Non sempre caviale, offre la Champions. Anche partite come Borussia-Milan. Non certo all’altezza del muro giallo che l’ha incorniciata, là dove Del Piero inaugurò il museo dei tiri e giro e la Nazionale di Lippi toccò il picco di quel Mondiale che avrebbe poi sfilato alla Francia ai rigori. Zero a zero, come Milan-Newcastle.
Fra inglesi e tedeschi la squadra di Pioli molto ha sprecato, nella speranza che i rimorsi non debbano pesare sul calendario. Più a San Siro che a Dormund: ma pure a Dortmund. Una partita tipo treno del West, con il fumo della locomotiva, lo sferragliare dei vagoni e la terra brulla a far da contorno. L’impressione è che il Borussia non avrebbe mai segnato; e il Milan, solo se e quando Leao si accendeva e si lanciava. Lui più di Theo. Le occasioni regine sono capitate a Giroud, Pulisic, l’ex di turno, e Chukwueze: divorate, letteralmente.
Il Borussia è la scuola che ha cresciuto Haaland e Bellingham: ricordarlo è una piccola medaglia al merito. Terzic fa quello che può. Malen non è male, le rughe di Hummels, Reus ed Emre Can sono stampelle scricchiolanti ma generose. Reijnders e Musah hanno cercato, in una notte di zotici bivacchi, una movida che ne spaccasse l’equilibrio sordo e grigio. Non ci sono riusciti.
** Celtic-Lazio 1-2. Più emozioni a Glasgow, con i «cattolici» di Rodgers, l’allenatore al quale – ai tempi del Liverpool – lo scivolone di Gerrard costò un probabile «scudetto – subito in cattedra e a segno: azione filante e stoccata del giapponese Furuhashi. Modica reazione, pareggio di Vecino in mischia, Immobile al confino e al confine. Nella ripresa, Celtic dominante (di fraseggio, non di spallate) e Provedel reattivo.
Il Sarrismo attraversa un periodo un po’ così. Ma hanno deciso i suoi cambi: Isaksen che serve Guendouzi, Guendouzi che pennella per Pedro, Pedro che beffa di testa il povero Hart. Era il 95’. Già sul pari ci sarebbe stato sportivamente da discutere, figuriamoci sulla vittoria. Ma come ci ricorda Velasco, chi vince festeggia e chi perde spiega. Primo posto con l’Atletico e, se non proprio il calcio del Guevara napoletano, un calcio alla crisi e al pressing di Lotitus.
Gentile Giovanni, grazie a lei. L’ambizione è fondamentale, nella vita come nello sport. A patto di dominarla e non farsi dominare. Ma ci vuole. E come.
Scritto da Roberto Beccantini il 5 ottobre 2023 alle ore 14:33
Grazie della puntuale risposta Primario, mi sono permesso di rivolgerle il quesito perché sapevo benissimo che lei è, al pari di diversi frequentatori della Clinica, un vero “aficionado” ( cit.grande Gianni Clerici ) del tennis…anch’io ho rilevato i progressi da lei sottolineati nel gioco di Sinner, la cosa che mi ha stupito, e attendo prudentemente conferma al riguardo, è la subitaneita’ degli stessi , nel senso che nella stagione “americana” post Wimbledon si erano già intravisti progressi su quei colpi, ma come dire abbastanza “graduali” e cn molta strada ancora da fare , a partire da Toronto, primo Master 1000 vinto da Jannik in carriera, per poi arrivare a Flushing Meadows dove, purtuttavia, io avevo avuto modo di lamentare che “Jannik ottiene ancora troppo POCHI punti DIRETTI dal servizio” …è bastato un mesetto scarso di “riposo attivo” , nel senso di allenamento “mirato”, per trovarci a Pechino con uno Jannik ancor più solido, potente e regolare nei devastanti colpi da fondo campo ma in aggiunta addirittura inesorabile con le percentuali di prime e con i numerosi serve and volley vincenti esibiti in finale con Medvedev, copiando efficacissimamente la “tattica” adottata da Djokovic nella finale dello U.S. Open contro lo stesso Medvedev per abbreviare gli scambi…per scaramanzia mi vien da dire “troppa grazia” e aspetto, comunque fiducioso, conferme da parte di Jannik …mi fanno ben sperare, oltre l’ovvia circostanza che ha solo 22 anni, la grandissima predisposizione e attitudine al “lavoro” che ha il nostro nonché la sua sfrenata ambizione, che riesce benissimo a dissimulare con un comportamento sempre ineccepibile, corretto e rispettoso degli avversari ( in questo del tutto simile al suo grande amico Carlitos Alcaraz ) , ma che risulta essere molto vivida…
Buon pomeriggio, gentile Giovanni. Seguo molto il tennis anche se ne scrivo pochissimo. Nel dettaglio:
1) A un fuoriclasse come Nick – a 90 anni, poi – si deve permettere qualsiasi «santonata». Ero al corrente del «bronzo» accordatogli dal giornalista Lance Tingay. E anche della spaccatura «open» che rende la storia del tennis ancora più difficile da maneggiare di quella calcistica. Citai la cesura – pensi lei! – parlando di Zaniolo, quando sembrava che potesse finire al Bournemouth, squadra della città omonina che, nel 1968, tenne a battesimo il primo torneo, diciamo così, «fuori legge». Come correttamente precisato nel suo testo.
I suoi distinguo, suoi di lei, sono legittimi. Quanto a Sinner, lo vedo finalmente alternare il gioco da fondo campo a un serve and volley che lascia ben sperare. Detesto la noia, anche se ad alto livello. Quelle gambe – ora colonne ora travi – mi fanno un po’ paura, ma i miglioramenti tecnici sono innegabili: almeno ai miei occhi di pocologo.
Vero, Adriano Panatta è stato più signore, ma diamine, è della mia «classe», 1950… Peraltro, pure Adriano aveva criticato Sinner il giorno in cui, per stanchezza, rifiutò la Davis di Bologna: «Impari da Pecco Bagnaia e dal suo recupero-record dopo la caduta di Barcellona». Pietrangeli, in compenso, aveva proposto addirittura la squalifica.
Il passato non passa mai, a volte è un bene e a volte un male: dipende. Nick è stato così grande che, per quanto mi ha dato in singolo e in doppio con Orlando Sirola, gli perdono questo eccesso di gelosia. Tipico delle grandi Dame che, guardandosi allo specchio, vedono una ruga (e non sono disposte ad accettarle come Virna Lisi) e, sbirciando in edicola, colgono titoli che le riportano a quando erano regine.
Ricordi sempre cosa Charlie Brown disse a Snoopy: «Un giorno moriremo tutti». E cosa gli rispose Snoopy: «Sì, ma tutti gli altri giorni no». Traduzione (mia): «La vecchiaia significa aggiungere anni alla vita, ma vita agli anni». Vita e (troppe) parole, a volte. In questi casi controllo il pulpito.
Grazie per lo spunto.
Allegri è indifendibile è buona. Sulla rosa si può discutere, sulla indifendibilità del lavoro (?) dell’allenatore, no.
Errata corrige: Rosewall rientra nel circuito a 34 non , ovviamente, a 43
Buongiorno Beck, cambiamo tema, se le garba…che mi dice di Jannik Sinner? Le sono sembrate fuori luogo e come minimo sgradevoli , così come sono parse a me, le dichiarazioni di Nicola Piietrangeli che richiesto in un’intervista di un parere sulle imprese di Jannik a Pechino non ha trovato di meglio che rispondere “ non gli basteranno 2 vite per fare quello che ho fatto io…prova a prendermi Jannik se ci riesci…” il 90enne Pietrangeli, forse non completamente in pieno possesso delle sue facoltà mentali,
si riferisce al fatto che agli albori degli anni 60 dello scorso secolo, il giornalista Lance Tingay ( allora non c’era il computer…) riconosciuto quale eminenza del tennis, lo inseri’appunto al numero 3 della classifica mondiale…lo “smemorato” Nicola dimentica però’ che in quegli anni, e in particolare quando vinse 2 Roland Garros, “giocatorini” del calibro di Hoad, Rosewall, Sedgman , Gonzales erano già passati al professionismo e non potevano entrare in quella classifica ( ricordo ai meno appassionati che soltanto nel 1968 decollerà l’era “open” senza più artificiose distinzioni tra “dilettanti” e “professionisti” ) sarebbe egualmente stato numero 3 Nicola se quei “mostri sacri” avessero anche loro partecipato agli Slam?? ( Laver fu professionista dal 1963 al 1968, ma ad esempio Ken Rosewall che lo fu dal 1957 al 1968 perse la possibilità di disputare la bazzecola di 44 Slam…salvo poi, a riunificazione avvenuta, rientrare nel circuito a 43 anni e vincerne 4 di Slam e di arrivare, a 39 anni, a giocare la finale di Wimbledon 1973 contro Jimmy Connors …fate un po’ voi…), poi certo Sinner per consacrarsi definitivamente dovrà’ vincere , speriamo il prima possibile, almeno uno Slam , ma la figura fatta da Nicola Pietrangeli è, secondo me, imbarazzante…molto molto più “signore” Adriano Panatta che ha sinceramente augurato a Jannik di superarlo , e di parecchio, nella carriera che ha davanti…che ne pensa Primario?!
Beati loro, Cl7, davanti allá TV con birre e paninazzi.
Gentile Logan, grazie a lei: ci mancherebbe. Sul suo “distinguo” sono d’accordo: anche a me piacerebbe vedere questa rosa con un altro allenatore. Al di là del verdetto.
Non credo che la rosa della Juventus sia esattamente la più forte, ma credo però che con una guida tecnica che vada al di là del dare la palla al piu bravo e vedere quel che succede potrebbe giocarsela fino in fondo.
Grazie a lei Beck.