E’ il film di quest’anno. Non appena l’asticella si alza, la Juventus si abbassa. Entra ed esce dalla partita con una facilità che talvolta disarma e, spesso, la disarma. La Sampdoria non era la Svezia, anche se per un tempo lo sembrava. E qui stanno i meriti della Juventus, con Bernardeschi trequartista, Higuain e Cuadrado a un passo dal gol e la bandiera di Preti a imprigionare un fuorigioco del Pipita prima che intervenissero gli sceriffi della Var. Var che avrebbe dovuto far da guida a Guida anche nel caso del mani-comio di Strinic.
Insomma: persino Giampaolo avrebbe alzato il braccio di Allegri. D’improvviso è cominciata un’altra «cosa», che definire solita potrà sembrare esagerato, ma che eccessivo sarebbe pure considerare insolita. Piano piano, Torreira e Ramirez hanno preso campo, Zapata e Quagliarella hanno cominciato a lavorare ai fianchi la C senza più Bb. Morale: gol di Zatapa su campanile di Bernardeschi e Szczesny amletico, riscatto del polacco sullo stesso Zapata, raddoppio di Torreira, che nel cuore mi sta, tris di Ferrari in mischia.
E la Juventus? Scomparsa, letteralmente. Ecco perché invito a non prendere per oro colato le flebo di Douglas Costa e Dybala, e quel finale di selvaggia frenesia che, attraverso il rigore di Higuain e il sinistro dello stesso Dybala, potrebbe suggerire letture troppo indulgenti. C’era una volta il centrocampo.
Sei successi casalinghi su sei: giù il cappello, la Sampdoria di Giampaolo va inserita, a pienissimo titolo, tra le grandi. Allegri ha smarrito il tocco magico. Molti giocatori, pure. E’ presto per parlare di fine della tirannia. Gli indizi, però, ci sono. In attesa del Barcellona (a proposito), bisogna raccogliere i cocci e incollarli. Sono cocci sempre preziosi e costosi. E questa è un’aggravante, non un’attenuante.