Sessant’anni, oggi. Quando non c’era ancora l’euro ma c’era il Marco. Il centravanti non smette di agitare dibattiti, soprattutto adesso che persino Pep Guardiola, al Manchester City, ha tradito lo spazio per la ciccia di Erling Haaland. E’ un «mestiere» che ha adeguato le funzioni alla tempesta nozionistica del nuovo secolo, carnefice e vittima di lavagne legate alle mode e non solo ai modi (d’impiego). «Fragile» come il titolo della sua biografia, Marco Van Basten accompagnò il ruolo – pur sempre un ruolo di «caccia», misurato sul numero delle prede – a livelli di arte assoluta.
Lo fregarono le caviglie, martoriate da avversari senza scrupoli. Non lo salvarono i ferri dei chirurghi, da René Marti a Marc Martens, che si palleggiarono cartilagini, terapie e illusioni. Operato, ri-operato: un calvario. Si arrese, consegnandosi al destino, il 17 agosto 1995, ad appena 30 anni. La sera successiva si presentò a San Siro, dove Milan e Juventus si sarebbero contesi il trofeo Berlusconi. Ero là , in piccionaia, e al giro d’onore mi alzai in piedi. Il cigno di Utrecht, in jeans e giubbotto di renna, aveva il braccio pendulo, gli occhi mesti, il ciuffo a mezz’asta. Il popolo non sapeva cosa privilegiare: se i tamburi della venerazione o i violini della malinconia. Li alternò, commosso, ricavandone brividi di tormento.
Marco è stato un «nove» e un «dieci», tre volte Pallone d’oro, sbocciato nell’Ajax di Johan Cruijff e vincolato indissolubilmente al Milan di Arrigo Sacchi, il Milan dei tulipani: lui, Ruud Gullit e Frank Rijkaard. Nel calcio moderno è difficile indicare un erede che ne ricalchi lo stile: badano al sodo, vivono di gol (è buono e giusto), all’eleganza del rito preferiscono l’efficacia dell’attimo. Il più vicino è stato Zlatan Ibrahimovic, anche se con i suoi gusti esasperati, metà ballerino e metà gangster.
Gli estremisti dedicheranno il resto della vita a scannarsi su chi ha dato di più a chi, se Sacchi a Van Basten o Van Basten a Sacchi. Di sicuro, Marco ha vinto «prima» d’incrociare il profeta di Fusignano – all’Ajax, appunto – «durante», come documenta l’Europeo olandese del 1988, e «dopo», con Fabio Capello. Arrigo, senza, giunse secondo al Mondiale del 1994. Posteri, a voi.
Era un tipo strano, algido, che affascinava in campo, non certo nel discutere di razzismo, di diritti, argomenti di fronte ai quali rimaneva colpevolmente tiepido, quasi scollegato. Michel Platini si ritirò sul filo dei 32, nel 1987, ma fu una scelta, non una condanna. La rovesciata all’Ifk Goteborg ha incarnato, di Marco, lo squillo più sensuale; e la saetta all’Urss, l’arcobaleno più erotico. Se i Pontello non si fossero sfilati, Claudio Nassi lo avrebbe portato alla Fiorentina. Era tutto fatto: cifre, scadenze, optional. E invece dai capricci della storia spuntò Silvio.
«Il problema di creare un inferno è che poi devi viverci» ha scritto Olivia Laing in «Everybody». Marco non l’ha creato: ci si è trovato. Ogni volta che si parla di centravanti, riesumarlo dagli scaffali non è piaggeria e nemmeno pigrizia (per eludere temi più scottanti): è il minimo.
Produttore di merda perpetua, ogni allenatore risponde per le richieste che fa mettendoci, la faccia e prendendosi le responsabilità nel bene e nel male.
Questo significa avere le palle.
Cosa che tu non sai cosa sono….ammiri quelle degli altri ballare sul tuo Materazzi.
Scritto da DinoZoff il 1 novembre 2024 alle ore 13:47
Tu spergiuri sulle tragedie altrui
Hai l’anima sporca di merda come tutti gli indaisti.
Avere le palle non sai nemmeno cosa significhi e la storia della tua vita parla da sé.
Fare peggio dell’anno prima, non è mai una nota positiva.
Se si rivoluziona, lo si fa per migliorare, non peggiorare. I tifosi juventini hanno perculato i napoletani per anni del bel gioco e zero titoli.
Ora invece è quello a cui si aggrappano tifosi come te.
Meglio zero titoli ma bel gioco. Che poi, tolte tre partite, dove vedete un bel gioco?
Soprattutto affrettarsi perché le maglie dell’udinese sono già difficili da trovare.
Ah un’altra cosa,dovessimo mai vincere a Udine non è necessario che ci raccontiate di essere alle Bahamas per giustificare la vostra assenza dal blog e nemmeno che stavate seguendo la Paolini su Twitter.
Diteci la verità :eravate rintanati a casa vostra.
Nelle fogne.
Non vincere contro il Lille potrebbe un po’ complicare, ma è futuro, gli orizzonti temporali nel calcio non vanno pensati oltre la prossima partita. .(del resto pure Motta afferma, guardiamo partita dopo partita)
Scritto da Alex drastico il 1 novembre 2024 alle ore 13:28
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Produttore di merda perpetua, ogni allenatore risponde per le richieste che fa mettendoci, la faccia e prendendosi le responsabilità nel bene e nel male.
Questo significa avere le palle.
Cosa che tu non sai cosa sono….ammiri quelle degli altri ballare sul tuo Materazzi.
Io mi aspetto che la Juve vinca ogni partita ogni stagione. O quasi (per dire, prossimamente contro il mc, alla,vigilia non scriverò, o vittoria o crisi)
Ok ragazzi però mi raccomando l’Udinese. Perché insomma, la strada è lunga e tutto il resto, diamo a Motta il tempo che gli serve, ma ci aspettiamo che batta l’Udinese, quantomeno. Certo fino allo scorso anno nessuno di quelli che oggi si aspettano quello o l’altro si aspettavano nulla, però oggi si. Aspettative selettive.
Non rispondere allo stolto secondo la sua follia, perché tu non gli debba somigliare.
Proverbi 26-4
Scritto da Causio il 31 ottobre 2024 alle ore 22:06
Concordo alla lettera. Con il principio
Su,male che va c’e’ l’opzione Montero,ihihih
Il coglione ds sarebbe quello che avrebbe dovuto assecondarlo prendendo Bonaventura e Pereyra.
Il ds intelligente invece lo assecondò prendendogli Pogba e Paredes.
Gente con l’anima sporca di merda.