Tra ruttini, morsi e sbadigli

Roberto Beccantini25 giugno 2024

I ruttini della Francia. I morsi dell’Austria. Gli sbadigli dell’Inghilterra.

** A Dortmund, Francia-Polonia 1-1 (Mbappé su rigore, Lewandowski su rigore). Più che le mani degli allenatori, i piedi dei giocatori. E i guanti di Skorupski. Per 70’ i vice re del Mondo banchettano. Solo che il portiere del Bologna para tutto, tranne il penalty del mascherato Mbappé, al primo squillo europeo. Penalty che si era procurato Dembélé: sino al tiro o al cross, un pericolo per gli avversari; dopo, un pericolo per i compagni. Se la nazione pende a destra, la Nazionale continua a votare a sinistra: Theo, Kylian (specialmente dopo l’ingresso, tardivo, di Giroud). Ma ecco la «solita» pennica: con lo scarto ancora in bilico, i francesi ordinano caffè e digestivo, tra un flato e l’altro. Upamecano, fin lì impeccabile, pesta un piedino a Swiderski. Rigore varista. Lewandowski (36 anni ad agosto) lo trasforma due volte: il primo, muovendosi, glielo aveva parato Maignan. Sangue bleu, sì, ma annacquato.

** A Berlino, Olanda-Austria 2-3 (Malen autorete, Gakpo, Schmid, Depay, Sabitzer). Austria prima, dunque. La partita: come rovesciare una borsa e trovarci di tutto, strafalcioni ed emozioni. Rangnick ha messo su un branco di lupi che azzannano chiunque si aggiri nei loro boschi. Occhio all’Austria, aveva ammonito Zibì Boniek. Però. I batavi ne soffrono le invasioni e le accelerazioni. Continuano a crepitare le autoreti: bellissima quella di Malen, in spaccata, da attaccante puro (quale, in effetti, è).

** A Colonia, Inghilterra-Slovenia 0-0. Southgate a parte, non esattamente una cima, come vanno piano i suoi leoncini. Calcoli o serbatoi vuoti? Una tazza di camomilla. Il momento-memento?
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L’inizio dalla fine

Roberto Beccantini24 giugno 2024

La fine che coincide con un nuovo inizio: quale, non si sa. Era il 98’ meno sette secondi, quando Calafiori ha «esalato» l’ultima preghiera e Zaccagni l’ha esaudita: 1-1, Italia agli ottavi (sabato con la Svizzera), Croazia all’inferno. E’ il calcio, e il risultato ci sta tutto, al di là del pathos e della consecutio temporum. Avanti, c’erano andati i croati, con Modric (39 anni il 9 settembre): prima il rigore, di destro, sventato da Donnarumma (il migliore, ancora); poi, di sinistro, poco dopo e dopo, soprattutto, l’ennesima paratona del Gigio su Budimir. Il centravanti cui è ridotto Dalic.

In casi del genere, scritto che la Croazia continuiamo a non batterla, il risultato inghiotte tutto, la personalità carente, la qualità modesta, le scelte (Di Lorenzo e Jorginho titolari, di nuovo), quel senso di sbadigliante impotenza che ci ha accompagnato per un’ora: sino, cioè, alla pugnalata improvvisa di Luka. Il miracolo di Livakovic sull’incornata di Bastoni sembrava un indizio: invece no, fu un cerino spento da un soffio di noia.

Spalletti aveva cambiato modulo, dal 4-2-3-1 al 3-5- 2, e, una volta sotto, ha affiancato a Retegui tutta l’artiglieria: Scamacca, Chiesa, Zaccagni. C’è stato spazio persino per Fagioli. Spaccato l’equilibrio, la Croazia si è difesa a catenaccio. L’ingresso di Budimir le aveva offerto un minimo di fisicità in area, ma se non esci mai dall’accampamento, rischi che prima o poi qualcosa succeda. Ed è successo. Mentre il ct ritirava Modric, e Brozovic sbuffava, la paura dei nostri è diventata coraggio e disperazione. Donnarumma, certo. E Calafiori: ammonito, salterà la sfida con Ndoye. Dall’autogol con le furie all’azionissima di Lipsia. Testa alta, gran visione. E quel destro a giro, delpieresco, di Zaccagni. Non tutte le «salme» finiscono in gloria: questa , sì. Fiuuuuuuuuuuuuu.

Halleluia

Roberto Beccantini23 giugno 2024

Non si può non cominciare dall’Halleluia di Sinner e del doppio Bolelli-Vavassori, vincitori sull’erba tedesca di Halle, per poi passare a un’altra erba, quella di Francoforte, dove soltanto al 91’ la Germania ha raggiunto una Svizzera non proprio in versione Federer ma capace per un’ora abbondante di controllare e respingere, in bellezza, la monotonia «relazionale» (sic) dei tedeschi. Persino di Kroos. E addirittura di Gundogan.

Così: 1-1. Germania prima, Svizzera seconda. In copertina, Ndoye (firmatario del gol su invito di Freuler: alé Bologna!), Akanji e Xhaka, autore di una «curva» che avrebbe potuto garantire il raddoppio (ma Neuer è Neuer, meine Damen und Herren). Il pareggio l’ha siglato Fullkrug, il centravanti-ciccia, di testa, su cross di Raum: due cambi. Mossa, quella dell’Altafini del Borussia Dortmund, che – dal mio divano – avrei fatto molto prima, vista la notte di Havertz. Ma il divano non è la panchina.

La Germania è stata Musiala sino all’arrembaggio finale, quando i corpo a corpo hanno relegato gli elvetici sugli scogli. Nagelsmann era partito con la solita «tipo». Calcio piatto, attorno a troppe mischie e a qualche dribbling, unica variante di lavagna. E di ritmo. Yakin è percepito come un Normal-one, ma proprio questa è la sua forza. Gioca bene, la Svizzera, «bene» per l’organizzazione e la volontà di rispondere, sempre, colpo su colpo. Magari, in alcune situazioni, Embolo e c. avrebbero potuto, e forse dovuto, essere più incisivi sotto porta, ma non si può avere tutto (e tutti). Ndoye, comunque, un palo lo aveva scheggiato.

Il Var ha spinto un Orsato dal metro «inglesissimo» a graziare Sommer sul tiro-gol di Andrich: per una pedatina di Musiala a monte. La video-assistenza, ancora, ha cancellato il 2-0 di Vargas per l’ormai canonico fuorigioco di un piede. Negli ottavi, se ci si qualifica come credo, ci toccheranno i diversamente Roger. Occhio.