Memorie di Adriano

Roberto Beccantini8 febbraio 2015

Lex Luthor mi schioda da West Ham-Manchester United e mi intima un parere sul delirio di Adriano Galliani, al quale la Juventus ha replicato con centimetri e centimetri di parole: un minestrone illeggibile.

Dalla bicamerale, cara al suo presidente, siamo passati alla telecamerale; all’accusa che la Juventus, non paga di subornare arbitri e assistenti, manipolerebbe addirittura i registi. Siamo al classico caso della biscia che si rivolta al ciarlano (Arrigo Sacchi dixit): l’inventore della televisione commerciale che, attraverso la parzialità di un cliente, accusa la televisione. Cla-mo-ro-so.

A velocità normale, il gol di Tevez mi sembrava in fuorigioco. Dopo il replay, ho baciato lo schermo. Non avrò mica baciato un falso? La sabbia che tracima dalle memorie di Adriano serve per sotterrare la crisi del Milan, le frizioni con Barbara, gli armadi zeppi di scheletri e di creste. Attorno all’alluce di Tevez, in rapporto con l’unghia di Zaccardo, si è scatenata la caccia alla prospettiva, alla parallasse, alle frecce. Persino Sky è scesa in campo a tracciare righe, a disegnare bisettrici, ad annerire zolle, a raccontare geometrie, con Fabio Caressa in versione Federico Buffa. Della Juventus ho detto: ha risposto a un petardo con una bomba. Un briciolo di ironia, mai?

La cosa curiosa è che alcuni pazienti vorrebbero togliermi la libidine della moviola in campo. Guai ai loro! Galliani, cioè Mediaset cioè bo’ (come rispose il tenente colonnello Auricchio a Napoli), ci ha fornito i vantaggi. La voglio subito, la moviola in campo. Subitissimo. Con tanto di fermo-immagine e fermo-immagino (cambia molto, non solo una vocale). La merito.

«È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva». Grazie, John Keating/Robin Williams. Grazie, Adriano.

Più fette che torta

Roberto Beccantini7 febbraio 2015

Aveva giocato meglio all’andata, la Juventus. Ha giocato meglio stasera, il Milan. Morale: 3-1 per la Juventus. Tevez, Antonelli, cerotto del mercato, Bonucci, Morata, ormai ufficialmente il dopo Llorente. In mezzo, tanto Marchisio (due pali) e poco Pogba.

La differenza, alla fine, l’han fatta i giocatori, più che il gioco. E’ stato tutto un groviglio di graffi e pause, soste e morsi. Hanno vinto i più forti, come documentano le parate di Diego Lopez. Juventus e Milan appartengono a due pianeti diversi. In passato, ai tempi degli olandesi, era il contrario. Oggi è così, tra infortuni (l’ultimo, Ménez) e parametri zero.

Non una Juventus brillante (tanto che, per evitare il due pari, ha avuto bisogno del miglior Buffon, su Pazzini). Una Juventus, se mai, capace di leggere i momenti e di reagire ai suoi stessi limiti, che la modestia dei rivali domestici spesso maschera o attenua.

Lo so, sono esigente. Ma lo sono, parafrasando il Bruto di Shakespeare, «non perché io poco amassi lo scudetto, ma perché molto amavo (e amo) l’Europa». Le idi di marzo si avvicinano, il Borussia ha ripreso a vincere e i pugnali vanno affilati prima che ci pensi il destino.

Le fasce e i calci d’angolo hanno distribuito i brividi più sanguigni. Inzaghi le ha provate tutte, dalla difesa ad altezza Zeman (vedi alla voce Tevez) a Honda su Pirlo. Non può essere questa ordalia, il confine estremo della sua gavetta.

Bene ha fatto Allegri, sul fronte opposto, a ripristinare il 4-3-1-2 d’ordinanza. Sarà anche più rischioso (uno stopper in meno, un centrocampista in più), ma raffina meglio la manovra. Del resto, non è che il ritorno del 3-5-2, a Udine, avesse prodotto chissà quali portenti. Segnalo, per concludere, il giudizio di un lettore, il gentile Fabrizio: «Sti cavolo di gomiti, Chiellini». Questa, poi!

La Signora camomilla

Roberto Beccantini1 febbraio 2015

Mi gioco subito il jolly dei ricchi: non si può andare sempre ai cento all’ora. Ciò premesso, se parliamo di gioco, meglio l’Udinese della Juventus e meglio Stramaccioni di Allegri. Lo 0-0, al Friuli, non usciva dai tempi del primo Conte. Allan è stato lo spirito e la carne dell’Udinese, su Pogba (vanesio) e su chiunque passeggiasse a sbafo nei suoi giardini.

Buffon più impegnato di Karnezis – per metà match, soprattutto, e in contropiede – e pochi lampi, i campioni: una zuccata di Llorente, una traversa di Pereyra, un sinistro di Tevez. Non ho capito, di Allegri, il ritorno al 3-5-2. D’accordo, Marchisio era squalificato e Vidal un po’ giù, ma c’era sempre Padoin.

E così, a metà campo, i soldatini di Stramaccioni hanno sabotato i rifornimenti di Pirlo, Pogba and friends, mai precisi, ficcanti e rapidi come le esigenze avrebbero giustificato. Già a Napoli, in coppa, l’Udinese mi aveva dato l’impressione di essere in palla: persino nei supplementari, giocati in dieci.

La Juventus, viceversa, veniva da partite opache, con il Chievo, stecchito da Pogba, e a Parma. C’era una volta Llorente: spiace dirlo, ma nella rivoluzione dei garafoni è letteralmente scomparso. Morata, lui, è vivo: almeno questo. E Tevez ha diritto, ogni tanto, di tirare il fiato (o di tirare fuori).

Onore all’Udinese, dunque. Quanto alla Juventus, non manca molto al disgelo Champions, sarà il caso di darsi una regolata. I punti di vantaggio sulla Roma Russo-americana rimangono sempre sette, e il Borussia Dortmund è sempre ultimo (ma ha recuperato Reus): il problema è la qualità della pedalata, non proprio rotonda. Serve ben altro, in Europa.

Terza partita senza gol all’attivo, la Signora camomilla. Non saprei chi salvare (Buffon a parte). So invece chi lodare: l’Udinese, l’eternità di Di Natale, la gavetta di Stramaccioni.