Al Bernabeu c’è stata partita, a San Siro no. Troppa Inter. Come a Riad, in Supercoppa, il 18 gennaio. Là , due gol dopo 21’ (Dimarco, Dzeko); qua, due dopo 11, addirittura. Dzeko, volée mancina su angolo di Calhanoglu, con Calabria pencolante come uno straccio dalla finestra; Mkhitaryan, su tocco di Dimarco e velo di Martinez. Più un palo di Calha, occasioni assortite e un rigore di Kjaer corretto dal Var in tuffo di Lautoro.
A scanso di equivoci, 3-0 in Arabia «con» Leao, 2-0 stavolta «senza». E a proposito di Bennacer, è uscito per infortunio quando ormai i dadi erano tratti; e i giochi, fatti. Se dopo l’1-1 di ieri, il ritorno fra City e Real si annuncia caliente, lo scarto odierno avvicina l’Inter a Istanbul, sempre che dalla rivincita di martedì – in casa, per giunta – non esca una trama che solo Hitchcock, oggi, potrebbe vagheggiare; e forse nemmeno lui.
Vi giro, en passant, la frequenza tennistica delle edizioni stagionali, fra campionato e coppe: Inter-Milan 2-3, 3-0, 1-0, 2-0. Punto e a capo. Inzaghino ha sorpreso Pioli con le stesse armi – pressing, velocità , precisione – con cui lo aveva sbaragliato negli ultimi due set. Sono sincero: avevo pronosticato l’Inter, ma non immaginavo che avrebbe vinto così, di forza e di slancio. Voce dal fondo: nella ripresa è affiorato un po’ più di equilibrio, e persino un palo di Tonali, il diavolo meno cherubino, e l’ingresso di Origi qualcosina aveva agitato. Vero. C’è solo un dettaglio: le belve rimanevano belve, anche se un filo meno feroci; e i domatori, chiamiamoli così, sempre leggeri, anche se un attimino meno docili.
Hombre de la noche, Dzeko. Poi Mkhitaryan, il turco, Acerbi e la squadra, tutta. Cosa avrebbe potuto inventarsi Pioli? Un centrocampista in più, Rebic subito? Mah. Di sicuro, non ci ha capito niente. Al contrario di Inzaghino che, quando lo affronta, sembra Pep.
Gentile Superciuk, in linea di principio concordo (su Gravina). Ma tutto nasce dalla corsa e la scivolata sotto una curva, la proprio curva, dopo un 4-0. Perché mai, in quei casi, mi ha posto la domanda? Forse che, in quel momento, gli ultras sono cherubini e non “spacciatori”, per dirla con il gentile De Pasquale?
Por qué?
Giuntoli ci porterà forse il giovane terzino destro Zanoli.
Mi piace parecchio.
L’Europa quindi non ce la faranno vedere, e credo che calcisticamente possa addirittura essere un favore.
Ma certo che mmmilan, Lazio e dea vogliono proprio costringere la Figc ha fare una porcata evidentissima.
No dico, e aiutatela un po’ ‘sta federazione di mediocri a fare una figura di fango, invece della solita figura di merda.
Irreale quanto accaduto a La Spezia.
Persone per bene e incensurate costrette a subire minacce e rimproveri da parte di pluripregiudicati per spaccio, o violenza .
Solo in Italia tutto questo è possibile.
Bene ha fatto la Juve ad allontanare le frange piu’ estreme,come anche il Real Madrid.
Quanta esultanza,quella sconcezza di Frattesi,dopo il gol.
Gli avranno promesso la Juve?
PS. C’è già una regolamentazione che proibisce quanto visto quest’anno a spezia e precedentemente sempre a spezia lato indaista. In quel caso la procura, come capita spesso con la seconda squadra di Milano, si girò dall’altra parte. Farà lo stesso adesso?
Gentile primario, Gravina, che è così attento alle interazioni tra giocatori e pubblico, anche arrogandosi un diritto di grazia non sancito dal diritto sportivo, laddove il diritto sportivo è regolato come nel caso delle provocazioni dei calciatori al pubblico, potrebbe che so dire che comportamenti del genere non sono tollerabili e saranno sanzionati. Anche perché quello di ieri è stato uno spettacolo squallido ma fatto in maniera civile, ma in passato abbiamo visto cose più vergognose come ultra che impongono ai giocatori di togliersi le maglie.
Una ultima nota sul pubblico.
1) Il pubblico paga.
2) ha il diritto di applaudire o fischiare indipendentemente dal risultato.
Gentile Robertson, eccomi. Il caso da lei sollevato non è nuovo. In Italia, soprattutto, ma anche all’estero. Riguarda i rapporti (incestuosi) fra le squadre e gli ultras: non tutti mascalzoni, ci mancherebbe. Le regole (molto sliding, chez nous) li scoraggiano, li proibiscono: più o meno, meno o più. Ma veniamo al dettaglio.
VISTO DA PARTE DELLA SQUADRA. Di sicuro, una brutta scena. Mortificante, al netto degli incitamenti finali e condivisi. I giocatori e l’allenatore in religioso silenzio, un capo che apostrofa e sprona in vista dell’euroderby di martedì. Ripeto: tristezza infinita. Ma attenzione, gentile Robertson: la «resa» del Picco è la punta dell’iceberg, non l’iceberg. L’iceberg risale a quando, noi per primi, abbiamo tollerato il «presepe» contrario, e cioè la squadra, vittoriosa per 4-0 (poniamo), che scivola festosa sotto la curva. Una. Quella. In questi casi, io, capitano, avrei fatto e farei sempre così (nel bene e nel male): squadra a centrocampo, applausi a ogni settore, da curva a curva, dai distinti alla tribuna (tanto per rendere l’idea). Tipo giocatore di tennis che, per celebrarsi, gira su se stesso per non dimenticare nessun settore.
Se vai solo da una parte, la giustifichi (nel bene e nel male), la rendi «stato» con cui trattare. E se penso a Paolo Maldini, che proprio con gli ultras milanisti litigò perché qualcuno aveva preteso le scuse dopo l’incredibile finale di Istanbul (le scuse! a Paolo!), l’episodio del Picco fa sorridere, se non digrignare i denti della memoria.
Ricapitolando. Censurata l’assemblea di condominio del Picco, mai più sotto «una» curva, ma tutti a centrocampo. Nel bene e nel male.
VISTO DA PARTE DEL TIFOSO. Capisco che i prezzi dei biglietti possano aver esacerbato il rapporto squadra-tifoso, e che – nella fattispecie – le sconfitte così nette negli ultimi derby possano aver moltiplicato l’ira funesta di parte della torcida rossonera. Ma guai valicare certi limiti. Quando, con papà , andavo allo stadio, erano un altro secolo e un altro mondo, certo, ma alcune procedure restano valide: 1) pagare il biglietto; 2) se si vince, applaudire; 3) se si perde, fischiare. Punto. Dopodiché, a casa. Il mondo ultra sappiamo dove è arrivato, per intolleranza (delle schegge più estreme) e per tolleranza (delle stesse società , della stessa federazione). La fotografia del Picco è una Caporetto indolore, ma in uno scorcio storico in cui l’immagine è tutto, va al di là , molto al di là , dell’applauso finale.
Cosa avrebbe dovuto o potuto fare Gravina, si chiede il gentile Superciuk. Avrebbe potuto fare poco il più grande (per me) dirigente del calcio italiano, Artemio Franchi, figuratevi Gabriele Gravina: niente.
Grazie per lo spunto.
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Auguri ai cugini inglesi per la promozione in quarta serie davanti a 40.000 spettatori. In lega pro la media è di circa tremila. Poi ci chiede perché serie b, c, d inglese valgano come diritti tv quanto la serie a
Beck non ti risponderà ma sicuramente Gravina o quello che chiamano ministro dello sport interverranno e diranno la loro.