Fu proprio a Istanbul che vidi la finale più folle. Era il 25 maggio 2005: Milan-Liverpool. Forse perché eravamo sospesi tra due continenti, e dunque in posizione ambigua, forse perché il calcio è «loco» non meno del pazzo Bielsa, o forse perché qualcuno (non solo il destino, però) si distrasse: fatto sta che dal 3-0 del primo tempo si passò – in una manciata di minuti – al 3-3 della ripresa. E poi ai rigori, sui quali si arrampicò l’improvvisa aureola di Jerzy Dudek, «santo durante»: la più influente delle categorie di beati. Polacco come papa Karol Wojtyla: pure lui, in gioventù, portiere.
Morale: il Milan di Carlo Ancelotti controllò la sfida per 120 minuti meno sei. Il Liverpool di Rafa Benitez fu più umile ad accettarne il magistero e più freddo al tie-break dei penalty. Ero seduto vicino a Carlo Pellegatti: lui inviato di «Milan channel», io de «La Stampa». Naturalmente avevo scritto tutto, o quasi, fin dall’intervallo. E, ricordo, Carletto temeva che l’andazzo del match, fin troppo totalitario, avrebbe scoraggiato e allontanato fior di devoti dalla santa messa della sua radiocronaca.
Lo sapete. Successe l’inverosimile. Eupalla diede un calcio nel sedere ai fissati della logica e puntò dritto alla Bastiglia delle lotterie. E così il mar Rosso invase il mar di Marmara. Un vento forte, rissoso, accompagnò la premiazione e scortò il vuoto del dopo. Ero rimasto lassù, solo, a sfumazzare un mezzo toscano. Volavano cartacce, bicchieri di carta, cuscini con i colori dei vinti e dei vincitori. Sentii una voce. Era Antonella, la moglie del Carletto: «Ha mica visto gli occhiali di mio marito?». Ecco, in quella solitudine così lontana e così fosca, ci mettemmo a cercarli. Li trovammo.
Cosa troveranno Manchester City e Inter? Sabato 10 giugno, stadio Ataturk, ore 21: Champions o mai più. E’ una finale strana, inattesa e oggettivamente orientata. Il City è il mio favorito cronico, storico. L’Inter no, non immaginavo che sarebbe arrivata sin lì. Mettiamoci pure i sorteggi benigni, diretti e indiretti, ma da primavera ha cambiato passo. E qui si entra nei dettagli. E’ da una stagione che i Blue moon tirano la carretta, e a Istanbul si presentano dopo aver accerchiato, braccato e scavalcato l’Arsenal. Hanno vinto la Premier e, il 3 giugno, nel derby con i cugini dello United, ex «padroni» di casa, la Coppa d’Inghilterra. Altro percorso, l’Inter: una marcia piena di buche e forature, dodici sconfitte in campionato – ripeto: dodici – ma da primavera, un rullo. La Supercoppa di Riad, la Coppa Italia all’Olimpico: caccia via.
Pep Guardiola, Simone Inzaghi. Il Migliore, per dirla con il lessico della vecchia sinistra, contro mister Spiaze, per raccontarlo con il gergo del web. Sulla bilancia, un peso massimo e un peso piuma. Colui che con Leo Messi e Andrés Iniesta ha cambiato il calcio, estraendo il tiki-taka dai pozzi del «gioco corto» che negli anni Settanta predicava e applicava Corrado Viciani a Terni; e colui che, da quando il calendario si è impennato, ha recuperato la rosa intera, da Romelu Lukaku a Robin Gosens. Fuor di paradosso: per giocare meglio, a volte è meglio giocare di più e allenarsi di meno.
Il City è difficilmente battibile ma non imbattibile. Nell’arco di 38 partite, ha inflitto 30 punti di distacco al Brentford. Ma nelle due a referto ci ha sempre perso. E il Brentford, ammiccano golosi gli esperti, applica la difesa a tre, cara a Inzaghino. Sul fatto che Pep abbia allestito un’orchestra di prim’ordine, non ci piove. Il 4-0 al Real del 17 maggio scorso costituisce il concerto che più e meglio ne riassume la bellezza del repertorio. Indovinare da dove attaccherà è molto complicato, perché attacca con tutti (Bernardo Silva, doppietta al Real, Jack Grealish, Kevin De Bruyne, Ilkay Gundogan, doppietta ai Red Devils, Rodri, persino John Stones, sentinella sottratta alla garitta). Ci aveva abituato, in passato, al centravanti spazio. Oggi, in compenso, domina con il centravanti ciccia: Erling Haaland. Il ciber-ciclope. Norvegese come Casper Ruud, finalista al Roland Garros, Jakobs Ingebrigtsen, fenomeno del mezzofondo, Karsten Warholm, cannibale dei 400 ostacoli.
I tre «stopperoni» dell’Inter – Matteo Darmian, il più duttile; Francesco Acerbi, il più tosto; Alessandro Bastoni, il più mancino dei lanci – dovranno tenerlo d’occhio, Haaland, senza però esagerare nell’intasarne i bivacchi: in questo caso, rischierebbero di lasciare pericolosi sentieri agli incursori di turno. A meno che un episodio non trasformi l’ordine tattico della partita nelle montagne russe di un Luna park, il City occuperà il cuore del ring, e da lì mulinerà i suoi ganci. All’Inter il diritto di replica. Ecco allora che Marcelo Brozovic, Nicolò Barella e Hakan Calhanoglu dovranno mordere chiunque capiti a tiro, e non semplicemente disturbarlo. Le corsie saranno bolge dantesche, con Denzel Dumfries e Federico Dimarco a presidiarne i valichi. Per la cronaca, pure il Pep difende a tre (con Kyle Walker, Ruben Dias e Manuel Akanji), ma sono disegni e segni che l’eclettismo degli studi sradica spesso dalla fissità dello schema.
Lau-Toro Martinez non si discute, l’unico dubbio coinvolge Edin Dzeko, ex di turno, e Lukaku. Non sarà semplice argomentarne la scelta ignorando l’esito, anche se penso che Inzaghino concederà la prima frazione della staffetta, come sempre, al bosniaco.
Nella formazione base dell’Inter troverete cinque italiani: Darmian, Acerbi, Bastoni, Dimarco, Barella. E’ una traccia. La Roma ha perso ai rigori, con il Siviglia, l’Europa League. La Fiorentina ha ceduto, al 90’, la Conference al West Ham. Sarà ancora Inghilterra-Italia, dunque. Il calcio del nostro campionato ha dimostrato di essere più vivo che morto: anche se, naturalmente, il risultato è lo stivale che, salvo rare eccezioni, schiaccia tutti noi, cicche buttate da cowboy isterici.
Ogni tanto Pep tende a fare il fenomeno. Lo fece contro il Chelsea nella finale del 2021. Escluse Gabriel Jesus, s’inventò De Bruyne «nove» e ci lasciò le penne. Forse è per questo che, tra i pissi pissi della lunga vigilia, mi è parso un po’ meno unto del Signore.
Arrigo Sacchi suggerisce dosi massicce di pressing alto, l’abracadabra dei fusignanisti. Importante, nei periodi di assedio, sarà non buttare via le chiavi. La zavorra del pronostico grava sul City: per il sottoscritto, 55% a 45%. L’Inter parte sfavorita e leggera. «Si gioca fino al proprio limite, poi si passa quel limite e ci si volta a salutare il limite che si aveva prima, gli si sventola il fazzoletto come quando ci s’imbarca»: tratto da «Infinite jest» di David Foster Wallace.
Fuoco alle vostre emozioni.
Ok, Primario, Lei è l’uomo dei pronostici! Poi sono presenti anche i miei : cabasisi”! Little Lions
Gentile Little Lions, ho scritto: “L’Inter no, non immaginavo che sarebbe arrivata sin lì” (in finale). Sulla carta, trovo la finale orientata come pronostico, ripeto. Ho ripreso il concetto nelle ultime righe: 55% a 45% pro City.
Gentile Alessandro, buon giorno. David Foster Wallace, che si suicidò perché troppo schiavo del modo in cui avrebbe voluto coniugare la vita con la letteratura (la sua, soprattutto), è un autore non facile, che non regala sparatorie da western, semplici da cogliere e attorno alle quali crogiolarsi. Il libro che ho citato è un mattone con l’aggiunta di un altro mattone, le note, scritte così in piccolo da sfuggire alla «vigilanza» del lettore, in pratica un tomo nel tomo. Però mi ha incuriosito. E sono arrivato fino in fondo.
Le cito un’altra frase di DFW che mi colpì, estratta da una sua biografia: «La vera ironia si usa solo in casi d’emergenza. L’uso prolungato la fa diventare la voce di gente in gabbia che ha finito per amare le proprie sbarre». Eccezionale, no?
Tanto per dire: John Fante ha un ritmo più battente, da pallottola fischiante, ogni riga un bossolo che volteggia nell’aria; David Foster Wallace è come il viaggiatore che per arrivare da A a B non tira dritto, ma tergiversa, sterza, torna indietro, torna avanti. Ma sempre con le idee chiare. E non è un paradosso. O se lo è, è la sua forza.
Grazie.
Quindi Lei pensava della “squadraccia” arrivasse in finale! Aveva pensato anche di un suo percorso facilitato! Mi creda l’ ho pensato pure io! Ci ho azzeccato anche io! Little luons
Gentile Little Lions, orientata come pronostico.
“ una finale inattesa ed oggettivamente orientata…” Che vuol dire quando scrive: oggettivamente orientata little lions
Lo sapete che KDB non arriverà a fine primo tempo, vero?
Immagino sappiate anche chi gli farà saltare il crociato (o giù di li)
;-D
Scritto da Causio il 10 giugno 2023 alle ore 09:56
Io non dico che non sia vero in assoluto…è che è una di quelle cose che ti viene da dire “troppo bello per essere vero”…per dire Tuttosport online, che pure di Juve qualcosa dovrebbe sapere, non riporta neanche alla lontana le “breaking news” riportate dalla Merda Rosa…dopodiché Iddio volesse che la Merda Rosa abbia ragione
Credo che vincerà il Manchester City. E’ più forte, dispone di maggore qualità e quantità (ho un debole calcistico per De Bruyne), attualmente è la squadra che gioca il più bel calcio e, cosa da non sottovalutare, in panchina siede il migliore allenatore del mondo, con tanti saluti e baci per José e i suoi piccoli fans. Il mio pronostico è ancora più sbilanciato rispetto a quello del gentile Beccantini. Io azzarderei un 65% a 35%. Mi conforta, in parte, il fatto che i pronostici, di solito, li sbaglio.
Spero, ebbene sì, in una vittoria dell’Inter. Perché in Europa bisogna tifare per le squadre italiane? Quando mai, e comunque sia una certa retorica patriottarda non mi appartiene. Spero nell’Inter, nei prescritti e cartonati come li chiamate voi a partire dal 2006, perché so bene che una loro eventuale vittoria della Champions League vi farebbe rosicare. “Non succede, ma se succede…”, sai quanti mal di testa tra i tifosi della Juventus? Dai, si scherza.
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In fondo all’articolo lei ha citato “Infinite jest”. Ne ho sentito parlare bene da più persone. Un giorno l’ho visto esposto nella libreria dove mi servo quando acquisto romanzi e saggi di nuova pubblicazione. Avrà 1500 fittissime pagine o giù di lì. Il classico mattone, anche se, non discuto, sicuramente di piacevole lettura. Troppo lungo per i miei gusti, mi ha scoraggiato. In vita mia di libri, fino ad ora, ne avrò letti circa un migliaio, però nessuno di Foster Wallace. Mi può dare un giudizio su questo scrittore?
Ribadisco:io vado a pregare che stasera vada tutto bene.cosi non fosse mi cercherò una caverna in montagna dove passare i prox trentanni.
Scritto da Alex drastico il 10 giugno 2023 alle ore 09:26
Solo una cosa ci può salvare, e non la maledizione di yaya torre, purtroppo:
https://www.fanpage.it/sport/calcio/city-e-guardiola-liberati-dalla-maledizione-champions-gli-sciamani-hanno-revocato-lincantesimo/
…..ma la famosa ‘fiatata’ di Bertoldo Zebrato