Se può interessare, la Juventus è campione d’inverno. Ha battuto la Roma al culmine di una partita che dopo dieci minuti sembrava finita e invece doveva ancora cominciare. Sono, questi, i confini della classe e della sofferenza (auguri, di cuore, a Demiral e Zaniolo), i limiti antichi di due squadre che, l’una, fatica a diventare totale e l’altra, matura.
Tre punti avanti e un passo indietro, il Sarrismo. Che partenza, però. Dieci minuti di fuoco. Gol di Demiral, perso da Kolarov, su punizione di Dybala. Raddoppio di Cristiano, su rigore «regalato» a Dybala da Veretout: rosso, altro che giallo. Juventus padrona e Roma schiava. Punto e a capo. Pjanic e c. si sono messi a giochicchiare, un errore qua e uno sbadiglio là , senza mai, o quasi mai, armare transizioni che, dato lo scarto, avrebbero creato seri imbarazzi ad avversari costretti, per forza, a scoprirsi. Eppure Ramsey sembrava in vena, idem l’Omarino, e persino Rabiot, «portiere» prezioso su Pellegrini.
Cristiano invocava munizioni. Immagino che «C’era Guevara» non fosse contento. Ma l’allenatore è lui. La ripresa è stata un continuo bivaccare ai limiti dell’area di Szczesny, fino all’ineluttabile penalty (gelido braccino di Alex Sandro), introdotto da un palo di Dzeko e trasformato da Perotti. De Ligt, precettato d’emergenza, ha fatto il suo. Non altrettanto Bonucci, soprattutto in fase di rilancio: e neppure Cuadrado.
La Roma non attraversa un periodo felice. Era già stata messa sotto dal Gallo. Ha perso il migliore, Zaniolo, ha profittato del palleggio molto «basso» dei campioni, ricavando una nuvola di corner e tiri vaganti. Ha pagato l’incipit, scellerato. Non ho capito l’uscita di Dybala. La Juventus avrebbe potuto premere il grilletto in contropiede. Con Higuain. Con Cristiano. Non l’ha fatto: e, per questo, ha rischiato alla riffa degli episodi.