In vita e in carriera Rino Tommasi è stato cattedra, non solo penna o voce. Ci ha lasciato a 90 anni, pochi giorni dopo la «partenza» di un altro genio: Gian Paolo Ormezzano. Non sono operazioni di nostalgia, le nostre: e tanto meno di passatismo. Rino appartiene alla storia, non a un periodo.
Figlio di atleta olimpico (papà Virgilio, salto in lungo), ha invaso e governato un sacco di sport: tennista, organizzatore di boxe, giornalista, scrittore, telecronista. Ci fece conoscere Mike Tyson, prendeva sempre posizione, e la difendeva con l’asciutto scudo dei numeri: che in lui, per quanto torturati o torturabili, camminavano dritti, senza barcollare.
Rino. Nato a Verona, tifoso del Verona. Viaggiava in Concorde («per arrivare prima sulla notizia»), inviato della «Gazzetta», dalle tv di Silvio Berlusconi a Sky, via Telepiù. Quante trasferte, insieme: e quella domenica del 1984, al Roland Garros, in cui mi aiutò a entrare da «portoghese» per il gran ballo tra Ivan Lendl e John McEnroe. Indimenticabile.
Aveva il tono del testimone schietto e competente, lontano dalle urla che gonfiano i mediocri. Con Gianni Clerici ha formato una coppia «di fatti» che il popolo non dimenticherà mai: per aver coniugato l’essenza dello sport con l’assenza di silicone. Commentavano, e insegnavano, divertendosi: e divertendoci. Rino, il «ComputeRino» di Gianni; Gianni, il «Dottor Divago» di Rino.
Parlava inglese quando, per trovare un giornalista italiano che lo parlasse, bisognava battere mezzo Stivale. Da «veronica» a «mini-break» ci lascia una enciclopedia di aforismi, di libri e di telecronache che noi, polvere di stelle (la sua, le loro), fissiamo – commossi, grati, orgogliosi – dal «circoletto rosso» del «suo personalissimo cartellino». Gioco, partita, Rino.
Pessimo primo tempo tolta la giocata individuale di Kenan.
Squadra senza palle, sembrano 11 checche.
Per chiudere le partite bisogna tirare in porta. Noi solo un tiro. Troppo poco
Karamoh che passa come causio Nessuno a marcare sul tiro dello zingaro Questi mi sa che ci marciano
Come sempre si smette di giocare e so aspetta l’ineluttabile.
Certo, stiamo dietro e facciamo tirare facilmente dal limite.
Che prendere gol in contropiede è un peccato capitale.
come sempre….chiuderle mai
E poi al solito, tiro della domenica dell’avversario che se lo rifà 100 volte manco prende la porta.
Leggeri, leggeri… quello là passa in mezzo a tre senza fare nulla… bleah.
Qui però Koop – Mbangula due contro uno troppo leggeri…
Zero, ma proprio zero, pressing da parte nostra, al contrario di loro.
Non mi piace per niente.
Kenan!!!