Gigi Riva ci ha lasciato a 79 anni. E’ stato il più grande attaccante italiano del Dopoguerra. Un lombardo che migrò in un’isola, e ne diventò il tesoro. Ancora oggi, il record di gol in Nazionale è suo: 35 in 42 partite. Era nato a Leggiuno, sul lago Maggiore. L’infanzia povera gli insegnò che quando la vita è dura, duri bisogna diventarlo. O almeno sembrarlo.
Mancino, undici di maglia e nove di vocazione, il gol come ribellione al collegio, alle nebbie, e la Sardegna non più prigione, come gli sembrò quando ci finì, da Legnano, ma residenza e resistenza. Ha legato la carriera al Cagliari, cui dedicò il leggendario scudetto del 1970, e alla Nazionale, con la quale è stato campione d’Europa nel 1968 e vice campione del Mondo, sempre nel ‘70, in Messico. Secondo nel pallone d’oro del 1969, dietro Rivera e davanti a Gerd Muller, tre volte capo-cannoniere quando al potere erano i difensori, e i macellai prosperavano lontani dalle manette televisive. Sacrificò due gambe all’azzurro della patria, ebbe una vita sentimentale che lo portò in rotta di collisione con la «bigotteria» dell’epoca.
Brera lo ribattezzò «Rombo di tuono»: per come tirava, per come occupava il territorio; per come, soprattutto, lo contendeva agli avversari. La rovesciata di Vicenza e il gol di testa in tuffo alla Germania Est rimangono manifesti senza tempo. Lo voleva l’Inter, gli fece ponti d’oro la Juventus, pronta a sacrificare miliardi e un sacco di pedatori. Niente. In una sorta di metaforica sindrome di Stoccolma, il carcerato si era «innamorato» dei carcerieri (Cagliari, la Sardegna). E viceversa.
Da dirigente, accompagnò la Nazionale al Mondiale del 2006. Si piaceva solo, con i figli e i nipoti, la chitarra di De André fra gli scalpi più cari. Depresso ma non dimesso. Libero, e quel rombo di tuono che ci spingerà sempre a scrutare il cielo.
Gentile Little Lions, l’ho già scritto: di Sinner – a parte il repertorio che dal gentile Alex Drastico al gentile Giovanni passando per molti di voi tutti avete illustrato con la grazia dei pazienti-sapienti – adoro il cognome. Sinner, peccatore.
Eh ma quando scrivo che è un eccellente ed elegante spazio di disanima tennistica mica lo scrivo a caso
Primario ci manca la ciliegina sulla torta e quella potrebbe mettercela Lei. Niente insulti? Cosa rara ma che piace! little lions!
Gentile Little Lions, e perché mai? State scrivendo meravigliosamente voi. Con competenza e proprietà. Non un insulto, non una minaccia. Tutto il personale della Clinica ne è estasiato. Continuate, continuate. Grazie…
Penso che il Primario scriverà qualcosa su Sinner, se lo merita! Sinner non è una meteora e qualcosa di lusso! Leo
Penso che il Primario scriverà qualcosa su Sinner, se lo merita! Sinner non è una meteora e qualcosa di lusso! Leo
Livello di gioco che si innalza sul finale del primo set vinto 7-5 da Sasha
L’altra semifinale tra Medvedev e Zverev è iniziata con un livello di gioco tutt’altro che esaltante, un po’ troppi errori gratuiti da parte di entrambi…Zverev spreca un vantaggio di 4-1 e 5-3 e si fa raggiungere da Danil , Sashasi e’ messo a palleggiare da fondo contro il russo, ricetta sicura per perdere…vediamo come finisce ora sono 5 pari
Giancarlo
Il bookmaker ha collassato al match point per Sinner….))):::
Scritto da Alex drastico il 26 gennaio 2024 alle ore 09:54
;-)))))
Scritto da DinoZoff il 26 gennaio 2024 alle ore 09:26
Si’ e’ vero “tutto nacque da Riccardo Piatti “ cui rimane l’enorme merito di aver cresciuto e “svezzato” , su segnalazione di Sartori coach di Seppi che scoprì Jannik a 13 anni, uno Jannik che aveva enormi potenzialità ma che aveva anche un fisico ancora “gracilino” ed un carattere ovviamente da formare…Piatti e’ stato importantissimo nei 5-6 anni che ha “allevato” Sinner ma Jannik ha l’ENORME MERITO di aver capito a neanche 20 anni che se voleva crescere doveva cambiare…ripeto enorme merito , atto coraggioso e rischioso al tempo stesso ma DECISIVO…vedete la differenza con Lorenzo Musetti, talento naturale e dotatissimo anche fisicamente, attaccato morbosamente al maestro Tartarini che lo segue da quando era adolescente e che non ha mai dato la minima sensazione di voler staccarsi da questa che per lui è una “comfort zone” psicologica e ambientale ma che rischia seriamente di compromettergli una carriera tennistica che meriterebbe un team di affiancamento che non sia , come e’, quello del Circolo dove è cresciuto da adolescente…a questo si sono aggiunte per Lorenzo le comprensibili complicazion8iderivanti dal diventare a neanche 22 anni “ragazzo-padre”….Jannik invece ha buttato il cuore oltre l’ostacolo , e’passato con Vagnozzi ha assunto una vecchia ed esperta volpe del circuito , Darren Cahill , si è sottoposto ad un lavoro massacrante per migliorare i suoi punti relativamente deboli : servizio, gioco a rete , ricerca di maggior varietà di colpi…ci è pienamente riuscito da settembre 2023 in poi la sua crescita tecnica e fisica e’ stata IMPRESSIONANTE e questi sono i ( magnifici ) risultati : secondo alle Finals di Torino, Coppa Davis riportata in Italia dopo 37 anni, finalista all’Australian Open con ottime possibilità di aggiudicarsi il titolo, Novak Djokovic numero 1 del mondo battuto 3 volte su 4 in singolo ( ed una in doppio…) negli ultimi 3 mesi…CHAPEAU!!!!