Rimonte di Champions. Era l’andata delle semifinali: Bayern-Real da 0-1 a 2-1 a 2-2. Capita, fra squadre che non muoiono mai. La partita è stata tattica e mossa a seconda delle fasi, delle esigenze: e dei gusti, ma sì. Per una ventina di minuti, catenaccio del Carletto. Dicono «bloque bajo», a Madrid: contenti loro. Lunin salva su Sané, gli opliti spingono. Naturalmente, segnano i Blancos. Kroos indovina un passaggio che coinvolge lo spazio, l’errore di Kim, il movimento di Vinicius. A Coverciano tutti in piedi.
Il Bayern ha il centravanti, Kane. Il Real no: supplisce con l’agilità di Rodrygo e Vinicius. Anche per questo, o contropiede o avanzamento coatto dei reparti, con relativi rischi di coltellate alla schiena. Difatti. Alla ripresa, Tuchel toglie Goretzka, sguinzaglia Guerreiro (a sinistra) e sposta Sané a destra. Bellingham gigioneggia, potrebbe raddoppiare Kroos, ma nel giro di 3’ scoppia la rivoluzione: il pari nasce da un’iniziativa di Laimer, osso perpetuo, e trova in Sané la lecca che serve. Poi Muller smarca Musiala. Il cucciolo, in crescita, costringe Lucas Vazquez, che terzino non è, a un rigore «muy claro», trasformato da Hurrikane.
«Muy claro» è anche il penalty che Kim, disastroso rimpiazzo di De Ligt, commette su Rodrygo, palla c’è-palla non c’è. Tocca a Vinicius: non si può dire che gli scappi il bisturi. Gli era scivolato poco prima: smarcato da Modric, badante di Kroos, e murato dal corpaccione di Neuer.
Guizzo di Gnabry a parte, la coda declina sazia, gli uni aggrappati agli altri. Si decide al Bernabeu. Confermo il mio 55% pro Madrid, ma il Bayern fra casa e trasferta macina sempre. Carlitos se lo legò al dito, l’esonero. Ignaro di un vecchio detto: quando le cose vanno bene, il figlio e il genero dell’allenatore sono il vice e il nutrizionista. Quando vanno male, il vice e il nutrizionista «ritornano» il figlio e il genero dell’allenatore. Non solo da noi. Anche in Baviera.