Noia, per favore, vai via…

Roberto Beccantini10 novembre 2022

Togliere il contropiede ad Allegri è come togliere Allegri ad Adani. Sbadigli. Per carità, il Verona aveva aggredito persino il Milan, salvo poi arrendersi – con onore – alle sue qualità. Con la Juventus è andato via di gamba e ci ha messo il cuore, il muscolo. E’ caduto sull’unica, decente azione degli avvesrari, Milik-Rabiot-Kean – all’ora di (non) gioco.

Per Bocchetti, ultimo, è la nona sconfitta di fila; per Madama, la quinta vittoria. Inoltre: la peggior difesa contro la migliore. Ecco un altro punto: date a Max il bunker più munito e si eccita, pronto a sacrificargli molto. L’Hellas ha giocato come poteva, con Djuric e quindi Henry a ramazzare campanili. La Juventus ha giocato malissimo. Il calendario compresso non fa sconti, il catenaccione della Cremonese ha bloccato il Milan sullo 0-0, l’Inter ha avuto bisogno di una prodezza di Dzeko per scacciare le paure, rimontare e asfaltare il Bologna. Il Napoli, che fa un campionato a sé, ha battuto l’Empoli di rigorino, di cambi e di bellezza (l’azione del raddoppio: Lozano-Zielinski, chapeau).

Il possesso palla di Allegri toccava picchi guardioleschi, ma Kostic e Rabiot rifiatavano, Locatelli e Fagioli non trovavano sentieri, figuriamoci autostrade, Cuadrado «parava» più di Perin, il che è tutto dire. Uno spericolato mani-comio di Danilo, sempre lui, non commuoveva il Var che poi, correttamente, cancellava un rigore di Bonucci (su Verdi): non c’era (a differenza dell’altro). Chiudeva in dieci, la Juventus, per un rosso ad Alex Sandro. Un rosso netto ma singolare: su contropiede di Lasagna, fra i più vivi, dopo che i cortomusisti non ne avevano accennato manco mezzo.

Il pari sarebbe stato più equo, come mi segnala un delicato lettore di fede juventina: ce ne sono, ce ne sono. Ma così è. Di Maria, a proposito, quel poco che ha giocato lo ha offerto all’Argentina. Che è sempre una bella cosa. Anche se non bellissima. Forse.

Conte in sospeso, Allegri servito

Roberto Beccantini7 novembre 2022

Gli ottavi di Champions si giocheranno a febbraio, come sempre; dopo il Mondiale d’autunno, questa volta, come mai in passato. Ecco perché spogliare il sorteggio di novembre è esercizio platonico, ancorché piccante. E comunque: globalmente ci è andata bene. Toglierà il disturbo già uno fra Liverpool e Real, protagonisti dell’ultima finale; e un altro fra Paris Saint-Qatar e Bayern, protagonisti della finale 2020. L’osso più duro l’ha beccato il Milan di Pioli, che dovrà misurarsi con il Tottenham di Conte. Uno scalpello contro un martello. Il più morbido, sempre sulla carta, il Napoli: l’Eintracht Francoforte, ex squadra di Kostic, è uscito vivo per miracolo dal più lotteristico dei gironi. Il Porto appartiene all’avanguardia del calcio portoghese. Giustiziò, a suo tempo, la Juventus di Pirlo e Cristiano Ronaldo. L’Inter vista allo Stadium deve stare in campana.
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Calcio, mistero senza fine Kostic

Roberto Beccantini6 novembre 2022

Sembrava che la camomilla di Allegri avesse i minuti contati: un’occasione di Dzeko; una, più grossa, di Dumfries; bacini assortiti degli dei. Invece no, è saltata per aria l’Inter. Succede, quando sei più forte ma non lo fai pesare. Il 2-0 della Juventus affiora, guerriero, da un secondo tempo che Calhanoglu aveva introdotto impegnando Szczesny. D’improvviso, si è acceso Kostic. Fin lì, uno dei peggiori. Cornice della cornice. Periferia della periferia. Si scrolla Barella e arma il destro di Rabiot per la volata che spacca l’equilibrio bigio e grigio. Offre a Danilo, su corner, la girata del raddoppio confiscata, per mani-comio, dal Var. Costringe Onana a salvarsi di palo. Smarca Fagioli per la rete che, complice Gosens, blinda il risultato. Tutto d’un fiato. Tutto in 45’. Tutto di corsa.

Calcio, mistero senza fine buffo. Allegri, «palla al piede» della Juventus, soffre e butta giù dalla torre Inzaghi, lo stratega che, in Europa, aveva eliminato il Barça. Lau-Toro avrebbe potuto pareggiare, ma Szczesny l’ha murato. Dopodiché, cambi di qua e cambi di là (due soli, Madama) e un destino che la garra di Bremer, al rientro, Danilo e Rabiot, i migliori, ha coccolato sino a farselo amico. Ha saputo soffrire, la Juventus, pallida e generica, ma tosta: comunque. E poi, passata la tempesta, fatale e letale.

Non avrei tolto Dimarco, che in avvio aveva spremuto Cuadrado. Avrei inserito Chiesa, sì, ma non al posto di Milik, l’unico traliccio che proteggeva i campanili della difesa (a proposito: 7 reti, la più munita). Non aveva mai battuto una Grande, Allegri. Continua a non batterle, Inzaghino.

Miretti trequartista o giù di lì era ingabbiato. Non Fagioli, più mobile e, al secondo gol consecutivo, più ficcante.
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