Il problema è stato il tiro. Che sta al calcio come lo scambio degli anelli al matrimonio. Ha dominato molto, la Juventus di Marassi, ma concluso poco. E così la Sampdoria è stata sempre in partita. Una squadra, va da sé, capace di battere l’Inter, la Lazio e l’Atalanta (a Bergamo).
Sotto la pioggia, per un tempo i «Pirlanti» hanno pressato e sequestrato il campo. Tutto, tranne l’area di Audero. Se è il gol è stato bello, perché veloce, verticale e affilato (Bentancur-Morata-Cristiano-Morata-Chiesa) noioso è stato, viceversa, l’accerchiamento. Courmayeursette ci ha provato in un paio di occasioni, anche se ne ho apprezzato di più gli assist.
Il piano di Ranieri era chiaro. Lasciare la palla agli avversari, farsi dominare per illuderli e, appena possibile, pizzicarli. Non è che Keita e Quagliarella creassero chissà cosa, ma sapete come va il mondo: possibile che la Old Guard non commetta almeno una fotta? Invece, zero. Bonucci e Chiellini (che «parata, su Quaglia!) sono il ponte fra il passato e il futuro. Non solo. Di più: fra il calcio del passo indietro e il calcio del passo avanti. Che non è una linea di confine. E’ filosofia pura.
Bravissimo su Cierre, Yoshida era il più tonico. Con un solo gol di margine – una miseria, rispetto alla dittatura – la ripresa si è consegnata a una simil-lotteria sulla quale la Samp, con l’ingresso di Torregrossa, si è buttata con uno zelo che, fin lì, era stato delegato esclusivamente alla fase difensiva.
La Signora, che proprio di ferro non è, si ritirata nei suoi appartamenti. Il cambio tra Arthur e Ramsey sembrava una mano di poker e i doriani, lì per lì, continuavano ad «accorciare» (Coverciano, contenti?). Sino a un contropiede made-in-Reggio lungo l’asse Cristiano-Cuadrado, firmato dal gallese di cui sopra (e da chi, se no?). Juventus «trans»: metà moderna, metà antica. Oh yes.