L’uccellino

Roberto Beccantini4 febbraio 2024

E così, anche l’uccellino. Kurt Hamrin, svedese: prendete Anita Ekberg e sgonfiatela. Aveva 89 anni. Numero sette, che ricordi, calzettoni spesso giù (lui quoque?), alla Juventus dall’Aik Stoccolma e poi da Madama sacrificato perché, insomma, John Charles e Omar Sivori… Al Padova del Paron Rocco, che lo chiamava «Faina», poi tanta Fiorentina, un po’ di Milan (ma non esattamente bacheca di ringhiera: 1 scudetto, 1 Coppa delle Coppe, firmata da una doppietta all’Amburgo, 1 Coppa dei Campioni strappata all’albeggiante Ajax di Johan Cruijff); briciole di Napoli.

Rammento sommessamente ai cuccioli del Web questo attacco: Hamrin, Gren, Simonsson, Liedholm, Skoglund. E quest’altro: Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati. Il primo, quello della Svezia che, nel 1958, contese il titolo mondiale al Brasile di Pelé e Garrincha (2-5). Il secondo, quello che a Madrid, nel 1969, anno di stragi e di autunni caldi, caldissimi, demolì i lancieri (4-1, tripletta di Pierino Prati).

Scartabellando in archivio, ho trovato una filastrocca: «Opportunista emerito, riusciva per la sua agilità a concludere in area di rigore con estrema facilità». Fece parte della Viola che diede all’Italia il primo trofeo internazionale del calcio moderno, la Coppa delle Coppe 1960-’61. Finale con i Rangers: 2-0 a Glasgow, doppietta di Luigi Milan; 2-1 all’allora Comunale, Milan (ancora) e Hamrin. Allenatore, Nandor Hidegkuti, l’hombre che, arretrando, aveva creato il movimento del «falso nueve» a beneficio del sinistro di Ferenc Puskas e della testa di Sandor Kocsis. Anni Cinquanta, per la cronaca. E per certe memorie.

Kurt non era un’ala classica. Era una zanzara in abito da sera, come si cantava allo «Zecchino d’oro», dribbling e tocco lesto, freddo negli atti e negli attimi, il senso poetico del gol alla Pier Paolo Pasolini. Perché sì, giocava per quello.

Sinnermagia

Roberto Beccantini28 gennaio 2024

In alto i cuori, i calici e i superlativi per Jannik Sinner, vincitore degli Australian Open dopo una romanzesca rimonta contro Daniil Medvedev (remember Stalingrad): 3-6, 3-6, 6-4, 6-4, 6-3.

Tre domande ai gentili Pazienti:

1) Come e dove collocate questa impresa nell’ambito dello sport italiano?

2) Cosa vi ha colpito del Grande Peccatore, e dove può ancora migliorare?

3) Da Piatti a Vigozzi a Cahill: a chi paragonereste, calcisticamente parlando, i suoi allenatori?

La frittata

Roberto Beccantini27 gennaio 2024

In attesa dell« «partitissima» tra Sinner e Medvedev, ci si butta sulle briciole del calcio. Sin qui, Yildiz e Vlahovic avevano fornito condimento e godimento (ai gobbi, ça va sans dire). C’è Juventus-Empoli – nella settimana, tra parentesi – che porterà al derby di San Siro, con l’Inter – e Allegri decide di mollare il turco e imbarcare Milik. Allo Stadium, per carità: e contro l’attacco più stitico del campionato. Il destino non gradisce, comunque. E’ il 18’, quando il polacco entra a tacchetti spianati su Cerri. A metà campo (sic). Marinelli dice giallo, il Var (che a volte funziona e a volte no) lo corregge: rosso. E rosso sia: corretto.

Sin lì, una punizione del serbo e un sinistro di Cambiaso, smorzati da Caprile. La sfida trasloca. Costretta a inventarsi una trama che nemmeno immaginava, la squadra di Nicola comincia a sporgersi. Madama arretra: lo fa spesso in undici, figuriamoci così. Szczesny vola su un paio di petardi di Cambiaghi; c’è Alex Sandro e non Danilo, diffidato; Locatelli play arretrato; McKennie, toccato a una caviglia, sbuffa. D’accordo, l’inferiorità numerica: ma in casa contro la penultima.

Giusto allo scadere, una sciocchezza di Gyasi libera Miretti: sorpreso, forse. Palla gol casuale ma limpida, tiraccio in curva. Vlahovic non è più trascinato: trascina. Spacca l’equilibrio in avvio di ripresa, invita l’equipaggio a non rintanarsi in coperta. Azzecca persino qualche dribbling. Nicola, lui, cambia e ricambia. Il jolly è il talentuoso Baldanzi. Un mancino che di destro, dal limite, confonde i guanti del polacco-bis. La frittata è servita.

Quando compare, Yildiz si cimenta in un paio di slalom; fa capire che se fosse entrato un po’ prima, chissà. Sono sincero: mi aspettavo di più da molti, persino dal mister, al netto della «mutilazione». Ma io non sono mai contento. E non gioco.