Quando diventi ostaggio dell’ultimo giro di roulette, e ti fai rimontare addirittura da un Feyenoord in dieci e a zero punti, hai voglia, caro Napoli, di tirare in ballo il 2-1 dello Shakhtar al City di Guardiola. Tre trasferte, tre sconfitte: passano, agli ottavi di Champions, le squadre più meritevoli.
Credo che fatale rimanga la prima in Ucraina, persa 2-1, con Mertens in panchina. Un segnale di Sarri, pericoloso ma chiaro: precedenza al campionato. La santità non è di questa terra, il Pep era già straqualificato e domenica ha il derby con Mourinho. Il Napoli, subito in vantaggio con Zielinski e sprecone con Mertens, è finito al gol di Bernard. Molle, lezioso, rassegnato.
Dalla Juventus al Feyenoord: tempi duri. D’accordo, mancava la catena di sinistra (Ghoulam-Insigne) e mancava anche Milik. Punto. Procedere nella caccia alle attenuanti sarebbe fare il male del Napoli, che resta secondo in campionato e potrà giocarsi carte preziose in Europa League, sempre che ne abbia voglia.
Mertens è sgonfio, i tagli per Callejon, stanco, non pagano più. E fra calci piazzati e mal di testa continua a tirare una gran brutta aria. Non sono pochi i lettori che rimproverano a Sarri, del quale pure apprezzano il coraggio delle idee, un certo qual fanatismo tattico. Sul 2-2 con il City al San Paolo, per esempio, non sarebbe stato più opportuno difendere il pari invece di armare il contropiede di Aguero? Forse. Sarri sa giocare solo in quel modo, così come Allegri sa giocare in un sacco di modi, tanto che, a volte, non si capisce bene in quale modo giochi: per i suoi devoti, una virtù; per i suoi detrattori, un difetto.
L’ideale sarebbe, l’ho già scritto, un po’ di Sarri in Allegri e un po’ di Allegri in Sarri. Ma non si può. Per fortuna o per sfortuna? Per fortuna. La perfezione, o la sua caricatura, spegne i dibattiti, cancella il livore, scatena la noia. Non sia mai.