E’ stata la notte di Higuain. Quel sinistro lì, che pettina il prato e folgora Reina, appartiene all’idea, non all’ideologia. Fin lì, Juventus-Napoli ondeggiava un po’ ubriaca sul pari, visto che alla cannonata di Bonucci, smarcato da Ghoulam, aveva risposto nel giro di tre minuti Callejon, smarcato da Insigne (questa sì, un’azione made in Sarri).
Il giocatore, dunque, prima del gioco. Non è stata un’ordalia epica. Come il Milan, Madama l’aveva messa sul fisico e, nel primo tempo, giocava con il «kick and run» degli inglesi d’antan: palla lunga di Bonucci e pedalare (le punte). Rispondeva, il Napoli, con il suo palleggio forbito e l’attacco leggero, senza più Higuain e senza nemmeno Milik o Gabbiadini.
Allegri ha azzeccato i cambi, soprattutto Cuadrado al posto di Chiellini, infortunato. In compenso, ogni palla che Hernanes tocca è un processo popolare, ben oltre gli effettivi demeriti. Non mi sono piaciuti Pjanic e Hamsik, mi è piaciuto viceversa Diawara, classe 1997, un elemento che personalmente avrei preso come vice Marchisio (prezioso anche questa volta).
Meglio nella ripresa, la Juventus. Ha mandato al tappeto al Napoli che si è rialzato e l’ha mandata al tappeto dal quale si è rialzata per rispedirlo al tappeto dal quale non si è più alzato. Voce dal fondo: la scorsa stagione, Higuain giocava nel Napoli eppure vinse la Juventus. Vero. Il chiodo di Zaza a forare il palloncino dello zero a zero, ricordate?
Ne vince spesso, di sfide così, equilibrate e complicate, la Juventus, e spesso le vince proprio così, con un numero del singolo, adesso che non riesce più (o ancora) a essere invulnerabile come in passato. Sull’altro fonte, mi sembrò più timido il Napoli del 13 febbraio. Questo se l’è giocata.
Fino a Higuain.