Buon Europeo a tutti. Comincia domani, a Roma, con Italia-Turchia. E’ un’edizione speciale, martoriata, itinerante. L’idea, splendida, era venuta a Platini, per celebrare i 60 anni della rassegna (1960-2020). Il Covid la trasformò in un bieco azzardo. Si gioca, così, un anno dopo. Ma si gioca. Gli Europei e i Mondiali sono i rintocchi più chiassosi, e festosi, che hanno scandito la mia giovinezza, roba ormai di un secolo fa. La bulimia delle coppe li ha costretti a scendere a patti. Saranno pure barbose, le eliminatorie, ora, soprattutto, che la caduta del Muro ha smembrato l’Europa dell’est e l’Uefa deve dar da mangiare a 55 federazioni: resta il fascino di un «giallo» che, nel giro di un mese, ci porterà all’assassino. Senza se e senza ma.
Campione uscente, il Portogallo di Cristiano Ronaldo (ma non solo). Mia favorita, la Francia di Kanté e Mbappé: che nel 2016, prima di laurearsi campione del Mondo a Mosca, venne sconfitta proprio dai portoghesi, in casa. Poi Belgio e Inghilterra. Mancini ha ricostruito l’Italia. Oggi, la vedo in bilico fra quarti e semifinali. Gioca bene, diverte: le sono mancate le grandi vittorie che solo i grandi avversari porgono. Mi preoccupano due cose: la vecchia ditta Bonucci-Chiellini e il borotalco nel quale la propaganda ha recluso e affogato il rotocalco degli azzurri.
Di Europei ne abbiamo vinto uno solo. Nel Sessantotto, anno non proprio banale, dopo una monetina e una finale ripetuta. Cinquantun partite in un mese: non è detto che trionfi la squadra più forte. Potrebbe toccare a quella più fresca, o più forte in quel periodo lì. Ci sarà il Var, si comincia all’Olimpico e si chiude a Wembley. Fra Nazionale e Nazione il rapporto è sempre stretto e per questo, a volte, ambiguo, pericoloso. Il carro è lì. Attorno, una gran ressa. Da fateci vaccinare a fateci sognare. Torniamo 60 milioni di ct: nostalgia?
Famolo strano
Fabrizio, siamo su “Fiocco Azzuro”
;-)
Quindi Donnarumma va al PSG e Depay va al Barça, che è ancora più in difficoltà finanziariamente di noi.
Noi, fermi.
Eh già , prima bisogna vendere. Ma nessuno si vuol muovere prima della fine degli europei.
E poi Arrivabene è ancora intangenziale, prima si aspetta che arrivi in sede.
Poi si fa una cena, si mette in agenda un meeting fra una decina di giorni (prima c’è un torneo di golf e la festa di compleanno dei bambini e bisogna ancora comprare i palloncini).
Nel frattempo la lista delle occasioni perdute o svendute si allunga: Verratti, Tolisso, Coman, Spinazzola, Romero… tutta gente che era nostra o quasi per due spicci (o anche zero spicci) e quasi faceva una sauadra intera.