La coppietta

Roberto Beccantini20 marzo 2022

Il solito «trentello» (di minuti, di occasioni). Con il Villarreal non bastò, con la Salernitana sì. In Europa, fuori agli ottavi. In campionato, 11 vittorie e 5 pareggi. Tornavano Dybala e Chiellini. A proposito: non c’era proprio niente da fare, per mercoledì scorso?

Nel dettaglio: subito il gol di Dybala, bello, in dribbling, su assist di Vlahovic. Poi ancora l’Omarino, alto, su fiondata di Cuadrado. Quindi il serbo, imbeccato da Dyb e murato da Sepe. Sull’uscio della mezz’ora, il raddoppio: cross di De Sciglio, testa di Dusan. Che aggiungere? In ordine sparso: 1) la Salernitana, ultima in classifica, aveva illuso «persino» l’Inter (0-5, addirittura). 2) La «coppietta» funziona. Non tutte le «case chiuse» vengono per nuocere, se ripensiamo alla piccante vigilia. 3) Last but not least, sono partite, queste, che una grande squadra e un grande giocatore dovrebbero archiviare con il minimo dei girotondi; e che mai, sottolineo mai, dovrebbero condizionare un’eventuale conferma o un eventuale divorzio. Siamo seri.

Il problema di Madama, e di Allegri, è il secondo tempo. Questa volta, però, invito la corte alla clemenza: le ruggini di coppa, il centrocampo a pezzi, Bernardeschi impiegabile (e, lo dico con grande tristezza, sempre inguardabile), la tendenza «di scuola» ad arretrare, come gli scout attorno ai falò della notte. Usciva la Joya, Vlahovic continuava a fare boxe con tutti, Szczesny ne parava due, come con lo Spezia. L’ingresso di Verdi e Ribéry dava qualità ai descamisados di Nicola, lo schermo di Danilo reggeva.

Gli spiccioli di Miretti appartengono alla generosità del premio partita «condiviso». Dimenticavo una cosa: fra gli ammoniti, l’«Halma mater». Proprio lui. Il mister. Con il ditino teso, proteso e sospeso. Dopo gli spareggi mondiali, allo Stadium, Juventus-Inter: polvere di stelle, polvere da sparo.

Diavolo di un campionato

Roberto Beccantini19 marzo 2022

Napoli-Udinese 2-1. Alla Nasa del Pep, il centravanti è lo spazio. Al naso di fra’ Luciano, il centravanti è il centravanti. Victor Osimhen di Lagos, «Naigiria», quattro gol fra Verona e Udinese. Dentro ogni partita, i friulani collocano spesso venti minuti da scudetto. L’hanno fatto anche al Maradona. Pochi, ma significativi. Ha vinto in rimonta, il Napoli, dopo il gol di Deulofeu, scuola Barça: uno che, fino a un certo punto della carriera, guardava più i suoi che la porta. Adesso un po’ meno. L’ha vinta, Spalletti, con un cambio (Mertens) e la forza dirompente della sua «torre».

Inter-Fiorentina 1-1. Sette punti nelle ultime sette gare, i campioni. Segno di una flessione innegabile, se pensiamo, soprattutto, alla suite di otto successi. Inzaghino non è più l’Armani delle sfilate autunno-inverno. Dicono che paghi l’assenza di Brozovic: insostituibile. Mamma mia, che aggettivo: e il «giuoco»? Sarei partito, al posto di Simone, con le riserve con cui ha finito. Per evitare la frattura fra titolari e non, l’unico errore che gli si può imputare. Da Torreira a Dumfries, occasioni di qua e occasioni di là. Italiano mi piace. La sua Viola se la gioca con tutti. Poi, è chiaro, i valori sono quelli: mascherabili in 90’, non alla lunga (Inter 60, Fiorentina 47, tanto per gradire). Ho rivisto un frizzante Castrovilli. Mi hanno deluso Piatek e Saponara, lui di solito così letale nei tocchi smarcanti e nei tiri trancianti, Dzeko e Lau-Toro, Calhanoglu e Barella.

Cagliari-Milan 0-1. E’ il terzo consecutivo. Piano, però, con il corto muso. Le palle-gol di Giroud, Diaz, il palo di Kessié, le parate di Cragno su Theo e Calabria. In mezzo, la rete di Bennacer: bella e difficile. A fronte della flemma di Leao e della traversa di Pavoletti, in coda a un «governo» milanista di netta maggioranza. Pioli 66, Spalletti 63, Inzaghi 60 (e un Bologna in meno). Diavolo che sprint.

Conosco i miei polli

Roberto Beccantini16 marzo 2022

Mi ero permesso, nel mio piccolo, di dare leggermente favorito il Villarreal. Non per scaramanzia, e nemmeno per faciloneria. Perché conosco i miei polli. E il gran capo del pollaio. Morale: Juventus 0 Villarreal 3. Persino esagerato, se facciamo l’autopsia alla trama, ma assolutamente dentro la partita. In Champions, non basta una mezz’ora di bollicine. Madama si era alzata bene dai blocchi, un paio di occasioni, il portiere Rulli sugli scudi, la traversona di Vlahovic e, dall’altra parte, Szczesny turista.

I ritmi, lenti, si prestavano alla metafora degli scacchi. Il problema di Allegri è che, anche quando dice ai suoi di attaccare, ha sempre fifa che gli avversari lo facciano meglio. E così ordina «halma». D’accordo, gli infortuni. D’accordo, la penuria di fantasia là in mezzo, soprattutto, dove l’ultimo passaggio è la bilancia che pesa tutto, tutti. C’è sempre un però, però.

Ha vinto, Unai Emery, alla Allegri (wow). Aspettando Godot. Con Albiol e Pau Torres attenti, Parejo e Lo Celso sornioni e i cambi. Già, i cambi. Coquelin e Gerard Moreno. E’ successo tutto dal 76’ al 90’. Coquelin si è procurato il primo rigore (ah, Rugani), trasformato, via Var, da Gerard Moreno. L’hombre del partido. Su angolo, e pisolo di gruppo, il raddoppio di Pau Torres. E, da una «parata» di De Ligt, l’altro penalty, firmato da Danjuma.

Vogliamo parlare della Juventus della ripresa? Parliamone. Giro palla da anestesia totale, Vlahovic e Morata abbandonati, Arthur postino, Cuadrado prigioniero. Gerard Moreno, dalla panchina, ha fatto la differenza; Dybala, entrato poco dopo, no. Il destino dà, il destino toglie. Vittoria a Firenze e a Marassi senza tirare. Eliminati dal Villarreal sparando come a un poligono. Non puoi giocare sempre alla roulette: devi giocare, ogni tanto.

Botta durissima. Terza volta consecutiva fuori agli ottavi. Con Sarri, Pirlo, Allegri-bis. Da Lione, Porto, Villarreal. E questi sono fatti, non episodi.