E’ la normalità del calcio, un po’ leggera e un po’ ambigua, che d’improvviso recide i sogni come se fossero gambi di rose. Anche al San Paolo è andato in vantaggio il Napoli. Da Insigne a Hamsik a Mertens: il classico ricamo made in Sarri. Sembrava, il Real, un gatto pigro. Scocciato dal pressing di topini aggressivi e disciplinati. Il palo di Cristiano Ronaldo (quello, e stop) poteva far pensare a un avviso del destino, poi mitigato dal «paletto» di Mertens.
La Champions è terra di predatori. Spesso, non conta la qualità del gioco. Conta il fiuto dei bracconieri. Il Napoli aveva speso una vita, il Real invece l’aveva nascosta. E così, nel giro di sei minuti, sono bastate due sgrullate di Sergio Ramos, quello dei gol che pesano tonnellate. La seconda, complice Mertens.
Sergio Vamos: l’hombre del partido, l’uomo oltre le lavagne, anche se quasi sempre segna così come gli allenatori spiegano che segna (e raccomandano di impedirglielo). A uomo o a zona, marcarlo è una ghigliottina o rovescio: non è mai la sua testa, che rotola.
Nei panni di Sarri, avrei cominciato con Rog al posto di Allan. Dettagli. Insigne non era il solito pozzo di fantasia, Hamsik e Mertens lo sono stati per metà partita. La Bbc di Zidane non era in vena: capita. Non c’è stato bisogno che lo fosse: e questo rende ancora più cocente la delusione dei 60 mila.
Paga, il Napoli, le solite «fotte» difensive. Era difficile che il Napoli non segnasse almeno un gol, ma era ancora più difficile che non ne segnasse almeno uno il Real. Serviva un’impresa. All’andata il Napoli ebbe paura, questa sera si è preso un tempo. Non è bastato. Il Real di Zizou va a segno da 47 gare. La ciliegina di Morata è il bacio che gli dei riservano spesso ai loro cocchi. In totale, 6-2. Avevo detto Real 60% Napoli 40%. Il gentile Martin me lo ha garbatamente ricordato: grazie di cuore.