Dal «Boxing dea» è uscita un’ordalia molto inglese, come inglese è l’Atalanta, ed è stata la Juventus, imbattuta in trasferta nell’anno solare, un pareggio dopo otto vittorie, terzo 2-2 a Bergamo in tre stagioni.
Paradossalmente, la squadra di un isterico Allegri ha cercato più il successo in dieci che non prima, quando il regalone di Djimsiti le aveva spianato la strada e la parata-di-Berisha-più traversa, su lecca di Bentancur, dischiuso scenari golosi. Bentancur, già . Il doppio giallo è stato una sciocchezza e, visto che siamo in tema, una delle rare scelte azzeccate dal pessimo Banti: pessimo, perché pensa che a non fischiare (su Pasalic, persino) ci guadagni lo spettacolo.
C’erano assenti illustri da una parte e dall’altra, ma la rosa di Madama è una rosa dalla quale il suo allenatore (e persino il garzone della macelleria all’angolo, avrebbe scritto il grande Giuseppe Pistilli) ha potuto estrarre Pjanic e Cristiano. Cristiano che poi ha pareggiato, di testa, su angolo calibrato dal bosniaco. A proposito: Bentancur-Emre Can-Khedira (al rientro), febbri e rotazioni avevano consegnato il centrocampo a una indicibile carenza di geometrie.
L’Atalanta è una ciurma di pirati, con Zapata in condizioni strepitose. Si era già mangiato Bonucci a Udine: sapeva, dunque, come usare coltello e forchetta. E, sul secondo gol, ha ribadito di essere cresciuto anche sul piano dell’opportunismo.
La partita è stata selvaggia, con le squadre che si sono annusate e graffiate dall’inizio alla fine. A Gasp piacciono il pressing sfuso e le marcature ad personam, in barba ai puristi del salotto acconto. E’ così che si è costruito un nome, uno stile.
Della Juventus, che aveva ricavato arrosto dalla sinistra (Alex Sandro-Douglas Costa) e fumo da Mandzukic, rimane il mistero Dybala: tuttocampista sembra un sinonimo, ma di cosa?