Claudio Garella non era un portiere qualunque. Vinse due scudetti, il primo con il Verona e il secondo con il Napoli (di Diego Armando), e già questo è un dettaglio selettivo, significativo. Era nato a Torino, aveva 67 anni, l’ha tradito il cuore. E’ morto dimenticato, lui che negli Ottanta prese a calci il ruolo, non solo in senso metaforico.
Grande e grosso, sbocciato fra gli ultimi spiccioli di Zoff e l’epifania del Sacchismo, che considerava il portiere un intruso, diventò «Garellik» perché non apparteneva a nessuna scuola, o meglio: dal momento che gli avevano fatto una testa così con il fine che giustifica i mezzi, privilegiò la ragion di squadra all’estetica. A quei tempi, i suoi tempi, i piedi – per un portiere – erano necessari, non obbligatori. Cominciò a usarli come alternativa alle prese ortodosse, fedele a una vecchia massima cinese: «non importa di che colore sia il gatto, purché acchiappi i topi».
E allora: vai di gamba, sulla linea di porta ma anche più avanti, se all’orizzonte appariva, d’improvviso, un barbaro invasore. Tanto che, si mormora, l’idea di punire il fallo da ultimo uomo cominciò a serpeggiare anche per «merito» di quelle uscite alla kamikaze, un po’ alla Ghezzi e un po’ alla Rocco («Colpite tutto quel che si muove a pelo d’erba. Se è il pallone, meglio».
L’avvocato Agnelli lo definì «il miglior portiere senza mani». Una cosa così. E dopo uno 0-0 a Napoli, nella stagione magica dell’Hellas, le troppe coccole che Ameri gli aveva dedicato fecero sobbalzare l’Osvaldo: «Guardi che abbiamo attaccato anche noi».
Non ha anticipato Neuer, non ha anticipato né mode né modi. Le spanciate non ne hanno rigato la letteratura da pane e salame che, pur senza Nazionale, l’ha scortato e illustrato. Non era un fenomeno, non spingeva per farsi strada: respingeva. Malinconia canaglia.
Ho avuto il piacere (si fa per dire, sono juventino) di vedere all’opera Garella l’ anno dello scudetto al Verona. Ero abbonato al Bentegodi. Ultimo baluardo di una difesa ottimamente organizzata sui centrali Fontolan e Tricella ( poi acquistato pure lui dalla Juve) sfodero’ prestazioni magistrali agli ordini del grande Bagnoli, che consentirono alla città di realizzare un sogno. Che riposi in pace
Povero Garella,non ha avuto un giusto tributo neppure in questo nosocomio,riposa in pace portierone.
Portiere unico nel suo genere, RIP
Gentile DinoZoff, buon pomeriggio: Garella usava molto di più i piedi, come extrema ratio.
Buongiorno Beccantini. Penso che Garella possa essere definito il Piet Schrijvers all’italiana. Non so se concorda…
pazzesco, 2 scudetti , Verona e Napoli! irripetibile.