E’ stato discreto, il Napoli nel Sahara del Camp Nou, un palo scheggiato subito da Dries Mertens e un altro, a giochi ormai fatti, pizzicato da Hirving Lonzano. Il problema è la mezz’ora che Leo Messi ci ha infilato a nome e per conto del Barcellona. Gli extraterrestri si fiutano, si sopportano ma sanno che le sgommate dell’uno sono la benzina dell’altro. E così, alla doppietta «inutile» di Cristiano, 35 anni suonati, ecco la replica della Pulce, 33 da giugno. Un gol in caduta, da acrobata circense; un altro annullato per una manina colta misteriosamente dal Var (se mai, era da revocare il primo di Clément Lenglet, per spintarella di luna); il rigore procurato e lasciato alla mira di Luis Suarez dopo che Kalidou Koulibaly, non proprio in versione michelangiolesca, gli aveva speronato una caviglia.
Se Cristiano è uno scultore, Leo è un pittore. L’uno martella, l’altro pennella. Dal loro dualismo è nata una saga, splendida, che ha contribuito ad appassionarci e a esaltarli, 6 Palloni d’oro l’argentino, 5 il portoghse. Ma sto divagando.
Il penalty di Lorenzo Insigne ha fissato poi il tabellino sul 3-1, risultato che spazzava via gli spiccioli riposti nel salvadanaio dell’1-1 dell’andata. Rino Gattuso sa di avere una squadra che lo segue. Non ancora matura per eliminare il Barcellona, ma abbastanza attrezzata per dargli fastidio. E’ mancato Mertens, sono mancate la precisione nell’ultimo passaggio, da Fabian Ruiz a Piotr Zielinski, e la dinamite sotto porta: anche e soprattutto quando gli avversari – privi di Sergio Busquets e Arturo Vidal, squalificati – difendevano nel cortile di casa. Positivo, agli sgoccioli, il contributo di Arkadiusz Milik. E regale, fin dall’inizio, Frenkie de Jong.
Nota dolente, gli arbitri: difficile stabilire chi sia stato il peggiore fra lo Zwayer torinese e il Cakir catalano. Consiglio il sorteggio.