Il maximo

Roberto Beccantini25 aprile 2022

Il Sassuolo aveva battuto Juventus, Milan e Inter in trasferta, Fiorentina, Lazio e Atalanta al Mapei. Ha perso, d’improvviso, contro una Juventus decimata (anche Cuadrado, persino De Ligt), dopo averla costretta a una partita di estrema sofferenza. Palleggiavano, le sartine di Dionisi, ma non infierivano. Un po’ per le parate di Szczesny (su Berardi e Scamacca), un po’ perché un gol (di Raspadori, su splendido ricamo Traoré-Berardi, complice, forse, il polacco) non è mai garanzia di avviso (di vittoria).

Stampellato e incerottato, la Viola nella gambe, Allegri si barcamenava. Avrebbe potuto fare di più, di meglio? Sinceramente: non penso. Con quel Rabiot lì, con quel centrocampo là, con quel Dybala che accumulava errori sino al pareggio che appartiene a un repertorio che il divorzio non potrà mai cancellare. Dondolìo alla Nielsen e sinistro lassù, alla Omar. La cronaca impone di rammentare, a monte, un furioso corpo a corpo fra Kyriakopoulos e Morata che Maresca ha giudicato come l’arbitro di Tottenham-Southampton 2-3 tollerò l’abbraccio di Emerson Royal a Broja prima del gol di Son. Un fischio non sarebbe stato un fiasco.

Non che non ci abbia provato, Madama. Con Morata di sinistro e di testa, soprattutto: in un’occasione, bravo il portiere. Hanno deciso i cambi. Non Vlahovic, però. Kean. Si è bevuto Chiriches e beffato le gambe di Consigli. A un certo punto, è entrato Chiellini (37 anni) e, verso la fine, Miretti (18 anni). Sono segnali? Il primo, di sicuro. Il secondo, vedremo.

Raspadori e Frattesi erano stati chiacchierati, alla vigilia. Un gol di qualità, la puntina; volate british, l’incursore. Così così Berardi, idem Scamacca e Traoré. Resta il risultato: un macigno. Blinda il quarto posto di Allegri, affligge il coro di Dionisi: 64% di possesso a 36%. Gli episodi, però, avevano altre idee.

Di lancio e di slancio

Roberto Beccantini23 aprile 2022

Tre a zero all’Olimpico, 2-0 in coppa, 3-1 a San Siro. Inter-Roma è finita così. L’ultimo set è stato equilibrato per mezz’ora, poi Calhanoglu ha lanciato Dumfries, centravanti di posizione (e non d’emergenza), gol. Quindi, il ricamo di Brozovic. Da numero dieci, con gli avversari spostati e disarmati/disarmanti. Una goduria, per noi amanti del circo.

Dopo aver fatto la storia, con l’Inter e per l’Inter, Mourinho può permettersi di nascondersi nella cronaca, non importa quale: le semifinali con il Leicester, immagino. Gli mancavano Zaniolo, il più brillante del momento (con Abraham), e Cristante; ha promosso El Shaarawy, non l’idea del secolo; ha varato una difesa «alticcia» – nel senso di allegra – che i campioni hanno letto con calma e tradotto in verticale.

Dimarco fionda mancina è una trovata che Inzaghino aveva già impugnato contro il Verona: meno lucchetto di Bastoni, più votato alle folate. Il colpo gobbo dello Stadium coincise con il ritorno di Brozo: quattro partite, quattro successi. Fra parentesi, è al secondo gol consecutivo. In generale, Inter troppo forte: per tutti, penso, non solo per «questa» Roma, tenera come la notte di Francis Scott Fitzgerald, anche se imbattuta da dodici gare. Una palla al piede, (sostiene) Oliveira. E Abraham, abbandonato da Pellegrini e Mkytarian, non ha raccolto che bossoli randagi: una pacchia, per Skriniar e De Vrij, crocerossine nerborute, dedicarsi esclusivamente al paziente inglese.

Non c’è stata partita neppure quando sembrava che ci potesse essere. La schiacciata di Lau-Toro e il destro di Mkytarian hanno infiocchettato un tabellino mai in discussione. Applausi a Mou, da tutti: il pudore degli amici non si dimentica.

Domani, linea a Lazio-Milan. Ora e sempre forza Stefano Tacconi, portiere dei bei tuffi andati.

Plus-disastro, plus-casino

Roberto Beccantini16 aprile 2022

Plus-disastro, plus-casino. Lo 0-1 con l’Inter ha sgonfiato la Juventus. Lo 0-0 di San Siro, con il Milan, ha gonfiato il Bologna. E’ finita 1-1, allo Stadium, in pieno «trip». Rigore o non rigore su Morata, vantaggio o non vantaggio per Cuadrado, traversa, Var, Guida (!) che chiama Sacchi, Sacchi che caccia Soumaoro e Medel e dà punizione. Moviolisti di tutto il mondo, a voi. Era il 41’ o giù di lì. Poi, bello, il pari di Vahlovic, di testa, su rovesciata di Morata, con il Bologna in nove. Amen.

Aveva segnato Arnautovic in avvio di ripresa: gran gol, su assist verticale di Soriano. Un Bologna che argomentava attorno a Svanberg, Schouten e Geronimo-Medel. Una Juventus senza centrocampo, fiacca, panoramica, con Allegri incapace di trasmettere qualcosa che agitasse qualcuno. Ma vi raccomando i piedi: dal tridente in giù. Vlahovic prigioniero (anche di sé stesso, a volte), Morata al largo e in letargo, Dybala in versione «ambulante». E i campanili di Chiellini, sfondo delle ultime cartoline. Palle-gol, zero. Tiri nello specchio, zero.

Una Juventus di qualità modesta, molto modesta, un Bologna che la controllava in scioltezza. Certo, qua e là ha rischiato: la ciccata sotto porta di Rabiot, il palo di Danilo. Ma occhio: un attimo primo del gol, l’austriaco se n’era mangiato un altro.

Sono entrati Zakaria e Bernardeschi (al posto dell’Omarino: serve altro?), Bonucci, Kean e Alex Sandro. A parità di non gioco, non si capisce come questa Juventus non possa cominciare le partite con la foga, almeno, con cui, dopo gli schiaffi, le rincorre.

Del Bologna (forza Sinisa, bravo il suo vice, Tanjga) mi è piaciuto Dijks, sentinella di Cuadrado. In tribuna, c’era Del Piero. Applauditissimo (lui). Mercoledì, in coppa, ci sarà la Fiorentina di Italiano (chapeau). E il quarto posto, detto fra di noi, non è che sprizzi di salute.