Signora sarà lei

Roberto Beccantini8 aprile 2015

Non volevo scrivere, di questa partita, ma un paziente lettore, «bwforever73», mi ci ha tirato per il camice, attraverso lo stratagemma di un parere su Pereyra. Eccolo: in Italia, va benissimo. E’ un centrocampista d’attacco, con poco senso della porta (anche se viene da due gol in due partite), ma dotato di dribbling verticale. Verticale, ripeto. Non orizzontale. Ha pagato il salto dalla provincia alla squadra grande, ha studiato, ha sofferto, è cresciuto. Il termine «jolly» gli calza a pennello, ancorché il ruolo di trequartista sia quello che sente di meno. Non a caso, il trequartista della Juventus, oggi, è Tevez.

Un altro degente, «Chihuaha/Pitbull» (a tavola un barboncino, alla tastiera un po’ meno), che di solito visito in un altro ambulatorio, mi ha chiesto un parere su Fiorentina zero Juventus tre. Gli rispondo intervistandomi, come va di moda tra le firme che contano (per una volta, fatemelo credere).

Se lo aspettava un epilogo del genere?

Assolutamente no. Mancavano Pirlo, Pogba, Tevez e Lichtsteiner. La scelta di Matri mi era sembrata un segnale strano, verosimilmente sbagliato.

Che partita ha visto?

La stessa che, immagino, avete visto voi. Una Juventus dalla personalità straripante. Non solo quadrata e tosta. L’1-2 di Torino la costringeva a sporgersi, a osare. L’ha fatto. Se l’equilibrio è stato spaccato sul filo degli episodi, sono stati poi il gioco e la maturità a scavare la differenza. E che differenza.

Lei, se non sbaglio, non avrebbe voluto Allegri.

Non sbaglia. Per questo, lo applaudo. Ha ereditato la Juventus di Conte al secondo giorno di ritiro, l’ha cambiata senza sfigurarla, cercando di ricavare una tecnica più raffinata e corale dal taglio al ritmo imposto nel nome della “spending review” energetica. Prendete la mossa simbolo: dal 3-5-2 al 4-3-1-2, o viceversa. E sempre a memoria».
Leggi tutto l’articolo…

I soliti noti

Roberto Beccantini4 aprile 2015

Non è stato facile, e questo rende onore all’organizzazione che Sarri ha soffiato nell’Empoli. Hanno deciso Tevez (un gol e la metà di quello di Pereyra) e Buffon (due grandi parate su Pucciarelli). Il miglior cannoniere, il miglior portiere. La Juventus si è aggiudicata il primo tempo, gli avversarsi il secondo. Non so se, in rapporto alla mistica della coralità, diventi un problema il fatto che, alla fine della giostra, risolvano sempre i soliti noti: di sicuro, non per chi li paga.

Lo scarto è obeso. L’Empoli, che ha chiuso in dieci, se l’è giocata come sa: al guinzaglio di Valdifiori, non ha mai rinunciato ad attaccare. L’allenatore molto può, ma poi entra in scena la stoffa dei singoli. Allegri aveva fuori quasi tutto il centrocampo (Marchisio, Pirlo, Pogba): in assenza di un regista classico, l’ordine era di stanare l’Empoli con i cambi di campo, le sponde di Llorente e il tremendismo dell’Apache.

Lascio ai maniaci delle moviole l’autopsia del tocco di Rugani. Preferisco parlare della fame, che le vittorie non placano, e del gioco, per metà gara all’altezza delle ambizioni. La Juventus, «questa» Juventus, ha un altro pregio: può flettere, ma sa soffrire. E l’ha fatto anche questa volta. Operai come Padoin e Sturaro si sono calati nella parte con un’umiltà capace di mascherare il distacco dai titolari.

Quarto successo consecutivo (1-0 Sassuolo, 1-0 Palermo, 1-0 Genoa, 2-0 Empoli), ventesima partita senza sconfitte. Il quarto scudetto è ormai in ghiaccio, anche se a Parma non sarà facile: la squadra di Donadoni ha bloccato l’Inter a San Siro. La Fiorentina di Coppa Italia (da 1-2) e il Monaco nei quarti di Champions costituiscono i traguardi più immediati, più saporiti. Le gambe girano, ma è chiaro che Pirlo e c. farebbero molto comodo.

Buona Pasqua a tutti voi, alle vostre famiglie e alle vostre squadre.

L’impaziente italiano

Roberto Beccantini31 marzo 2015

Lo so, il passaggio dalla storia alla cronaca può essere brusco, e lo è stato anche questa sera, ma le partite tra Italia e Inghilterra non sono mai tirate d’oppio. L’amichevole che, a Torino, suggellava la doppietta azzurra di fine marzo, ha offerto un altro pareggio: 2-2 a Sofia, 1-1 allo Juventus Stadium.

Non mi sono annoiato. Conte sta raschiando il fondo del convento, in attesa di dare i voti e tirare le somme. Siamo nel gruppo ai piedi del podio – in Europa, almeno – senza più quella generazione d’oro che ci permise d’eccellere. Non che i pazienti inglesi stiano molto meglio, ma nel caso specifico la rimonta l’hanno forgiata i cambi: e più dell’autore (Townsend), il ventunenne Ross Barkley, un toro con un paio di violini al posto delle corna.

Tanto per dire: mai vinto in Bulgaria, neppure quando eravamo i re. Qui e là, sono affiorati pezzi della scuola contiana, morsi di pressing avanzato, ribaltoni sulle ali, sprazzi di velocità. Il gol è stato classico nel sigillo (colpo di testa di Pellè), meno nell’incipit (cross di Chiellini, ma di destro).

Mi sono piaciuti Eder e Valdifiori, al debutto assoluto, Ranocchia e Chiellini, Darmian e Buffon. Il battesimo di Vazquez si è consumato quando ormai le pile erano scariche. Di respiro salgariano  il duello tra Buffon e Rooney: una traversa e due belle parate. Perché sì, poteva vincere l’Italia (alla fine, con Antonelli) ma potevano vincere anche i leoncini di Hodgson.

Storicamente, i maestri sono fermi al titolo mondiale (casalingo) del 1966. Troppo poco, in rapporto ai crediti accumulati in qualità di padri fondatori. Nemmeno la covata dei Beckham, Lampard e Gerrard ha fatto breccia nelle gerarchie. Come se mancasse sempre qualcosa, qualcuno: il portiere, quando la difesa era un bunker; un attaccante di peso, quando spopolava il centrocampo; una mezzala di talento, dopo l’esplosione di Rooney; e così via.
Leggi tutto l’articolo…