Tamburi di Champions. Il Parco di un principe (Mbappé, ça va sans dire) e di un principino (Zaire-Emery, classe 2006, medianino tutta birra): e così Luis Enrique si annette un povero Diavolo che non segna più e soffre le grandi: 3-0. Monsieur Kylian: cornice per una ventina di minuti e, d’improvviso, quadro. Incrocio dei due Ronaldi, guarda negli occhi Tomori, lo disarma e, di destro, infila in buca d’angolo. Più un palo come mancia. Ah, gli schemi.
Daranno la colpa a Pioli. Adli subito invece di Krunic? Forse. Le cicatrici di Giroud si sentono e Leao sta diventendo una locandina da edicola: svolazza che è una meraviglia, attira i passanti ma gol, zero. Ci ha provato, il Milan: di Donnarumma, però, non ricordo parate fenomenali. Solido Skriniar, leggero Hakimi. Il Paris non è più un album di figurine. Se il raddoppio di Kolo Muani nasce da un pisolo su angolo, il tris del coreano Lee è un gioiello d’azione, con Zaire-Emery ancora protagonista.
Capita, quando Sarri trova un Sarri più bravo. Il 3-1 che il Feyenoord di Slot infligge alla Lazio va oltre il risultato. Per un tempo sembra la sfida tra una Red Bull e un camion. Gli olandesi dominano ovunque e comunque, soprattutto a metà campo, segnano con Gimenez e Zerrouki, isolano Immobile, non mollano una zolla che è una. I cambi danno un po’ di benzina all’Aquila, due in particolare: Guendouzi al posto di un frastornato Rovella (21 anni, nessuno nasce imparato) e Castellanos per Ciro. Qua e là emergono briciole di riscossa, ma proprio briciole, dal momento che l’implacabile Gimenez, Messico e nuvole, timbra il terzo.
L’orgoglio e un rigore-strenna (di Lopez, non dell’arbitro) offrono a Pedro un dischetto di consolazione. Con l’Atletico la Lazio aveva pareggiato in rimonta (Provedel), e sempre in rimonta aveva fulminato il Celtic (Pedro). Troppo passiva, stavolta. Il calcio olandese può vincere o perdere, ma rimane un’idea. Sempre.
Ne prendo atto e lascio l’onesto asino ragliante ai suoi ragli alla luna. In buona compagnia, tra l’altro.
Niente, l’onesto asino ragliante non vuole parlare più di sentenze nero su bianco.
Una camicia di forza per Axl rose-Sandro-Pino
Non male come rosicata, Pino, ora smetta di piangere e si concentri per cercare un lavoro.
Pero,prima,ancora un po’ a 90,da bravo cosi’ prende meglio il calcio nel deretano con gli stivali a punta.
Ora vediamo, sparisci, o continui a ragliare di sentenze da rispettare.
Vado avanti, onesto asino ragliante interista? Vogliamo parlare del patteggiamento di Oriali? Del regolamento cambiato di notte, che trasformava i punti di penalizzazione, per ogni partita giocata da Recoba, e relativa serie B, in in una sanzione amministrativa? Tutte sentenze nero su bianco.
Oppure, caro il mio onesto asino ragliante interista, c’è un’altra sentenza, messa nero su bianco, che dice che Moggi non diffamò il sig. Giacinto Facchetti, quando, in un intervento televisivo, disse che il sig. Facchetti aveva fatto cose peggiori di quelle per cui era stato condannato lui. Nella sentenza è scritto che le dichiarazioni del Moggi sono vere, o sicuramente verosimili, perché dalle attività di indagine era venuto fuori tutto il marcio che Narducci aveva tenuto nascosto sotto il tappeto, il tempo necessario per far sopraggiungere la prescrizione.
Tra l’altro il vero malato semmai è colui che nella merda e le macerie che sta accumulando il Cialtrone alla Continassa, non ha argomenti e va a ripascare chi non ci riguarda più, peraltro avendoci fatto vincere quello che chissà per quanto tempo ancora sarà l’ultimo scudetto della nostra storia.
Tu occupati di Catuzzi e Fascetti, Gianguitto d’beri.
È tornato l’onesto asino ragliante interista. Di cosa vuoi parlare? Di sentenze nero su bianco. Allora ce n’è una che dice che Ferruccio Mazzola non diffamò l’Inter, ma raccontò fatti veri, vissuti in prima persona. Ergo, avete in bacheca trofei vinti dopandovi come cani.