Ciao, grandissimo. E grazie

Roberto Beccantini27 dicembre 2024Pubblicato in Per sport

Non era il primo della classe, Gian Paolo Ormezzano. Era un fuoriclasse. Assoluto. Ci ha mollato a 89 anni suonati e suonanti, dopo aver scritto di tutto e per tutti, persino un libro su quel Covid che lo aveva accerchiato e aggredito: «Gotta continua».

Ha seguito 25 Olimpiadi, tra estive e invernali, 28 Giri d’Italia e 12 Tour. Era a Cap Canaveral quando Apollo 11 sbarcò sulla luna; a Monaco quando ci fu la strage di Settembre Nero; a Kinshasa per il «rumble of the jungle» tra Ali e Foreman; in Argentina con Sivori, Bearzot e non lievi trambusti d’ombre e nell’ombra; e al Mondiale dell’82, apostolo del Vecio non dal fondo ma dall’inizio.

Articoli, romanzi, televisione. Fu mio direttore a «Tuttosport» (il secondo, dopo Giglio Panza) e fui suo «superiore» (sic) a «La Stampa». Aveva, con la parola, un rapporto sensuale, quasi carnale. Torinese e torinista, ma amicissimo di Boniperti e Platini, mi chiamò «Bonzo» perché una brace di pipa aveva dato fuoco al cestone della carta, nella mitica via Villar: erano tempi, quei tempi, in cui negli uffici era vietato «non» fumare.

Lo divertivano i giochi di parole, «malattia» che mi ha attaccato; scriveva più veloce di Brera. Era vorace, non si tirava mai indietro. Ha scortato più di mezzo secolo di sport, di vita, di giornalismo. Ironico ed eclettico.

Entravi nella sua tana, e lo trovavi, implacabile, che dettava un pezzo al telefono, ne picchiettava un altro sui tasti della Olivetti e, magari, consegnava un fascio di cartelle a una incauta segretaria di passaggio. Non si piangeva addosso: al massimo, come ha confessato, addosso si scriveva. Bastava un indizio, uno qualunque. Era a Tortona, il 2 gennaio 1960, quando morì Coppi. Ecco: Nacque lì, proprio lì, la sua strepitosa carriera. Impossibile imitarlo: sarà già tanto custodirlo. Ciao, Grandissimo. E grazie.

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