Diario mondiale, terza puntata. Dopo l’Argentina, la Germania (con la bocca tappata per protesta contro la fifa della Fifa): da 1-0 a 1-2. La storia, cari Pazienti, la storia. I giapponesi non sono forse quelli che, sordi agli ordini imperiali, continuarono a combattere la guerra, asserragliati nelle selve oscure delle loro isole, una guerra strapersa e strafinita? Ecco qua: sotto di un gol (rigore di Gundogan), in balia del palleggio di Musiala e di una superiorità mortificante, salvati dai tuffi di Gonda, graziati da tiratori stranamente generosi, hanno continuato a lottare, a giocare. Il loro comandante, Moriyasu, ha chiamato rinforzi e li ha azzeccati, Flick no. Togliere il migliore in campo, a meno che non sia lui a chiederlo o lo scarto a reggerne il peso, non è mai una grande idea: e Musiala lo era stato.
Fin qui, la storia. Da qui, la storia rovesciata. I luterani che, d’improvviso, fanno mercato di occasioni, cedono alle tentazioni della partita in pugno, lasciano praterie dietro a Kimmich e Gundogan, costringono Rudiger a rattoppi volanti e stremanti. Sino ai gol di Doan, su azione, e di Asano, su lancio lungo: che controllo in corsa, e che botta. Con la complicità , forse, dell’eroico Neuer. Non ci avevano abituato così.
La sentenza Bosman del 15 dicembre 1995 ha aperto l’Europa e poi il mondo a tutti, in una sorta di Erasmus calcistico che permette ai giapponesi, per esempio, di «studiare» in Germania. Che poi i procuratori, entrati pesciolini, ne siano usciti squali, è un’altra storia. Rimane il messaggio. Fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza. Basta applicarsi. E in un torneo corto come questo – nella fase a gironi, in particolare – molto può succedere. E’ successo. Con Messi, con Thomas Muller. «Avete tentato, avete fallito. Non importa.
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