Fabbrica Italiana Risultati Torino. E’ la Juventus di campionato, zero sconfitte in trasferta nel 2018 e 34 punti in 12 partite (record). Le emozioni, quelle, sono un optional. Allegri non ne va matto, se poi, quando ci sono, succede com’è successo con lo United.
Il 2-0 a un Milan decimato è figlio di un gol lampo (un classico) e di una gestione un po’ così (un altro classico) fino al raddoppio di Cristiano, che a San Siro, su azione, non aveva mai segnato. Tutta l’arena aspettava il marziano e Higuain. Il Pipita è un tipo emotivo, si sa, il Var gli ha «restituito» un chiaro rigore sfuggito a Mazzoleni e Szczesny, complice il palo, gliel’ha brillantemente rintuzzato. Non è la prima volta che Higuain cicca penalty cruciali. E’ il suo limite, più nervoso che tecnico: l’unico. La frustrazione, a lungo covata, l’ha poi portato all’accesso di isteria che gli è costato il rosso agli sgoccioli.
Sono stati i terzini a propiziare i gol: Alex Sandro (uno dei migliori, su Suso e oltre), quello di Mandzukic (al rientro); Cancelo, con l’aiutino di Laxalt, quello di Cristiano. Se l’ordalia è stata lenta e bruttina, lo si deve alla differenza di categoria fra le squadre e al modo in cui la più forte ha curato la pratica, un palleggio dominante ma leggero, con pochi tiri e rare occasioni (un palo di Dybala su punizione). Di Allegri non ho capito la rinuncia a Bonucci. L’ha sostituito Benatia, sempre sul pezzo, talvolta anche troppo: da kamikaze folle, il primo giallo su Bakayoko a metà campo; da dotti seminari il secondo «alla memoria» nel caso della sbracciata.
Non c’è paragone tra la Juventus di mercoledì, anti Mou, e la Juventus del Meazza, brontolano i prestazionisti. Molto più brillante, la Signora europea. Ma sento già i risultatisti: questa però ha vinto. E Szczesny non è più l’anello debole.