Perché a un certo punto ci dimentichiamo di tutto, di tutti e – amatori o odiatori – ci mettiamo lì a pregare, a gufare? Perché il calcio è così. Un’Iliade di 120 minuti, un’Odissea di rigori, con Cristiano Ronaldo che da Achille diventa Ettore e poi torna Achille, al diavolo i 39 anni e i talloni. Ai quarti va, così, il Portogallo, domatore solo al tiebreak di una Slovenia che, senza essere stata Pogacar, gli ha tenuto testa fino all’ultimo tuffo di Diogo Costa, l’eroe nascosto da Omero, fino all’ultimo sibilo di Orsato.
Zero a zero e poi, d’improvviso, tre a zero. Che notte, la notte di Francoforte. Prigionieri dell’ego di Cristiano, e Cristiano prigioniero del suo ego. Le punizioni? le tiro io; di testa? ci vado io; il penalty nei supplementari? a me la palla, please. Il balzo di Oblak, e il rimbalzo sul palo, esulavano dal copione. Possibile? Ma certo. E allora vai di lacrima – lui in campo, la mamma in tribuna – con i compagni che, nel ricordo delle strenne antiche, cercavano, tutti intorno, di incollarne il morale, di raccoglierne l’orgoglio sanguinante. Ostaggi di un marziano: ma spesso, ai suoi bei dì, felici di non evadere.
Intanto, la partita continuava. E Benjamin Sesko, 21 anni, si mangiava un «rigore» in movimento, quasi uno shot-out Usa e getta, non meno portentoso, non meno clamoroso. La porta, gliel’aveva spalancata Pepe (41 anni), nell’unico attimo in cui l’età ne aveva preso a calci la malizia, e chiusa, al culmine di una cavalcata da film western, l’intruso alla sparatoria. Diogo Costa.
Il Portogallo di Martinez, padrone monotono della trama. La Slovenia di Kek, arroccata ma pavida no, mai. Le bollicine di Cancelo, le sportellate di Bijol. Coriandoli di una vita fa. La coda dei penalty ha ristabilito le gerarchie e invitato sul palco anche Josip Ilicic, 36 anni, il chierichetto che, nella messa cantata del Gasp, era addetto ai turiboli della fantasia. Nel dettaglio: Ilicic, parato; Cristiano, poiché l’ego strillava e non glielo avrebbe mai perdonato, gol; Balkovec, parato; Bruno Fernandes, gol; Verbic, parato; Bernardo Silva, gol. Ducadam, nella finale di Coppa dei Campioni tra Barcellona e Steaua, Siviglia 1986, ne rintuzzò quattro su quattro, addirittura.
«Essere soli è una forza; sentirsi soli una debolezza» scrive Julian Barnes in «Elizabeth Finch». E’ quello che deve aver pensato Cierre dopo l’errore che poteva stroncargli l’uscita. Invece no. Dal cilindro del destino è uscito un angelo custode (e portiere, soprattutto). Non Oblak. Diogo Costa. L’altro. Il mestiere dell’ombra.
** A Dusseldorf, Francia-Belgio 1-0 (autorete di Vertonghen). Di «musin musetto», l’ex cicala avanza. Autogol di Wober, 1-0 all’Austria; 0-0 con l’Olanda; rigore di Mbappé, 1-1 con la Polonia. E poi il harakiri di Vertonghen, su tiro-cross di Kolo Muani al minuto 85. Reti su azione, ancora zero. C’est la vie en bleu. Per carità , la partita l’han fatta loro, i vice campioni del Mondo. E se l’epilogo è stato fortunoso, cesellata fu l’azione che lo generò. Palla rubata a Lukaku, filiera di passaggi da area ad area, corse e ricorse, tocchi e ritocchi fino alla lotteria della conclusione. I numeri raccontano di 19 tiri a 5 per la France, ma 2 a 2 nello specchio: e quelli di Lukaku e De Bruyne, pericolosi assai, sventati da Maignan. Livello tecnico, a pelo di sufficienza. Manca, a Deschamps, un Giroud giovane da piazzare nel cuore dell’attacco: in maniera da offrire alla maschera di Mbappé (in senso letterale) carnevali più agevoli. Il Belgio Tedesco è stato Doku e (un po’) De Bruyne. Sinceramente: il solito monumento a un calcio che, sul più bello, diventa troppo «liquido» e vanesio per sedurre i tabellini.
Escludendo i tre minus shitsons,qualcuno ha mai visto giocare Khephren Thuram?
Altra cosa su Cristiano.
A detta di cornuti e macchiette vedovelle varie sarebbe uno che spacca gli spogliatoi.
Direi che ieri sera abbiamo avuto l’ennesima prova che sta gente ha un grumo di sterco al posto del cervello.
Se fosse vero che mette il suo ego davanti a tutti e tutto,dopo il suo errore dal dischetto le reazioni dei compagni sarebbero state ben diverse.
Becco nigeriano
Puoi sempre scrivere che Lippi e Mancini erano tecnici federali e che la verità sta da una parte sola.
Nel caso potresti giurarlo su quel ragazzo morto in mare.
Tanto una più una meno cosa ti cambia?
Macchietta vedovella
De la Fuente era dapprima allenatore delle giovanili del Bilbao quindi della next gen dei baschi eppoi dell´Alaves.
Da lì è approdato all’under21 e quindi alla nazionale maggiore.
Non è un tecnico formato dalla federazione.
Mi spiace macchietta vedovella,vabbè dai puoi sempre consolarti sparandoti una sega con la foto della Paolini.
Becco nigeriano.
Lippi e Mancini erano tecnici federali?
chiedo a Giovanni, l’esperto di tennis, per quale motivo c’è così tanta resistenza a sostituire i giudici di linea con l’automatismo di chiamata, forse per i disoccupati che creerebbe? sta di fatto che a Wimbledon si stanno verificando chiamate errate in modo clamoroso, ad esempio ieri Arnaldi è stato penalizzato da due successive chiamate di un giudice evidentemente strabico (o tifoso di Tiafoe) dove l’errore era macroscopico
… magari quella che si sta giocando l’europeo, in Germania, non è la nazionale maggiore spagnola. Si, deve essere così, non è la nazionale maggiore.
https://www.google.com/amp/s/m.corrieredellosport.it/amp/news/calcio/mondiali-2022/spagna/2022/12/08-100920934/spagna_tutto_sul_nuovo_ct_della_roja_de_la_fuente
Forse esistono…
Ahahahah….. ahahahah….. ecco dove sta la ragione….tra le corna di uno stambecco che scende nel Roero per sbirciare dal buco della serratura.
Purtroppo non ci arriva a pensare che la nazionale non può essere allenata da un allenatore di club che programma il proprio lavoro 7 giorni su sette per dieci mesi all’anno.
Il CT è un selezionatore che in base ai tempi concessi ed agli uomini che sceglie deve trovare una quadra credibile, portarla avanti e disputarci un torneo dove i risultati contano più del gioco.
Mi sembra che l’ultimo Europeo lo stia dimostrando….
Difficile???
Il becco nigeriano come al solito non ha capito un cazzo.
Nessuna nazionale maggiore ha un tecnico federale.
A certi livelli non esiste più e comunque è un retaggio del passato solo italiano.
Oggi ci vogliono tecnici che abbiano già avuto a che fare con l’iper professionismo di questi tempi.
Il rapporto allenatore giocatori è’ ambiato profondamente e d’altronde abbiamo vinto mondiale ed europeo con Lippi e Mancini.