Diavolo di un campionato

Roberto Beccantini19 marzo 2022

Napoli-Udinese 2-1. Alla Nasa del Pep, il centravanti è lo spazio. Al naso di fra’ Luciano, il centravanti è il centravanti. Victor Osimhen di Lagos, «Naigiria», quattro gol fra Verona e Udinese. Dentro ogni partita, i friulani collocano spesso venti minuti da scudetto. L’hanno fatto anche al Maradona. Pochi, ma significativi. Ha vinto in rimonta, il Napoli, dopo il gol di Deulofeu, scuola Barça: uno che, fino a un certo punto della carriera, guardava più i suoi che la porta. Adesso un po’ meno. L’ha vinta, Spalletti, con un cambio (Mertens) e la forza dirompente della sua «torre».

Inter-Fiorentina 1-1. Sette punti nelle ultime sette gare, i campioni. Segno di una flessione innegabile, se pensiamo, soprattutto, alla suite di otto successi. Inzaghino non è più l’Armani delle sfilate autunno-inverno. Dicono che paghi l’assenza di Brozovic: insostituibile. Mamma mia, che aggettivo: e il «giuoco»? Sarei partito, al posto di Simone, con le riserve con cui ha finito. Per evitare la frattura fra titolari e non, l’unico errore che gli si può imputare. Da Torreira a Dumfries, occasioni di qua e occasioni di là. Italiano mi piace. La sua Viola se la gioca con tutti. Poi, è chiaro, i valori sono quelli: mascherabili in 90’, non alla lunga (Inter 60, Fiorentina 47, tanto per gradire). Ho rivisto un frizzante Castrovilli. Mi hanno deluso Piatek e Saponara, lui di solito così letale nei tocchi smarcanti e nei tiri trancianti, Dzeko e Lau-Toro, Calhanoglu e Barella.

Cagliari-Milan 0-1. E’ il terzo consecutivo. Piano, però, con il corto muso. Le palle-gol di Giroud, Diaz, il palo di Kessié, le parate di Cragno su Theo e Calabria. In mezzo, la rete di Bennacer: bella e difficile. A fronte della flemma di Leao e della traversa di Pavoletti, in coda a un «governo» milanista di netta maggioranza. Pioli 66, Spalletti 63, Inzaghi 60 (e un Bologna in meno). Diavolo che sprint.

Conosco i miei polli

Roberto Beccantini16 marzo 2022

Mi ero permesso, nel mio piccolo, di dare leggermente favorito il Villarreal. Non per scaramanzia, e nemmeno per faciloneria. Perché conosco i miei polli. E il gran capo del pollaio. Morale: Juventus 0 Villarreal 3. Persino esagerato, se facciamo l’autopsia alla trama, ma assolutamente dentro la partita. In Champions, non basta una mezz’ora di bollicine. Madama si era alzata bene dai blocchi, un paio di occasioni, il portiere Rulli sugli scudi, la traversona di Vlahovic e, dall’altra parte, Szczesny turista.

I ritmi, lenti, si prestavano alla metafora degli scacchi. Il problema di Allegri è che, anche quando dice ai suoi di attaccare, ha sempre fifa che gli avversari lo facciano meglio. E così ordina «halma». D’accordo, gli infortuni. D’accordo, la penuria di fantasia là in mezzo, soprattutto, dove l’ultimo passaggio è la bilancia che pesa tutto, tutti. C’è sempre un però, però.

Ha vinto, Unai Emery, alla Allegri (wow). Aspettando Godot. Con Albiol e Pau Torres attenti, Parejo e Lo Celso sornioni e i cambi. Già, i cambi. Coquelin e Gerard Moreno. E’ successo tutto dal 76’ al 90’. Coquelin si è procurato il primo rigore (ah, Rugani), trasformato, via Var, da Gerard Moreno. L’hombre del partido. Su angolo, e pisolo di gruppo, il raddoppio di Pau Torres. E, da una «parata» di De Ligt, l’altro penalty, firmato da Danjuma.

Vogliamo parlare della Juventus della ripresa? Parliamone. Giro palla da anestesia totale, Vlahovic e Morata abbandonati, Arthur postino, Cuadrado prigioniero. Gerard Moreno, dalla panchina, ha fatto la differenza; Dybala, entrato poco dopo, no. Il destino dà, il destino toglie. Vittoria a Firenze e a Marassi senza tirare. Eliminati dal Villarreal sparando come a un poligono. Non puoi giocare sempre alla roulette: devi giocare, ogni tanto.

Botta durissima. Terza volta consecutiva fuori agli ottavi. Con Sarri, Pirlo, Allegri-bis. Da Lione, Porto, Villarreal. E questi sono fatti, non episodi.

Giù il sipario

Roberto Beccantini15 marzo 2022

Tristi, solitari y adios. Fuori negli ottavi di Champions. Leo Messi, 35 anni a giugno. Cristiano Ronaldo, 37 compiuti a febbraio. La scorsa stagione, con Barcellona e Juventus; questa, con Paris Saint-Qatar e Manchester United. La pulce si fece parare un rigore all’andata, Cierre ha giocato più per la squadra di quanto la squadra non abbia giocato per lui. Brutto segno. Vivono di falò, che ai bei tempi erano fiamme avvolgenti, come la tripletta del marziano agli Spurs. Di ricordi, la materia che più li urta. Leo ha scelto gli agi di una clinica di lusso; Cristiano, le burrasche dell’oceano meno pacifico che ci sia, la Premier.

Passa, a pieno titolo, l’Atletico. Già a Madrid avrebbe meritato ben oltre l’1-1. E’ stata una lezione di Cholismo: un po’ di barricate, palleggi conservativi e diversivi, il pugnale nascosto. Splendida, l’azione del gol: come un arcobaleno in un cielo incazzoso. Il tocco di Joao Felix, il cross di Griezmann, la testa di Renan Lodi. Sono le notti di Simeone, queste. Con la Juventus non gli bastarono due gol di vantaggio: lo aspettava al varco Cristiano. Un altro Cristiano. E un altro allenatore. Con lo United, si è fatto bastare un pari. Rangnick è lo scienziato che il Milan stava per reclutare al posto di Pioli. Cambiò idea. Per fortuna o per fortuna, lo dirà la storia. Ha prodotto poco, il Manchester: e su quel poco (di Elanga, di Varane) è sempre arrivato Oblak. Ho rivisto, tra i materassai, il De Paul dell’Udinese: un «dieci» in vespa che avrei preso subito. L’unico, rete a parte, a stuzzicare De Gea.

Ritmi assordanti e strombazzanti, da caroselli per uno scudetto vinto, molta confusione, nessun tiro di Cristiano (se non rammento male). Pogba è entrato tardi: un Pogba «minor», da come è sparito nel traffico.

Veniva a piedi da (Renan) Lodi a Cristiano. Giù il sipario.