La Francia sarebbe stata favorita comunque, figuriamoci con l’Uruguay senza Cavani e con Muslera, uno dei tanti portieri-lotteria che stanno popolando la roulette russa del Mondiale. E così bleus due celeste zero.
Un quarto di nobiltà più sulla carta che sul campo, ma non si può sempre pretendere champagne o mate di qualità . Hanno vinto i più forti, hanno deciso gli episodi. Nel primo tempo, colpo di testa di Varane su punizione di Griezmann e gol (imparabile); colpo di testa di Caceres su punizione di Torreira e gran parata di Lloris. Nel secondo, papera di Muslera sul più innocuo dei dardi che Griezmann abbia mai scagliato e giù il sipario.
La stampella di Tabarez era una croce, non più uno scudo. Troppo grezzo, Bentancur, e troppo spaesato, Vecino, perché il minuscolo Torreira potesse tener botta ai Pogba, ai Kanté, ai Tolisso. E Suarez, orfano del Matador, più che il pistolero è stato costretto a fare la sponda, il suggeritore: per gli Stuani di turno.
Per vincere, la squadra di Deschamps non ha avuto bisogno d’inventarsi l’urlo di Munch. Ha presiditato i valichi, ha ridotto i rischi, ha imposto il suo fisico. E colpito con un’efficacia quasi italiana. Lo stesso Mbappé, che aveva asfaltato l’Argentina di Messi, si è preso un po’ di scena e perfino una sceneggiata, alla Neymar, a conferma che fra teatro e teatrino i confini rimangono vaghi, golosi.
Della Francia un cenno lo meritano Pavard e Hernandez: terzini che, come chioserebbe Bagnoli, fanno i terzini. L’Uruguay si fermò negli ottavi anche in Brasile. La Francia, in compenso, non arrivava in semifinale dal 2006. Adesso che il dato è tratto, non resta che tornare ai portieri. Lloris, Muslera. Li si trascura sempre. Anche perché, spesso, alla loro porta il «postino» non suona che una volta. Troppo poco per farci un film, ma abbastanza per farci la morale.