Big Parma. Già con la Viola aveva stappato un «giuoco» fresco, con Bernabé in cabina di regia, Coulibaly e Valeri bersaglieri di fascia, (super)Man e Mihaila sulla rampa di lancio. Il Milan di Fonseca è ancora un orso che esce dai cespugli per dovere e per fama, più che per fame, senza centravanti (fuori Morata, c’era Okafor: 4), con Theo e Leao che hanno cucito un solo ricamo di classe, l’azione del pari di Pulisic.
La cavalleria leggera di Pecchia ha aspettato senza rinunciare, soffrendo, certo, ma pronta a ribattere colpo su colpo. Finché le gambe hanno garantito benzina ai contropiedi (o alle ripartenze o alle transizioni: scegliete voi). Già avanti dopo 2’, azionissima di squadra e rasoiata di Man. Tanto per dare un senso all’ordalia del pomeriggio. Poi scaramucce assortite, squadre lunghe, ribaltoni di qua ribaltoni di là , il Diavolo a masticare calcio territoriale e non relazionale (ma sì!) e i rivali a sfiorare o mangiarsi fior di gol.
Alla ripresa, introdotto da una traversa di Reijnders, l’1-1 di Pulisic sembrava episodio capace di rovesciare la trama. Invece no. I cambi che salvarono Paulo il freddo contro il Toro (da 0-2 a 2-2), questa volta hanno premiato gli avversari: assist di Almqvist e tocco di Cancellieri. Naturalmente, con le torri (Pavlovic, Tomori) abbandonate a sé stesse in campo aperto. Il possesso palla (61% a 39%) e il numero dei tiri (17 a 9, ma 5 a 5 in porta) non devono indurre in tentazione. Hanno vinto le idee e la cazzimma dei meno forti ma più bravi.
** Inter-Lecce 2-0. Darmian in avvio, su sponda di Taremi, il vice Lautoro; e, al 70’, kamasutra Gaspar-Thuram e rigore di Calhanoglu. In mezzo, l’abisso della qualità . Ordinaria concentrazione. Palleggia e giochicchia, la banda Gotti ma in attacco, poca roba. E fra Dea e campioni, troppa.