Quel ramo del mago di Como

Roberto Beccantini23 febbraio 2025Pubblicato in Per sport

Sorpasso, dunque. Inter 57, Napoli 56. Cadono, i fanti di Antonio, a Como, quarta partita senza vittorie e quarta sconfitta dopo tre pareggi. Il 2-1 sorvola gli aspetti della cronaca e gli spettri degli episodi. Quel Cesc del ramo di Como. Giù il cappello. Sull’uno pari, mette una punta in più, Cutrone, e se la gioca fino alla fine (a proposito), premiato dal ricamo di Nico Paz per il destro di Diao nel cuore di una difesa in bambola.

Del Napule mi ha deluso, molto deluso, il secondo tempo. L’agenda libera avrebbe dovuto suggerire ben altra cazzimma. Eppure di avvisi di «garanzia» ce n’erano già stati. Al netto degli episodi che avevano spaccato e ricomposto l’equilibrio: il suicidio di Rrahmani, con Meret fuori porta, un autogollonzo all’altezza del tamponamento Maignan-Thiaw di sabato, a Torino; il mezzo harakiri di Kempf, borseggiato da Raspadori.

La ripresa, dicevo. Il nulla di Lukaku. La panchina di Anguissa, diffidato e, per questo, sdoganato giusto agli sgoccioli. Le gambe che giravano in sordina, o comunque non come il loggione si sarebbe aspettato. E le idee. I proprietari indonesiani del Como hanno saputo scegliere la gente che deve scegliere. E Cesc Fabregas, scuola Barcellona, è un allenatore che mi aveva incuriosito sin dalla serie B. Propone, rischia. Avrà i suoi difetti, ma trasmette emozioni, non semplicemente nozioni.

Conte Dracula. Al posto di Kvara è stato reclutato uno scarto del Milan, Okafor. Il giocatorista che è in me frigge. Troppo, il Martello salentino, l’ha menata con il mercato e aver sparso polvere sul futuro, proprio in un frangente così delicato, non ha aiutato, non può aiutare. Nemmeno De Laurentiis, tornato ‘o Pappone.

Le idi di marzo, a caccia perenne di un Cesare e di un Bruto, incombono fatali. Sabato, al Maradona, Napoli-Inter. Mamma mia.

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