Ogni tanto il pallone torna «bambino». Lucca che a Lecce, renitente alle gerarchie e agli ordini, sequestra il rigore (e lo trasforma, per fortuna sua), come facevamo noi bambini all’oratorio, se e quando padroni dell’attrezzo. L’autogollonzo di Thiaw, investito dal rinvio di Maignan. La punizione battuta in fretta da Sanabria, per il sinistro improvviso di Gineitis. Milinkovic-Savic in versione Jashin, rigore murato (a Pulisic) e almeno tre tuffi di gran classe.
Naturalmente, diranno che bravo Vanoli e che pirla (il solito) Sergio. Brutta, bruttissima settimana: l’uscita dalla Champions, e questo k.o. che, dall’altra Champions, quella del campo, lo allontana. Due suicidi. Tutti e quattro in scena, i «ballerini» (Pulisic, Gimenez, Joao Felix, Leao): perché non a rate? Il harakiri di capitan Mike (che si riscatterà poi su Ricci e, soprattutto, su Vlasic) spacca subito l’ordalia e la indirizza verso un ritmo british assai. Diavolo all’arrembaggio, avversari in trincea. Leao è un mezzo fantasma, Gimenez o gol o zero, Joao (poco) Felix ruba spazio a Reijnders che, non a caso, pareggerà non appena uscito il Cassano minore.
Ricapitolando: la «garra» del Toro, le lune del Diavolo. Nessun dubbio che un punto a testa sarebbe stato verdetto più equo. Ma pochi dubbi, pochissimi, sul fatto che, se il Toro è una squadra con dei limiti, il Milan è un bouquet di limiti che qua e là fanno squadra. Dall’ultimissimo Pioli, non dai portoghesi.
Di fatica e di forza, l’Inter. Come gioco, meglio il primo tempo dello Stadium. Il Genoa di Vieira le resiste (e la stuzzica) fino al 76’. Angolo di Calhanoglu (un cambio, toh), testa di Lautaro, spalla di Masini. Prima, traversona di Barella e paratona dell’ex Martinez su Ekuban. Dopo, spazi e contropiedi, con Leali in vetrina. Ancora rotto Correa, ancora legnoso Taremi. Però 1-0.
Ho vinto di nuovo! Uaz uaz.