Tutti in piedi: Inter. Ha stravinto per distacco, come il Napoli. E’ lo scudetto della seconda stella (19 sul campo, 1 a tavolino), il decimo di Beppe Marotta (otto chez Juventus), il primo di Simone Inzaghi, il collezionista di coppe (e giù frecciate). L’Inter di Steven Zhang, il presidente che, vigilato, vigila da lontano. E’ stata una cavalcata entusiasmante, da Arrivano i nostri. Miglior attacco, miglior difesa, Lautaro Martinez capocannoniere. Da dodici sconfitte a una: fatti, non parole o semplicemente numeri.
Nella griglia del 18 agosto l’avevo piazzata seconda, dietro il Napoli della grande bellezza spallettiana. Chiosavo: «Smontata e rimontata. A cominciare dal portiere (Onana-Sommer). Thuram e Arnautovic non valgono Dzeko e l’«adultero» Lukaku. Con Frattesi, in compenso, Inzaghino innesca un centrocampo da sbarco in Normandia. Ciao Brozo, ciao Skriniar, ciao Gosens. C’est la vie. Largo a Cuadrado e Carlos Augusto. E a Sensi, chissà».
Campioni d’Italia a casa Milan, nel sesto derby vinto di fila: per 2-1, stavolta. Il massimo della goduria. Con la burrasca nella coda: espulsi Theo Hernandez, Denzel Dumfries e Davide Calabria: 2-1 pure qui.
Se devo scegliere una partita di confine, isolo la finale di Istanbul, ancorché persa con il City del Pep (0-1). Era il 10 giugno 2023, avrebbe dovuto essere un massacro: fu un segnale, «Non siamo scarsi, non siamo giurassici». Fu Marotta, il tessitor borghese, ad arruolare mister Spiaze dopo il (provvidenziale) rifiuto di Massimiliano Allegri. Inzaghino ha lavorato sulla rosa, riducendo drasticamente le distanze fra titolari e riserve. Si è inventato Hakan Calhanoglu bussola al posto di Marcelo Brozovic, la cui fuga è stata pianta e compianta (ma, oggi, non più rimpianta). E ha avuto da Marcus Thuram, se non la montagna dei gol di Iago-Lukaku, un contributo di qualità e quantità.
Ha giocato, l’Inter, attorno e per il suo capitano, il Toro di Bahia Blanca. Con attacchi mirati e coinvolgenti, mulinando i terzini (Matteo Darmian, Dumfries, Federico Dimarco) e quelli che nel Novecento chiamavamo stopper, da Alessandro Bastoni e Francesco Acerbi a Yann Bisseck. L’eretismo tambureggiante di Nicolò Barella e il ritorno alle armi di Henrikh Mkhitaryan hanno addobbato e cementato il centrocampo, cui il salvadanaio di Davide Frattesi ha fornito spiccioli non banali.
La concorrenza non sarà stata omerica – penso alle montagne russe del Diavolo, al «cupio dissolvi» di Aurelio De Laurentiis, al crollo della Juventus del Feticista, l’unica fino a febbraio ad averle ronzato sul collo, alle isterie periodiche delle romane – ma il ritmo imposto è stato impressionante. Dopo il novennio sabaudo, un’altra Inter, l’Inter di Antonio Conte, era stata la più lesta a raccoglierne i cocci. Poi il Milan di Stefano Pioli e il Napoli di Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia. Questo trionfo rassoda e allunga il ciclo intrapreso dall’avvento di Marotta (dicembre 2018): 2 scudetti, 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe di Lega, 1 finale di Champions, 1 finale di Europa League. Paradossalmente, proprio dal fronte Champions è giunta la delusione più cocente, nei risultati e nell’atteggiamento, remissivo già ai gironi con la Real Sociedad, sciupone e ondivago con l’Atletico del Cholo negli ottavi, al di là del tie-break dei rigori.
Sono contento per Inzaghi. Il suo 3-5-2, ora datato ora sfrontato, ricorda l’Italia del compromesso storico, e ha spinto persino Arrigo Sacchi, sull’oltranzismo del quale non tramonterà mai il karaoke, a tornare frettolosamente, e ideologicamente, sui suoi aggettivi, sulle sue fisime («Simone? Conservativo, tirchio»). E’ stata un’Inter che ha alternato i pranzi di nozze agli spuntini e decorato di estetica le scorte che, in Italia, non si negano mai ai forti. Era meno competitiva della precedente, anche se sempre agguerrita. Ma dominante al punto da chiuderla a cinque giornate dal termine, beh, non stava scritto da nessuna parte. Per questo, complimenti.
Dalle associazioni di categoria c’è una continua richiesta di manodopera, che non si riesce a soddisfare con la disponibilità “italiana”. Quanti immigrati, con flusso regolato, sono entrati in Italia? Belle parole, fatti zero.
“Le nascite non si incentivano convincendo le persone a passare più tempo a casa, perché si intensificano i rapporti, come ha sostenuto qualcuno, non è quello il modo.
Il modo è costruire un welfare che permetta di lavorare e di avere una famiglia, sostenere le giovani coppie a trovare l’occupazione. Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada”. Lo ha detto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, intervenendo al congresso della Cisal.
“Io ritengo l’immigrazione – spiega il ministro – un fatto naturale fisiologico, sono nipote di un emigrante, quindi mi guardo bene dal pensare che l’emigrazione e quindi l’immigrazione siano un problema. Anzi diventano un’opportunità di crescita per una nazione. Se ci sono richieste di forza lavoro, quando hai esaurito la domanda interna, puoi, devi dotare di forza lavoro anche che venga da altre nazioni. Bisogna chiarire che il primo nemico dell’immigrazione regolare, fatta attraverso flussi organizzati, si chiama immigrazione illegale e clandestina, ed e’ una strada che è stata finora percorsa e che noi stiamo provando a cambiare”.
…
E lo sapevo che finivi lì. Estrapolare una frase dal contesto generale e’ brutta abitudine. Non mi sembra un discorso fascista. Si può essere o meno d accordo ma di fascismo li c’è niente
In ogni caso, è solo un esempio.
“Sono Giorgia, sono cattolica, sono italiana”.
Esticazzi? Sei la presidente del Consiglio. Fai quello.
«Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: “Vabbè gli italiani fanno meno figli, sostituiamoli con qualcun altro”. Non è quella la strada», ha detto Lollobrigida parlando della crisi demografica italiana.
(Il cognato)
Vabbè, ti era sfuggita anche questa.
Le misure, le politiche per favorire la natalità non possono essere la limitazione (chiamiamola così) della libertà di scelta delle donne.
Certo che lo Stato è laico. Andrebbe fatto capire, ma non ai cattolici, loro e’ da qualche secolo che lo hanno capito, qualcun altro invece ancora non ha le idee chiarissime su questo….
se arriva Motta almeno fino a Natale dura…per mangiare il suo panettone :-))
Ma quale sostituzione etnica….poi, al solito, che la detanalita’ sia un fenomeno in atto e’ purtroppo vero. Misure, politiche che possano favorire l incremento delle nascite sono per caso fascismo??? Essu….
È una legge che fa parte del concetto più generale che “le donne devono fare figli per la Patria”. Questi paventano la “sostituzione etnica”, è non è una mia invenzione, lo hanno dichiarato apertamente. Se ti è sfuggito anche questo, cercatelo.
Scusa, ho confuso, ma quel che ho scritto resta. L,aborto non è argomento che marca il fascismo o antifascismo, per niente
Comunque, frega un cazzo del PD, lo Stato è laico.