Testa e cuore

Roberto Beccantini15 giugno 2014

Non sono più i maestri, non siamo più i camerieri che una notte del novembre 1973 Capello liberò dal servaggio dei tabloid. Italia due Inghilterra uno non è un semplice risultato: è anche, e soprattutto, la sintesi felice di una partita che la squadra di Prandelli ha giocato con la testa, prima, e con il cuore poi, quando bisognava difendersi con la paletta (e i Paletta) dal ronzio dei Rooney (per me, troppo lontano dalla porta).

Bravo Sirigu al posto di Buffon. Bravi Darmian, Candreva, Marchisio, Pirlo, Balotelli, finalmente puntuale al richiamo della foresta. Bella partita: aperta, corretta. Il nostro possesso palla contro i loro lampi (penso al pareggio di Sturridge). Dico la verità: la moda di scimmiottare il Barcellona non mi eccita, però riconosco al ct di aver scovato una formula – quella dei tre registi: Pirlo, Verratti, De Rossi, il più arretrato – che consente di vincere spesso le elezioni a metà campo. Il prezzo è la solitudine di Balotelli, anche se Marchisio (che gol) e Candreva (che palo, che cross) hanno fatto di tutto per non abbandonarlo agli artigli di Cahill e Jagielka.

Darmian, Candreva: è stato a destra, soprattutto lì, che gli azzurri hanno preso il sopravvento. Hodgson è ricorso a quattro attaccanti – Sturridge, Sterling, Welbeck, Rooney – la qual cosa conferma come e quanto non sia mai o quasi mai il numero delle rondini a fare primavera, ma l’atteggiamento, lo spirito, la volontà del gruppo.

Piano con i cin cin. Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Costa Rica ha mortificato l’Uruguay, il gruppo resta un labirinto. Certo, era uno snodo cruciale: la prima partita, l’Inghilterra. A livello ufficiale, i tedeschi non ci hanno mai battuto, gli inglesi non ci battono più. Pura coincidenza? A naso, direi di no.

Povero pronostico mio

Roberto Beccantini13 giugno 2014

Complimenti al gentile Lex e a tutti i Pazienti che avevano parlato bene dell’Olanda. Il 5-1 inflitto ai campioni del Mondo nonché bi-campioni d’Europa (e potevano essere sei o sette) sbriciola il mio pronostico e rende giustizia alla semplicità del calcio. L’Olanda, squadra verticale, ha demolito la Spagna, squadra orizzontale. Palla lunga, e splendida incornata di Robin Van Persie nel vuoto («alla Van Basten», ha chiosato Ezio Macalli: confermo). Palla lunga e dribbling-arresto-tiro di Arjen Robben tra le macerie.

C’era una volta il tiki taka. C’erano una volta Piqué, Sergio Ramos e, soprattutto, Iker Casillas: sul terzo gol la carica di van Persie era palese, ma vi raccomando tutto il resto. Eppure aveva cominciato bene, smorzando il dritto di Sneijder.

Ecco: la Spagna è passata dal possibile 2-0 (occasione di Silva) a un crollo di proporzioni mortificanti. Prima di dedicarsi alla rifondazione del Manchester United, Louis van Gaal ha forgiato un’Olanda capace di governare gli episodi e sottrarre spazio ai rivali. Non che il portiere mi abbia entusiasmato, ma De Jong sembrava il miglior Xavi; e Xavi, il peggior De Jong.

Del Bosque, lui, ha dovuto adeguare il palleggio all’innesto di Diego Costa, scaltro a procurarsi il rigore ma poi traliccio facilmente scalabile. Insomma: il passaggio dal falso «nueve» a un vero «nueve» ha condizionato i meccanismi. La scatola nera di Xabi Alonso e c. ha prodotto impulsi, non azioni vere e proprie. Capita, quando ricominci dall’avversario che ti aveva consegnato il mondo, e hai meno fame. Per la cronaca, pure in Sud Africa la Spagna aveva perso la prima: ma non così (0-1 con la Svizzera).

Per i batavi, il pericolo diventa la guida in stato di ebbrezza. Fuor di metafora: mettetevi nei panni di van Persie & Robben e, dopo aver scaricato una doppietta ciascuno sul petto dei campeones di tutto, provate a far finta di niente.

Dalla lettera di San Paolo

Roberto Beccantini13 giugno 2014

Il battesimo di San Paolo ha messo subito le cose in chiaro. Scorta, in portoghese, si dice «escolta». Lo so, i miei pazienti preferiscono errore, episodio, fatalità. Per toreare la Croazia – timida per un tempo e poi, via via, sempre meno – il Brasile ha avuto bisogno della caricatura di un rigore: Lovren su Fred, con tuffo carpiato al minimo contatto braccio-spalla. In Italia, l’autopsia sarebbe durata mesi. L’arbitro era tale Nishimura, giapponese. Il fatto che un Mondiale coinvolga gli arbitri di tutto l’universo non significa che possa contare sugli arbitri migliori. Al contrario: per poter contare sui migliori arbitri, dovrebbe pescare molto in Europa e molto meno in altri continenti. Ma questo, per i superficiali, è razzismo.

La seconda considerazione riguarda il livello dei portieri. Pletikosa ha sulla coscienza il primo e il terzo gol, e pure sul penalty avrebbe potuto fare meglio, al di là delle soste e delle sieste di Neymar. Il quale Neymar occupa nel Brasile lo spazio e le mansioni che il Barcellona dedica a Leo Messi.

Non è stato Neymar, il migliore. E’ stato Oscar. Tra i croati, il vecchio Olic ha torturato Dani Alves. Mi aspettavo di più da Modric e Rakitic, molto di più da Kovacic. Il contributo di Jelavic ha dilatato il rimpianto di Mandzukic. Lo scarto di due gol non esiste, ma il calcio si ciba di quello che trova, non di quello che sarebbe giusto ricavasse dalla trama.

Mai, nella storia, un Mondiale era stato inaugurato da un autogol (Marcelo). Il Brasile di Scolari ruota attorno al talento di Neymar e alla corazza italianista del gruppo. David Luiz spalla di Thiago Silva mi sembra un azzardo. Ho colto, più in generale, tanta tensione, tantissima pressione. Ogni brasiliano si porta dentro l’ergastolo esistenzial-emotivo del 1950, dal quale potrà «evadere» soltanto alzando la sesta Coppa.