Non so se la capocciata di Llorente abbia evitato un’altra «fatal» Verona. So che il gollonzo della ditta Lichtsteiner-Caceres e la «parata» di Bonucci su Pellissier avevano fatto alzare il Chievo dal sarcofago. Il Chievo, dico: la squadra con l’attacco più povero di tutto il campionato. Asamoah, Marchisio e Vidal – il fior fiore del centrocampo, come una volta – hanno spinto la Juventus oltre le sue piccole angosce e i suoi grandi appetiti.
Il problema di Giovinco è che per impegnarsi, si impegna. Ma non gli riesce più niente: né da titolare né da con-titolare. Bene ha fatto Conte a sottrarlo all’ira funesta del popolo pagante: atti dovuti, sia l’abbraccio del mister sia i fischi del loggione.
Tutto ciò premesso e documentato, eccoci al dunque. Trabzonspor, derby, ancora Trabzonspor, Milan. La stagione s’impenna, l’Europa suona il campanello: la ricreazione è finita.
La Roma potrà allungarsi sul divano, curiosa. Non le è rimasta neppure la Coppa Italia. Conte è chiamato a distribuire uomini e cose. L’obiettivo manifesto rimane lo scudetto, ma come si fa a trascurare una competizione il cui epilogo avrà luogo proprio allo Juventus Stadium?
Non dico che cominci un altro film, ma poco ci manca. Sono venti, le vittorie della Juventus; e 63 i punti (su 72). Ripeto: nessuno è perfetto ed esistono anche gli avversari. I quali avversari, se schiacciati, annaspano; ma se coraggiosi, qualche problema lo creano. Da Toni a Sardo. E allora: Europa e volate domestiche, a cominciare dai loro martellanti intrecci, scolpiranno la classifica. Voce dal fondo: che scoperta. Senza diversivi, credo che la Juventus sarebbe a cavallo. Così, viceversa, meglio non fidarsi: né della crisi del Trabzonspor, né delle lusinghe dei numeri. Anche perché l’ultima partita senza gol al passivo risale al 5 gennaio: 3-0 alla Roma. Scusate se insisto.