Ecco: la musica è finita, gli (ex) amici se ne vanno. «Il futuro non è un posto migliore, ma solo un posto diverso», ammonisce lo scrittore statunitense William Least Heat-Moon in «Strade blu». La frase sembra tagliata su misura per Massimiliano Allegri e la Juventus, ora che si sono sono separati dopo tre anni di troppo, in barba alla conquista della Coppa Italia e, soprattutto, alla scadenza del 2025.
Isterico, solitario y final. Lo spogliarello di mercoledì notte, con annesse accuse, allontanamenti e minacce in puro stile Padrino – nell’ordine: agli arbitri, a Cristiano Giuntoli, al direttore di «Tuttosport» Guido Vaciago – appartiene all’indecoroso repertorio degli allen-attori che pensano di averne subite troppe per non togliersi qualche sassolino (e magari, sullo slancio, qualche giacca). Mancano due giornate al termine, e gli obiettivi possibili – zona Champions, coppa – erano stati raggiunti. Dunque, non trovo poi così coraggioso l’esonero anticipato. Anche se ballano sette milioni netti, i dettagli legali non mi interessano; e sui comportamenti etici, per carità : nulla da eccepire, a patto che valgano sempre, e per tutti.
L’impresa del Feticista è stata di dividere il popolo gobbo: dalla filosofia del corto muso alla pagliacciata di Roma (e se l’avesse fatta Antonio Conte, paladino della juventinità ?). L’errore, clamoroso e fatale, fu richiamarlo nell’estate del 2021. Lo commise Andrea Agnelli. Non era più il Gestore del Quinquennio. Era un benestante fermo da due stagioni, in ritardo sull’evoluzione asimmetrica del calcio, ma curiosamente nel mirino di Real e Inter. Perse subito Cristiano Ronaldo, e si perse. Quarto, terzo (sul campo, senza handicap), quarto. Più la Coppa Italia. Ma anche l’onta di Haifa e il mistero di un girone di ritorno, 15 punti nelle ultime 15 partite, che, comodo da raccontare, non sarà mai facile da spiegare.
L’azzeramento di Andrea, il polso debole dell’azienda, bilanciopoli, la guerra di e con Giuntoli, John Elkann perennemente a mezz’asta fino alla drastica sterzata pro manager, le voci di divorzio già a febbraio, un organico non così forte come millantato: non esattamente il clima ideale. Ma pure, rovesciando i grafici, metà torneo a ridosso dell’Inter e lo squillo dell’Olimpico. Voce dal fondo: impiega i giovani, perché costrettovi, ma non li sa far crescere. Può darsi: ma il Dusan Vlahovic che ha demolito l’Atalanta sembrava l’Erling Haaland di Pep Guardiola. E allora? Parlo dello stesso Vlahovic che, a San Siro con l’Inter, sbagliò uno stop che avrebbe potuto sabotare molte trame. Era il 4 febbraio. Esistono due Vlahovic? O due Allegri? E quanti Federico Chiesa?
Nella mia griglia estiva la sua Juventus figurava al quarto posto, e quarta è: rischio, di conseguenza, l’accusa di contraddizione molesta e palese. La accetto. Senza Europa fra i piedi, mi aspettavo qualcosa di più sul piano della manovra, del ritmo, dell’aggressività . Un conto è fare catenaccio all’Etihad Stadium, come il Real di Carlo Ancelotti, e un conto farlo a Firenze.
Allegri ha sempre preferito i tabellini al circo e i giocatori al gioco: quando li aveva, vinceva; quando non li ha più avuti, non ha saputo ricavare supplenze che non fossero lagne o magagne. E’ un allenatore che ravviva la fiamma, non uno che la accende. Perfetto per il dopo Conte, sbagliato per il dopo Sarri-Pirlo.
I suoi otto anni di safari a rate lasciano comunque 5 scudetti, 5 Coppe Italia (record), 2 Supercoppe, 2 finali di Champions. Più quel «finale» che lo ha consegnato al plotone di esecuzione. Tocca a Thiago Motta. E qui mi ricollego all’incipit. Al futuro diverso, non necessariamente migliore. Almeno sulla carta. Nella speranza che le idee, e non banalmente la propaganda, spingano la svolta. La fabbrica Juventus, per tradizione, e salvo rare eccezioni, rimane più vicina al pragmatismo del primo Allegri che non alle scintille ruvide dell’ultimo Maurizio Sarri. E quando pescò a Bologna, alludo a Gigi Maifredi, proprio un trionfo non fu. Dimenticarlo, potrebbe caricare il «nuovo» di pretese colpevoli.
Mah io tutta questa rabbia in corpo in questo primo tempo non l’ho vista…
Ma dai Fabrizio, su ma abbi un pò di rispetto per te stesso. Ne ho molto più io per te….
A questi ragazzi andrebbe fatto un monumento per tutto quello che hanno subito negli ultimi due campionati mettendoci sempre la faccia insieme al loro allenatore, soli, contro tutto e tutti, umiliati da una federazione e da una giustizia farlocca vera cui una società di merda si è prostrata prona.
Basta vedere la rabbia che hanno in corpo e che mettono in campo pieni di veleno per tutto quello che hanno subito, non ultimo un atteggiamento della società vergognoso e senza rispetto verso chi ha raggiunto gli obiettivi prefissati, facendo esporre altresì ulad una umiliazione immeritata anche Montero.
il problema è che quegli altri corrono e giocano. meno male che si sono fermati.
da tempo non è più una squadra di calcio. è un’accozzaglia di derelitti che non stanno in piedi e non sanno cosa fare in campo.
Scritto da Fabrizio il 20 maggio 2024 alle ore 21:36
E serviva la gara di oggi x capirlo ?
A Locatelli e a Rabiot, cosa fare glielo doveva dire Montero ieri pomeriggio? Vabbè ormai bisognerebbe limitare i danni…
Una squadra da ricostruire dal punto di vista atletico e mentale prima ancora che calcistico.
Il Bologna ci tiene ad arrivare terzo e a dimostrare il livello cui è arrivato, i nostri passeggiano per il campo, evidentemente alcuni con la testa non solo agli europei ma anche alle loro prossime destinazioni.
Speriamo di poter vedere di nuovo la Juve quanto prima, che sono anni che è sparita.
Scritto da Alex drastico il 20 maggio 2024 alle ore 20:49
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Affanculo vacci tu merdaccia, pulisci culo di vacche, cornutone contento.
Tre mesi senza una vittoria ed ora vi meravigliate di cosa ? Domenica scorsa abbiamo pareggiato in casa Vs Salernitana già retrocessa , ripeto Domenica , 8 giorni fa , o pensavate che Montero aveva la bacchetta magica ?