Codice rosso

Roberto Beccantini6 marzo 2014

La Spagna è come la Napoli di Raffaele La Capria: ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme. Per una notte, noi e loro siamo tornati lontani, estranei, ben oltre il gol di Pedro, le formazioni di partenza, la giostra dei cambi. Sulla panchina di Chiellini pende (e manca) una telefonatina di Prandelli a Conte. D’accordo l’ok dei medici, ma fra colleghi, suvvia. Soprattutto, in uno scorcio così delicato. Mi ha commosso il duello tra Paletta, generoso all’esordio, e Diego Costa. Quasi a uomo, se non mi sono distratto. Come una volta, quando, ragazzi, sognavamo un’altra nazione, più che un’altra nazionale.

A proposito di codici. Ne scrissi il 29 maggio 2012, stigmatizzando la porcata ai danni di Criscito, escluso dalla spedizione in Polonia e Ucraina per eccesso di zelo colpevolista. Ciò premesso, ognuno si regola come crede. Ripeto, non penso che lo sport abbia bisogno di «armature» per proteggere e diffondere l’etica: lo sport è già etica. O almeno dovrebbe. Non servono tariffe extra. Il 29 febbraio 2012, si disputò a Marassi un’amichevole tra Italia e Stati Uniti. Klinsmann, ct americano, convocò Jermaine Jones nonostante la squalifica di otto turni inflittagli dal giudice sportivo della Bundesliga: giocava nello Schalke 04 e aveva azzoppato Reus del Borussia (allora) Moenchengladbach.

Devo dedurre che Prandelli è un uomo probo e Klinsmann un delinquente? Per carità. Piuttosto, due domande a Cesare. La prima: Prandelli è allenatore della Roma, De Rossi si becca tre turni in campionato alla vigilia della finale di Champions; cosa succede, codice o non codice? La seconda: a un giorno dalla finale mondiale, un titolare scazzotta un compagno nell’allenamento di rifinitura; cosa succede, codice o non codice? Mai dimenticarlo: Spagna-Italia era un’amichevole.

Fortuna, poi forza

Roberto Beccantini2 marzo 2014

Lo spirito, più che lo stile. E i giocatori, più che il gioco. Carlos Tevez, soprattutto. Il Milan ha disputato un tempo ad altezza Atletico, poi si è sgonfiato. Prima che l’Apache liberasse Lichtsteiner per l’assist a Llorente e scaricasse il destro ciclonico del k.o., la Juventus ha avuto bisogno di due portieri, non uno: Buffon e Bonucci.

E’ stata una classica partita da campionato italiano, senza il ritmo forsennato e le lame affilate di Atletico-Real. Reduce da Trebisonda, Conte aveva ruotato i titolari, recuperando alla causa, tra gli altri, Tevez e Llorente. I campioni hanno avuto fortuna in qualche episodio, come ha ammesso Buffon, e pure nell’infortunio di Poli, un centrocampista che, ora arretrando ora inserendosi, aveva già messo in crisi il fortino di Simeone.

Per metà partita, la Juventus ha sofferto gli itinerari di Taarabt e l’aggressività di un gruppo che Seedorf sta cercando di liberare dalla paura degli equilibri fragili. Mancava Balotelli: se Pazzini è più utile per la squadra, Mario è più utile per il risultato. Non sempre le due cose coincidono.

La Juventus ha colpito al 44’, nel momento di sofferenza più acuta. E comunque, nel gol e nell’unica occasione precedente, gli schemi avevano liberato un terzino, Lichtsteiner. Le grandi squadre sanno vincere anche così, giocando a memoria e seducendo il destino. Grosso modo, l’ordalia mi ha ricordato l’edizione della stagione scorsa, senza rigore ascellare di Isla, e con la coppia Tevez-Llorente al posto di Quagliarella e Vucinic.

Molta sportività, in campo. Un solo intervento da rosso, Pirlo su Saponara, ma l’andazzo è questo: giallo. Da Aquilani «versus»Bonucci a Kuzmanovic su Vidal. La Juventus allunga così sulla Roma che, sabato sera, avrebbe meritato di andare al riposo in nove e sotto di due rigori, prima che l’Inter pareggiasse penalty e pugni.

Conflitto di interessi

Roberto Beccantini28 febbraio 2014

Confesso un palese conflitto di interessi: da presidente dell’associazione Giùlemaninedagiovinco mi tocca cantare le gesta del mio protetto, migliore in campo a Trebisonda, città fatata, ancorché non proprio fatale, che diede il nome, su folgore paterna, a Trebisonda «Ondina» Valla. La prima donna italiana a conquistare un oro olimpico (Berlino 1936, 80 ostacoli).

Ebbene sì: al di là dei gol mangiati, non meno di quattro, Giovinco ha giocato come sempre noi guardoni vorremmo che facesse. Con lui, Isla: a conferma di una vendemmia troppo estemporanea per…

Tutti in coro, adesso: in Europa è diverso, oh yes, e per buttare via i triboli di giovedì scorso, la Juventus ha azzannato la partita con l’autorità della grande squadra, riconsegnando il Trabzonspor al ruolo di vagone. A Torino, la partita era stata più dura, meglio ancora: più subdola.

L’approccio, dunque: fondamentale. Coro, please: in Europa è diverso. Subito a testa alta. I calcoli, dopo. Non viceversa. Il centro del ring, così brillantemente sequestrato ai turchi, andrà conteso e sottratto anche alle corazzate.

In vista del Milan, le rotazioni di Conte hanno contribuito a distribuire e risparmiare energie. Negli ottavi, sarà Juventus-Fiorentina, replica della finale Uefa del 1990. Arbitri stranieri: come, appunto, ventiquattro anni fa.

Il passaggio della Viola era fuori discussione. Non mi ha sorpreso l’eliminazione della Lazio. I bulgari del Ludogorets sono tosti e Marchetti non è più il pifferaio magico capace di «suonare» Madama. Il Napoli, da parte sua, ha sofferto lo Swansea fino alla fucilata di Higuain. In Galles lo salvò Rafael, al San Paolo l’ha salvato Reina. Per Benitez sì, ma solo per lui, in Europa (non) è diverso.