'di un mezzo una montagna .dopodiché parti’ la campagna denigratoria di scherno e offesa secondo lo schema tipico dell’ambiente bianconero ; ma tutta questa esagerazione tocco le menti di qualcuno ,alcuni aprirono gli occhi .moratti comincio’ a fare indagini dal 02/03 ,omai era chiaro che c’era qualcosa contro .lo capimmo noi semplici tifosi ,figuriamoci quelli che erano nell’ambiente e ne respiravano i rumors o i miasmi.4 anni dopo la juve precipitava in b.o meglio, non tanto la Juve quanto un sistema intero ,un sistema di appropriazione indebita dei valori del campionato. Anche in campo militare c’e'una legge non scritta che consiglia di non infierire troppo sugli sconfitti ,perche’poi gli anni passano,le cose cambiano e gli altri te la fanno pagare.
6 maggio (98).al mattino l’arresto di donato bilancia ,alla sera 3 0 alla Lazio( di mancini) a Parigi.
Scritto da 3glodita il 6 maggio 2023 alle ore 12:37
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Quindi se non avessero arrestato Donato Bilancia l’inda non avrebbe vinto la Uefa giusto?