Il tridente Palacio-Milito-Lavezzi non mi dispiace, così come le casse piangenti del Milan potrebbero trovare un bel fazzoletto nei recuperi di Cassano e Pato al servizio di Ibrahimovic. Il quale ha giurato eterno amore a Galliani, pur in assenza di rinforzi all’altezza dei suoi appetiti (e dei suoi, umanissimi, sbadigli). I problemi di Milan e Inter cominciano dalla metà campo in giù: Montolivo è un giovanotto che, spesso, perde le chiavi di sé, finendo per essere «altro» alla mezz’ala che il versatile repertorio aveva indicato prima a Bergamo e poi a Firenze.
Come la parola “progetto”, top player è termine inflazionato e, dunque, fastidioso. La Juventus lo insegue in attacco, là dove il cannoniere più prolifico, Matri, si è fermato a dieci gol. Il gioco di Conte ha sin qua previsto il ricorso a un pick and roll di impronta cestistica, con il lungo (la punta) abile nel favorire l’entrata della guardia (il centrocampista). Dal momento che gli avversari ne avranno studiato gli schemi, urge una rinfrescata.
Quale attaccante, allora. Qui si parrà la nobilitate di Marotta. Destro è completo ma giovane (all’estero direbbero: è completo «e» giovane); Dzeko è riserva del Manchester City e viene da quella Germania virtuosa nei bilanci ma ruffiana nella propaganda (Diego); Suarez sa cavarsela con il pivot (Carroll, Liverpool) e senza; Higuain ha scoperto il gol, ma tra Cristiano Ronaldo, Di Maria, Ozil, Benzema, Kakà certe scoperte riescono meglio; Van Persie, nell’Arsenal targato Wenger, ha dimostrato di prediligere il 4-2-3-1, nel solco di Henry. E così, all’imbarazzo della scelta si affianca l’imbarazzo, forte, di pagare cara la scelta sbagliata. Nessun fuoriclasse all’orizzonte; giocatori più in gamba, almeno sulla carta, sì. Da Van Persie a van persi (i quattrini, i candidati) c’è però un crepaccio. Occhio a non finirci dentro. Non sarebbe una novità .