Lezioni ed emozioni

Roberto Beccantini9 febbraio 2013

Mi sbaglierò ma credo che i Della Valle abbiano finito per caricare la squadra sbagliata. La Fiorentina è durata una ventina di minuti, la Juventus molto di più. Giocò meglio all’andata, la Viola, quando Montella spedì Ljajic chez Pirlò. Questa volta, non gli ha mandato nessuno, e così Pirlo ha preso l’orchestra per mano. Pizarro, il Pirlo dell’Arno, non ha resistito a lungo, come Cuadrado, come Jovetic, capace solo in avvio di scomodare Buffon.

Fiorentina, Celtic, Roma. Con la formula Conte in tribuna/Alessio in panchina, la mia preferita, la Juventus ha risposto per le rime. Veniva da un gennaio grigio, isterico, febbraio le ha già regalato due vittorie in due partite. Vidal, Pirlo, Barzagli su tutti. In progresso anche De Ceglie e Peluso. In ritardo, Marchisio. Ognuno ha portato il suo mattone, da Buffon a Pogba.

Il pressing di Matri e Vucinic ha contribuito a smascherare i difensori. Inutile tornare su Vucinic. Realizzerà sempre il gol più complicato e ciccherà sempre il più docile, il più facile. Matri mi sembrava imbrocchito. Felice di ritrovarlo su livelli più che dignitosi. C’ero, a Verona, quando Elkajer segnò dopo aver perso una scarpa, proprio come lui. Era il Verona di Bagnoli, e «quel» Verona vinse poi lo scudetto.

Nel 2013, la Fiorentina ha sconfitto esclusivamente il Parma e, dunque, non è proprio il caso di sacrificare il vitello grasso. Da martedì, chissà fino a quando, si torna al ping pong campionato- Champions. La Juventus vi arriva in ripresa.

Fiammeggiante, la sfida dell’Olimpico. Lazio e Napoli si sono inseguiti e graffiati a suon di gol, traverse, sgorbi. Petkovic ha chiuso senza Klose (in tribuna), Mauri e Hernanes. Mazzarri ha chiuso con quattro punte, alla Mourinho. Insigne sta al Napoli come vorrei che Giovinco stesse alla Juventus. Cinque punti di distacco. Datemi retta: cambia poco.

Ninna nanna

Roberto Beccantini6 febbraio 2013

Le amichevoli sono la nostra anestesia. Di solito, ci svegliamo dopo l’operazione, al tocco di soavi infermiere, come documentano le sconfitte con Uruguay, Stati Uniti, Russia, Inghilterra e Francia. Con l’Olanda deve esserci stato un disguido. Il bisturi di Robben e Kuyt è rimasto a mezz’aria, i cambi hanno funzionato e così, tra i moccoli dei chirurghi e i brontolii del paziente, il piccolo Verratti ha addirittura pareggiato.

Hai voglia di agitare la locandina, vice campioni del Mondo contro vice campioni d’Europa. Il campionato incombe, le idi di marzo si leccano i baffi. Precedenza, dunque, alle caviglie e agli stinchi (non necessariamente di santi), ai dosaggi e alle flebo di vitamine decoubertiniane (l’importante è partecipare: appunto).

Balotelli ed El Shaarawy? In giro per Amsterdam, senza un Valeri
di scorta (e di scossa); meglio Gilardino e Osvaldo. Tanta ninna nanna sul lettino di un’Olanda fedele nei secoli al motto sociale: io sbadiglio, tu sprechi, egli sciupa. Un classico: ci sia Van Basten o Van Gaal. Mezzo Van Persie e mezzo Robben si sono adeguati alla pennica collettiva. Tra i rari seccatori, Maher e Lens: in barba al «do not disturb» affisso al muro, si agitavano e tiravano, i gaglioffi.

Bello, il gol di Verratti, 20 anni e 1,65. Segno di maturità e padronanza tecnica. Migliore degli azzurri, capitan Buffon. Tutto il resto, noia: dai passaggi di Pirlo alle passeggiate di De Rossi. Profondità, zero.

Due parole, infine, sul codice (pat)etico. Prandelli sta pensando di cambiarlo: il «legittimo impedimento» non sarebbe più motivo di esclusione, come nel caso di Bonucci, ma di «convocazione con tribuna». Temo che il ct si sia incartato. L’etica, nello sport, non ha bisogno di supplementi. Se la appiccichi a troppe variabili, diventa etichetta.

La risposta

Roberto Beccantini3 febbraio 2013

Il servizio del Napoli. La risposta della Juventus. Il Catania veniva da tre successi; il Chievo di Corini, in casa, era ancora imbattuto. Detto che il Calvarese del San Paolo è stato molto casalingo (nel dubbio, sempre pro Mazzari), ognuno ha vinto con le proprie armi: il Napoli, saltando addosso agli episodi; la Juventus, recuperandoli dalla trama, controllata o dominata per 93 minuti meno dieci.

O risolve Cavani o decide Hamsik o ci pensano entrambi. Sono i giocatori che Conte non ha: il primo, soprattutto. La Juventus è più squadra: si sapeva. Due brutte partite. A Conte e Alessio mancavano fior di titolari. Non dico che la capolista abbia rischiato di subìre la quinta rimonta del 2013, fra campionato e Coppa Italia, ma ha fatto poco per evitare che qualcuno potesse pensarlo. La bussola è stato Vidal, non Pirlo, reduce da infortunio e in palese ritardo. Sul pisolo del secondo tempo, può aver inciso anche la spedizione di martedì, chez Marchetti.

E’ scesa in campo, la Juventus, con il Napoli nel suo «letto». Ha gestito con saggezza le pressioni. Continuo a considerarla favorita, a patto che non ceda all’alibi del complotto: nessuna sconfitta ha dato gas alla concorrenza quanto le isterie post Genoa. Il rigido gennaio è finito e febbraio ha subito segnato il ritorno alla vittoria. Fiorentina, Celtic, Roma: guai ai pallidi.

Vero, la Juventus non azzanna più le partite come la stagione scorsa, ma anche il calendario, con la Champions, non è più lo stesso. Come era nei voti, il mercato invernale non ha portato risorse. I nervi tesi di Conte si spiegano con le illusioni distribuite dalla società, Marotta su tutti (caso Drogba). In attesa che Anelka sia pronto (?), avanti con Matri, autore di uno splendido gol, Vucinic, Quagliarella e il «solito» Giovinco, metà di tutto (fino al momento del tiro) e metà di niente (dopo).